
Malattie genetiche in Sardegna – Celiachia, fave e longevità
“Daje co’ le contaminazioni!” esclama Glauco Benetti, occasionale direttore della fotografia della serie televisiva Boris. E – usando lo stesso slang – c’ha ragione! Altrimenti va a fini’ come con le malattie genetiche in Sardegna!
Sebbene secondo Glauco “quello che rende grande questo Paese sono le contaminazioni culturali”, dovremmo fargli presente che le contaminazioni genetiche non sono da meno. Capelli neri, biondi, rossi, castani e annesse sfumature… occhi verdi, marroni, celesti, grigi, blu e chi più ne ha più ne metta… sono tutte caratteristiche determinate dal nostro Dna. E sono così variabili perché, nei secoli e nei millenni, il nostro popolo non è mai stato fermo: l’Italia è sempre stata, infatti, un crocevia di spostamenti e migrazioni per molti uomini.
Meglio soli che mal accompagnati?

Isolamento sardo (Credits: Giacomo Flisi, Unsplash)
Ci siamo mescolati e rimescolati continuamente; tanto che è quasi impossibile trovare dei tratti comuni alla maggior parte degli italiani – quasi tutti i tedeschi invece hanno i capelli d’oro.
La situazione cambia quando consideriamo alcune particolari zone del nostro Paese: quelle in cui il traffico è sempre stato limitato.
Gli abitanti della Sardegna, ad esempio, per posizione geografica dell’isola e montuosità del suo territorio, sono rimasti isolati per molto tempo: ciò ha permesso sia lo sviluppo di caratteri tipicamente sardi sia una maggior diffusione di caratteri sporadicamente presenti anche altrove. Purtroppo, infatti, alcune malattie genetiche in Sardegna sono più frequenti rispetto alle regioni peninsulari.
Racconteremo la storia della celiachia e del favismo.
Malattie genetiche in Sardegna: un’isola in isolamento
L’attuale popolazione sarda ha la preistoria scritta nel proprio Dna: discende, infatti, direttamente da popolazioni che hanno raggiunto l’isola dall’Europa continentale più volte nella storia. La più antica si fa risalire a quasi ottomila anni fa, durante l’epoca neolitica; la più recente al periodo post-Nuragico, cioè meno di duemila anni fa. Poi non sono state più registrare immigrazioni stabili verso l’isola.
Gli individui approdati in Sardegna rappresentano solo un piccolo numero degli individui della popolazione iniziale e, come spesso succede, dopo l’arrivo nel nuovo territorio sono rimasti separati da essa. A questa situazione macroscopica ne corrisponde una microscopica che si svolge all’interno delle cellule: uomini e donne della nuova popolazione portano con loro dei geni che rappresentano solo una piccola parte della variabilità genetica del gruppo di origine.
La genetica spiegata con i pastelli
Proviamo a fare un esperimento: prendiamo una scatola con all’interno 48 pastelli, ciascuno di un colore diverso – le sfumature sono importanti! Prendiamo nostro fratello (o chi per esso) e facciamogli chiudere gli occhi. Poi, completamente a caso, peschiamo quattro pastelli dalla scatola e glieli diamo. Gli diciamo anche che quelli sono gli unici colori che avrà a disposizione per tutti i suoi disegni: tutti i suoi alberi saranno di quel verde, tutte le case di quel giallo, i fiori di quel rosso e i cani di quel marrone. In altre parole, la variabilità dei disegni di nostro fratello è estremamente ridotta se confrontata con tutte le nostre possibili sfumature – ad esempio, abbiamo a disposizione ben cinque pastelli per passare dal rosso all’arancione.
La Sardegna, dunque, potremmo immaginarcela come un disegno a quattro colori, con limitate variabili a disposizione; più scientificamente, questo fenomeno viene definito “effetto del fondatore”. Inoltre, i pochi nuovi arrivati hanno poche opportunità di accoppiamento e finiranno per farlo tra loro: i geni che si mescolano sono sempre gli stessi. Così, alcuni di essi, che all’interno della popolazione originale erano portati da un numero minimo di individui, diventano sempre più frequenti lungo le generazioni che popoleranno la Sardegna.
Tra i geni prima rari e poi permanenti tra i sardi ci sono quelli portatori di alcune malattie genetiche.
L’eredità (programma genetico)
Prima di parlare nello specifico di due malattie genetiche particolarmente diffuse in Sardegna, dobbiamo capire come fanno alcuni geni rari a diffondersi all’interno di una popolazione, tanto da diventare abituali (o “fissi”, per parlare come i genetisti).
In quanto appartenente alla specie Homo sapiens, possediamo 46 cromosomi. Più precisamente, 23 coppie di cromosomi: ciascuna coppia è formata da due copie dello stesso cromosoma, uno derivante dal nostro papà e uno derivante dalla nostra mamma. Se prendiamo ad esempio la coppia numero 11, il cromosoma 11a rappresenta l’eredità di nostro padre, l’11b l’eredità di nostra madre.

I cromosomi, il nostro testamento (Credits: Hey Paul Studios, Creative Commons)
I cromosomi sono la forma più ordinata in cui il nostro Dna si può trovare nel nucleo delle nostre cellule. Hanno le sembianze di bastoncini e ogni pezzo di questi bastoncini corrisponde a un gene. Ebbene, sulle due copie di ciascuna coppia di cromosomi ci sono esattamente gli stessi geni: se a un vertice del cromosoma 11a c’è l’informazione per il colore dei capelli, allo stesso vertice del cromosoma 11b ci sarà la stessa informazione.
Ora, le situazioni che possono verificarsi sono due. Numero uno: i cromosomi 11a e 11b portano la stessa identica informazione – entrambi dicono capelli neri. Numero due: 11a e 11b dicono due cose diverse – uno capelli neri e l’altro capelli biondi. Le diverse opinioni di uno stesso gene vengono definite “alleli”: nel nostro caso, allele per il nero e allele per il biondo. Gli alleli, che viaggiano sui cromosomi, derivano uno da mamma e l’altro da papà.
Tale madre o tale padre?
Esistono, semplificando, due tipi di alleli: quelli dominanti e quelli recessivi. Nel caso del colore dei capelli, ad esempio, quello per il colore nero è l’allele dominante. Cosa vuol dire? Che se anche uno solo dei due cromosomi porta questa informazione (condizione detta eterozigote) i nostri capelli saranno neri. Poco importa se l’altro cromosoma dica biondo o nero: il nero è dominante e sarà visibile.
A questo punto va da sé che quello per il colore biondo sia l’allele recessivo. Per avere capelli biondi, è necessario che entrambi i cromosomi portino questa stessa informazione. In altre parole, sia mamma sia papà devono lasciarci in eredità questo allele – condizione omozigote. La questione si fa interessante poiché gli alleli recessivi, avendo bisogno della doppia copia, sono più rari di quelli dominanti. O meglio: è più raro che siano visibili, in quanto potrebbero essere presenti sui nostri cromosomi ma invisibili agli occhi.
Esistono particolari casi in cui è più probabile che questi timidi alleli recessivi si manifestino? Sì, ad esempio quando avvengono accoppiamenti tra consanguinei. Avendo ereditato i geni da un antenato comune, è molto probabile che due cugini di quarto grado abbiano degli alleli recessivi uguali. Se due cugini di quarto grado dovessero accoppiarsi, la probabilità di trasmettere i due alleli recessivi rari alla progenie è più alta rispetto a quando si accoppiano due estranei. Chi ha visto Il trono di Spade lo sa bene: i Baratheon hanno tutti i capelli neri, ma i figli di Robert sono biondi… chissà come mai…
Siccome situazioni di questo genere sono molto comuni in luoghi isolati geograficamente e quindi geneticamente e spesso le malattie genetiche sono dovute ad alleli recessivi rari ecco spiegato l’elevato tasso di malattie genetiche in Sardegna. Tornando al disegno a quattro colori, è come se avessimo dato gli stessi quattro colori a un nostro amico. Il suo disegno e quello di nostro fratello saranno, con un’alta probabilità, molto simili.
Malattie genetiche in Sardegna: la celiachia
La celiachia è una malattia sempre più presente tra le proposte dei nostri menù. Il glutine, acerrimo nemico dei celiaci, è invece sempre più assente dalle nostre tavole. Nel corpo di un celiaco, infatti, la presenza del glutine scatena una reazione del sistema immunitario, più o meno violenta ma in ogni caso dannosa per l’organismo.

Glutine vs alleli celiaci (Credits: Nadya Spetnitskaya, Unsplash)
Il glutine è un complesso proteico presente in molte farine ed è a sua volta composto da diverse proteine; nella farina di frumento, ad esempio, da glutenina e gliadina. Una piccola porzione della gliadina è la responsabile di questa faccenda.
Questa porzione di soli 33 aminoacidi (i mattoncini delle proteine) non riesce a essere metabolizzata dal nostro sistema digerente e permane nell’intestino tenue. Qui, nei celiaci, scatena una reazione infiammatoria che danneggia i villi intestinali fino a farli scomparire.
Come funziona la celiachia
A spasso nel nostro corpo, le cellule del sistema immunitario hanno il compito di riconoscere tutti quegli agenti estranei – come virus e batteri – potenzialmente pericolosi per l’organismo e attaccarli. Una mutazione nel sistema di riconoscimento di queste cellule fa sì che riconoscano anche la porzione della gliadina come un nemico. Se la incontrano, scatenano una reazione infiammatoria nell’intestino, diretta contro l’intestino stesso – la celiachia è infatti una malattia autoimmune.
La Sardegna è una delle regioni italiane dove viene registrata la più alta prevalenza di celiaci; lo 0,41% della popolazione nel 2016. Non a caso, la mutazione che determina la malattia è di tipo genetico ed è dovuta a un allele recessivo. Come abbiamo già descritto: raro altrove, piuttosto fisso in Sardegna. L’allele in questione si trova sul cromosoma 6 e corriamo un alto rischio di manifestare la malattia nel caso in cui sia mamma sia papà ci lascino in eredità due “alleli celiaci”.
Non mangiate quelle fave

Vietata la coltivazione di fave (Credits: Dan, Creative Commons)
Se in Sardegna il tasso di persone che non possono mangiare la pizza è alto, quello di persone che non possono mangiare le fave è altissimo. Quasi il 15% dei sardi, infatti, è affetto da favismo!
Con il termine favismo spesso si intende una malattia genetica causata dalla carenza di un enzima all’interno dei globuli rossi. Questo enzima (che gli scienziati siglano G6pd) è fondamentale per la salute dei globuli rossi: ha il compito di contrastare i processi di ossidazione che causano, altrimenti, gravi danni alle cellule – quanti comprano acqua detox perché “fa bene”? Ecco, questo enzima ha un’azione detox e la sua carenza “fa male”.
Questa situazione ha delle conseguenze poco piacevoli: i globuli rossi, infatti, sono molto deboli e vanno spesso incontro a rottura. Per complicare le cose, ci sono ovviamente delle cause esterne che aumentano il rischio di questa rottura: alcuni farmaci e le fave!!!
Le fave contengono delle sostanze fortemente ossidanti. Una volta ingerite e entrate in circolo, danneggiano talmente tanto i globuli rossi – dalle difese limitate – che si rompono e muoiono. Clinicamente parlando: i fabici, se ingeriscono fave, vanno incontro a una crisi emolitica acuta che può causare, ad esempio, anemia, vomito e presenza di sangue nelle urine.
Non sempre tutti i mali vengono per nuocere però: questa malattia, infatti, nel corso dell’evoluzione è stata un fattore positivo in luoghi dove la malaria era particolarmente diffusa. Il plasmodio che causa malaria infetta i globuli rossi e, allo stesso tempo, chi è affetto da favismo ha i globuli rossi malaticci. I fabici non sono un luogo ospitale per il mostriciattolo ed è quindi molto raro che contraggano la malaria.
Tutta colpa di mammà
Anche il favismo è una malattia di origine genetica, dovuta alla mutazione del gene che fornisce le informazioni per l’enzima G6pd. Questo gene si trova il cromosoma X – potremmo chiamarlo X factor nel caso in cui porti il gene mutato.
Il cromosoma X, insieme al cromosoma Y, è un cromosoma sessuale. Come per tutte le altre coppie, ognuno di noi ne ha due copie. In linea di massima: i maschi portano con sé una copia X e una Y, le femmine due copie del cromosoma X.

“Chissà se mi ha passato l’X factor!” (Credits: Xavier Mouton Photofraphie, Unsplash)
Parlando di cose importanti (di eredità) la questione sta così: i maschi hanno poca possibilità di scelta, poiché possono ereditare il cromosoma X solo dalla madre e il cromosoma Y solo dal padre. Le femmine invece ereditano il cromosoma X da entrambi i genitori.
Questa regola porta con sé un’implicazione importante: per i maschi, non c’è allele recessivo che tenga! Siccome hanno una singola copia del cromosoma X, qualsiasi gene presente su questo cromosoma sarà visibile! Anche per le femmine vale una regola eccezionale: per amor di parità, la genetica ha deciso di disattivare uno dei due cromosomi X in modo che tutti, maschi e femmine, abbiano un solo cromosoma X.
Tenendo queste cose a mente, torniamo ai sardi fabici e all’X factor – cromosoma X col gene del favismo. Se ereditano l’X factor da mammà, nei maschi la malattia si manifesta per forza. Nelle femmine dipende da quale cromosoma X viene disattivato. Poniamo il caso eterozigote, in cui una femmina abbia un X factor e un cromosoma X sano: se viene disattivato il cromosoma sano allora la malattia si manifesta, se viene disattivato l’X factor la malattia non si manifesta o lo fa in forme più lievi.
Il motivo per cui il tasso di questa malattia genetica in Sardegna sia così alto è appunto dovuto alla sua pole position. Essendo trasmesso dal cromosoma X, è praticamente certo che un padre di famiglia fabico trasmetta la malattia a tutte le sue figlie femmine ed è altamente possibile che una madre di famiglia fabica trasmetta la malattia a suo figlio maschio che riceve solo il suo cromosoma X.
“A Kent’Annos” – A cent’anni!
Dopo tutta questa serie di sfortunati eventi, i sardi vogliono una ricompensa! E infatti, nel 2001 è stato attestato un Guinness dei Primati a un signore di Tiana, in provincia di Nuoro. Antonio Todde, per gli amici tziu Antoni, nato nel gennaio 1889 e morto nel gennaio 2002, è stato per qualche tempo l’uomo più vecchio del mondo ancora in vita! Quasi 113 anni!
Oltre alle numerose malattie genetiche, in Sardegna è molto alto il tasso di persone ultracentenarie: in media 17 ogni 100mila abitanti! La media europea è di 10 ogni 100mila individui.
L’isola è infatti annoverata tra le cosiddette Zone blu, cioè aree demografiche e/o geografiche in cui la speranza di vita è notevolmente più alta rispetto alla media mondiale. La maggior parte di queste Zone blu sono isole. Che l’isolamento genetico c’entri qualcosa?
Le ipotesi sono tante e, appunto, sono ancora solamente delle ipotesi. Stile di vita rurale, aria di montagna, genetica, vino rosso?
Per essere scientificamente corretti, servono sempre delle prove empiriche per confermare le ipotesi.
Sarò dunque costretta a trasferirmi.
Saluti dall’isola.
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