Morelli, psicologia e sessismo – Cosa dicono le scienze attuali sulle differenze di genere


Per questo articolo su psicologia e sessismo, non potevamo che partire da un fatto molto recente: i due interventi di Raffaele Morelli, prima su Radio 102.5 e poi su Radio Capital. Nella foto, i conduttori di Tg Zero, Edoardo Buffoni e Michela Murgia

Per questo articolo su psicologia e sessismo, non potevamo che partire da un fatto molto recente: i due interventi di Raffaele Morelli, prima su Radio 102.5 e poi su Radio Capital. Nella foto, i conduttori di Tg Zero, Edoardo Buffoni e Michela Murgia

Voglio parlare dell’elefante nella stanza. Il sessismo italiano.

Subdolo, inconscio, invisibile. Ogni volta che qualcuno ne parla, gli rispondiamo che è un’esagerazione, che qui in Italia le donne hanno pari diritti e che non hanno niente di cui lamentarsi. Eppure, è così radicato nella nostra memoria procedurale – quella implicita, che rende facile guidare ma difficile spiegare come si nuota – che riusciamo quasi a “giustificare” uno psichiatra, uomo, che dice a una scrittrice, donna, “zitta e ascolta!” in diretta radiofonica.

Psicologia e sessismo, un connubio esplosivo

Sto parlando di Raffaele Morelli, psichiatra, psicoterapeuta, filosofo e saggista italiano. Se non sapete di cosa parlo, ve la riassumo. Morelli interviene a Radio 102.5, commentando un aforisma pubblicato su Twitter, che aveva suscitato non poche polemiche. Lo psichiatra risponde con questa frase, che ci tengo a riportare fedelmente.

Se una donna esce di casa e gli uomini non le mettono gli occhi addosso, deve preoccuparsi, perché vuol dire che il suo femminile in qualche modo non è presente in primo piano. Tu puoi fare l’avvocato, il magistrato, […], fare tutti i soldi che vuoi ma il femminile, in una donna, è la base su cui risiede il processo, quindi prima di tutto sei femminile. Il femminile è il luogo che suscita desiderio. Le donne lo sanno bene perché quando escono di casa e hanno addosso un vestito con cui non si sentono a loro agio tornano indietro a cambiarsi. Gli uomini non lo fanno perché […] non diamo così importanza alla forma. La donna è la signora, la regina della forma. E quindi la donna quando mette un vestito suscita, chiama il desiderio. Guai se non fosse così”.

psicologia e sessismo - Un momento dell'intervento di Raffaele Morelli a 102.5

Psicologia e sessismo – Alle affermazioni di Morelli a 102.5, una delle conduttrici è visibilmente contrariata

La seconda parte della notizia è, forse, ancora più assurda. Michela Murgia, scrittrice, blogger e drammaturga italiana chiama Morelli nel suo programma su Radio Capital, incalzandolo, non senza un filo di provocazione, sulle sue affermazioni. Lo psichiatra, visibilmente irritato, risponde con un “zitta e ascolta!”, chiudendo bruscamente la chiamata pochi secondi dopo.

La frase culmine di questo intervento illuminato è la seguente:

Le bambine giocano con le bambole già agli albori

…cercando di spiegare perché il femminile in una donna è innato, la base di tutto. *Sigh*.

Ora, chi mi conosce sa che sono una fervente femminista. Faccio lavare i piatti al fidanzato, non mi trucco e mi rifiuto di imparare a stirare. Ma sa anche che credo profondamente nel metodo scientifico.

I nostri filtri mentali possono deformare le informazioni che ci arrivano. Crediamo così tanto che quell’idea sia vera che notiamo le informazioni che la confermano e ignoriamo quelle che la rendono falsa. Si chiama bias di conferma, googlatelo.

Per questi motivi, sono consapevole che anche il femminismo può essere un filtro, se non è consapevole. Quindi vediamo cosa ci dice la scienza.

Cosa dicono psicologia e neuroscienze

Psicologia e sessismo - Uno screen del post dell'Ordine degli psicologi della Lombardia che ha preso posizione contro i contenuti dell'intervista a Morelli

Psicologia e sessismo – Anche l’Ordine degli psicologi della Lombardia ha preso posizione contro i contenuti dell’intervista a Morelli

È evidente che ci siano differenze biologiche tra il sesso maschile e quello femminile. A livello ormonale, certo, ma anche a livello di sviluppo cerebrale. Un esempio è che le donne sembrano essere più abili degli uomini nella memoria visiva, mentre i maschi sarebbero più bravi delle donne nella rotazione mentale di oggetti. Come prova del 9, si è visto che nella rotazione mentale di oggetti, vanno peggio proprio i maschi con livelli di testosterone medio-bassi.

A livello ormonale, corporeo, cerebrale, quindi, ci sono differenze, anche se non sappiamo ancora bene quali siano.

Ma queste differenze non colpiscono in alcun modo le preferenze, gli interessi, gli obiettivi di vita, lavorativi o accademici. Queste sono influenzate e plasmate dalla società e dalla cultura.

Perché, quindi, collegare il “femminile” a caratteristiche come desiderio, forma fisica, scelta dei vestiti, quasi come se fosse una caratteristica innata dei geni XX? Volete dirmi che la gambetta mancante dei cromosomi maschili contiene i geni della moda e della dieta?

Cosa dicono sociologia e antropologia

Sapevate che il rosa è stato per molto tempo il colore dei maschi? Richiamava il rosso del sangue e delle battaglie, mentre il celeste era il colore della vergine Maria, più adatto alle donne.

E lo sapevate che la separazione – o genderizzazione – di giocattoli e vestiti per maschietti e femminucce è nata solo all’inizio degli anni 90?  (Fonte: Abbatecola e Stagi, Pink is the new black. Stereotipi di genere nella scuola dell’infanzia).

Molti millennial come me ricordano di aver giocato ai Lego, ai soldatini e alle pistole, così come si giocava coi pentolini e alle bambole con i propri compagni maschi, che facevano gli assaggiatori o i papà.

Il/la berdache We-Wa

Il/la berdache We-Wa (Credits: John K. Hillers, dominio pubblico)

Se ampliamo ancora un po’ la nostra visione, dalla sociologia all’antropologia, troviamo che il relativismo culturale (qui una sua definizione) è in circolo già dagli anni 60. È la cultura in cui siamo inseriti che ci dice cosa è femminile e cosa è maschile. Un esempio molto banale è quello dei nativi americani, dove era presente un terzo genere, la/il berdache, e dove abiti preziosi e gioielli pregiati erano tipici non del genere femminile, ma di un alto status sociale.

Dov’è quindi la conoscenza di questi filoni di ricerca in uno psichiatra che afferma che giocare con le bambole è innato nel femminile?

Cosa dice la psicanalisi

Su questo argomento, so di non sapere… nulla. Lascio quindi parola alla dottoressa Giulia Triacca, psicologa anche lei, per farvi capire quanto (anche a livello di contenuti psicoanalitici) Morelli sia proprio fuori strada.

La dimensione del femminile – ci dice la dottoressa Triacca – è un tema estremamente complesso. Nella società occidentale aspetti femminili e aspetti maschili sono messi in contrasto: l’uomo il pensiero, la donna l’emozione. Quello che è necessario fare è capire che aspetti femminili esistono all’interno dell’uomo e aspetti maschili esistono all’interno della donna.

Carl Gustav Jung [autore a cui Morelli si ispira per formazione professionale, nda], per esempio, parla di animus e anima: animus è la parte inconscia maschile nella donna e anima è la parte inconscia femminile nell’uomo.

Il nostro compito come genere umano è quello di integrare nella coscienza queste parti inconsce.

Occupandoci in specifico del femminile, è ovvio che la femminilità abbia le sue radici e sia influenzata in origine dall’istinto, per poi svilupparsi in un modo che risentirà delle influenze culturali, fino a poter raggiungere vette spirituali. Quindi “femminile” indica un’evoluzione. Che cos’è l’istinto è forse ancora un mistero, ma si potrebbe dire che l’istinto è integrazione fra corpo e cultura

Grazie mille a Giulia Triacca per la consulenza psicanalitica!

A questo punto, la mia domanda è: se nella psicanalisi junghiana la femminilità è vista come una evoluzione complessa, che va di pari passo con un’integrazione del maschile, siamo sicuri che riducendola a puro desiderio il dottor Morelli abbia capito il concetto?

Psicologia e sessismo – L’inconscio di Morelli

L’atteggiamento di Raffaele Morelli nei confronti di Michela Murgia conferma che Morelli stesso ha un filtro grosso come una casa: quello del patriarcato e del sessismo. Questo filtro gli impedisce di abbandonare visioni della donna ormai arcaiche e a-scientifiche, cercando solo prove che confermano la sua visione e ignorando tutto il resto (“Non sono io che lo dico, è la psicanalisi!”).

Nel momento in cui si è sentito attaccato ha reagito in due modi: denigrando la figura di Murgia dandole del tu, e passando al classico attacco patriarcale “tu donna, zitta che parla l’uomo”. Il tutto cercando di sostenere un’idea della donna come sola fonte di desiderio (per l’uomo). Il femminile non è nient’altro che essere oggetto di desiderio. Guai che non sia così.

Perché se così non fosse, allora potremmo scoprire che le donne possono essere altro dal desiderio, e forse dovremmo farle uscire da un ruolo subordinato, in cui è un uomo che spiega alle donne come essere femminili.

 

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