La psicologia delle masse, ovvero come l’individuo diventa folla


Vi siete mai chiesti perché in stazione la gente si fermi tutta all’entrata del binario creando un tappo mentre potrebbero benissimo spalmarsi su tutto il marciapiede? O perché, anche di fronte alle prove schiaccianti, il tuo vicino di casa sia ancora convinto che la Terra sia piatta perché “se lo dicono tutti e lo dice Cristiano Malgioglio deve essere vero“?

Io sì. Soprattutto durante l’Euroflora.

Ad ogni modo, queste e tante altre domande fanno parte della psicologia delle masse, ovvero lo studio dei comportamenti di gruppi non organizzati o che presentano un’organizzazione temporanea in cui gli individui agiscono in modo simile senza avere rapporti tra loro.

Attenzione, perché in psicologia massa non equivale a gruppo.

La massa è un gruppo non organizzato, e i suoi membri agiscono in modo simile, ma senza conoscersi. Nell’esempio di prima è la folla dell’Euroflora che tenta di pigiarsi nel secondo vagone del treno per Genova Nervi quando tutti gli altri vagoni sono semivuoti. Vanno tutti in quel maledetto vagone, ma mica si conoscono.

Il gruppo implica, invece, il riconoscersi e l’essere riconosciuti da qualcun altro. I terrapiattisti, insomma.

Ma vi siete mai chiesti se le folle (o masse) siano buone o cattive? La psicologia se lo chiede all’incirca dagli inizi del ‘900.

Una folla irrazionale.

Nel lontano 1895, Gustave Le Bon scriveva “Psicologia delle folle, dipingendo un quadro alquanto grigio. L’antropologo/psicologo/sociologo francese, infatti, afferma che l’individuo, se posto in una massa di individui, diventi un barbaro in preda agli istinti, capace di commettere atti o esprimere opinioni contrarie a interessi personali, buon senso e abitudini. La folla è suggestionabile, superficiale e facilmente manipolabile. L’opinione forte, spesso diffusa da leader e capi carismatici, dilaga a macchia d’olio rendendo la massa omogenea e irrazionale. Tutti hanno la stessa opinione del leader, spesso estrema e dogmatica.

La massa crea quindi un inconscio collettivo, che il carissimo Carl Gustav Jung ha tanto amato, dove l’individuo è deresponsabilizzato e può quindi compiere atti altrimenti impensabili se preso da solo.

In sostanza, Le Bon è stato il primo a teorizzare l’esistenza dei pecoroni. Fosse vissuto ai tempi di Facebook avrebbe fatto i miliardi.

I social, infatti, sono un’esempio contemporaneo e azzeccatissimo della teoria del Gustavo. Il dilagare delle “fake news” e di opinioni estreme non basate su dati reali è ormai all’ordine del giorno: se Donald Trump dice che Barack Obama non è nato in America (opinione del leader) allora è vero (influenza della massa). Ma potremmo fare mille altri esempi: i vaccini, il fenomeno dell’immigrazione, il gender,…

Il ruolo del leader, in questo, è fondamentale. La folla, per essere influenzabile, deve ricevere da lui un messaggio con caratteristiche ben definite:

  • affermazione: il messaggio deve essere impressionistico e autoritario, perché sprovvisto di prove oggettive che lo supportano;
  • ripetizione: è il potere della propaganda, delle frasi a effetto, del “Make America great again” o della parola “invasione” per descrivere i fenomeni migratori;
  • contagio: il messaggio deve essere abbastanza semplice e diretto da potersi diffondere rapidamente e omogeneizzare le opinioni della folla.

Le Bon affermava che “un individuo nella folla è un granello di sabbia fra altri granelli di sabbia, mossi dalla volontà del vento”.

Se far parte di una massa è così negativo e maladattivo, perché lo facciamo?

La saggezza della folla.

Fin da subito è stato, però, introdotto il concetto contrario di intelligenza o saggezza della folla. Questa teoria afferma come la massa possa avere una intelligenza collettiva, per cui mettendo insieme le conoscenze di tante persone non esperte si possa arrivare ad una conoscenza condivisa valida e attendibile.

Un esempio su tutti, Wikipedia. Questa enciclopedia fonda la sua esistenza proprio sul contributo di migliaia e migliaia di persone diverse, con l’obiettivo di formare, guarda caso, una fonte di conoscenza condivisa e collettiva. Ma parliamo anche di altri progetti, come Yahoo! Answers o i software Open Source come Mozilla Firefox e Open Office.

James Surowiecki, nel suo “La saggezza della folla“, avverte che questa teoria possa funzionare solo se sono presenti alcuni prerequisiti:

  1. ogni persona appartenente alla massa deve avere un’opinione differente
  2. le opinioni di queste persone non devono essere influenzate da quelle di altri membri della “massa”
  3. queste opinioni non devono essere pilotate da un leader o generalmente dall’alto
  4. devono poter essere aggregate per ottenere un risultato collettivo finale.

Ergo, per poter essere definita “saggia” e “intelligente”, la folla deve produrre opinioni diverse, indipendenti, decentralizzate e aggregabili.

Notate qualcosa?

La massa, quindi, non è in sé portatrice di morte e distruzione (culturale). Lo è se gli individui che la costituiscono si pongono in condizione di essere influenzati e influenzabili da una o poche persone che hanno ruolo di leader, i cui messaggi sono dogmatici e ripetuti alla nausea. L’effetto “gabbiani di Alla ricerca di Nemo”, per capirci.

Come far parte, quindi, di una massa intelligente?

Chiedete a Yahoo! Answers.

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