Reagire al disastro: la psicologia dell’emergenza


C’è poco da scherzare, il 2017 è iniziato col botto.

Il 18 gennaio, ben tre forti scosse di terremoto colpiscono il centro Italia, già colpito da pesanti nevicate. Le conseguenze le conosciamo tutti: morti, feriti, case distrutte e vite a pezzi.

Eventi del genere, naturali e imprevedibili per definizione, mettono a dura prova la nostra concezione di controllo: di fronte a catastrofi di questa portata, frasi motivazionali come “prendi il controllo della tua vita!” o “solo tu sei il padrone del tuo destino!” hanno poco senso. Come può un sopravvissuto al crollo di un palazzo, all’esondazione di un fiume o ad una valanga riprendere il controllo della propria vita?

A questa domanda cerca di rispondere la psicologia dell’emergenza.

Quest’area (sconosciutissima) della psicologia non si occupa del paziente in studio. Lo psicologo dell’emergenza indossa stivali, guanti, cappotto e va proprio lì, ad Amatrice, a L’Aquila, a Genova. Attraverso associazioni specializzate, come la SIPEM o Psicologi per i Popoli, gli psicologi dell’emergenza si recano nelle zone colpite dal disastro e si occupano di tutti coloro che sono stati coinvolti dall’evento: vittime, soccorritori, familiari, feriti e sopravvissuti. Non si tratta solo di disastri naturali: lo psicologo dell’emergenza può intervenire in disastri industriali, epidemie, attacchi terroristici o gravi incidenti stradali. In sostanza, si interviene in tutte le circostanze in cui un buon numero di persone viene direttamente o indirettamente colpito da un cosiddetto evento non normativo grave.

Cos’è un evento non normativo?

E’ tutta quella serie di eventi che, appunto, non sono “nella norma”: morte improvvisa di un familiare, divorzi, trasferimenti inaspettati, ma anche il tuo palazzo che crolla per via del terremoto, il vicino di casa trascinato via dalla corrente del fiume in piena, un estremista che spara alla folla in un locale. Questi eventi sono inaspettati e improvvisi, ci colgono impreparati e ci sconvolgono per la loro insensatezza e per l’impossibilità di poterli controllare e prevedere.

Ma perché, direte voi, c’è il bisogno di uno psicologo in un momento così poco opportuno? Non intralciano il lavoro dei soccorritori? Certo che no! Questi psicologi sanno bene come comportarsi nel luogo di un disastro, tanto che a loro volta formano gli operatori delle emergenze, come forze dell’ordine, militi e protezione civile. E il loro lavoro è fondamentale per diversi motivi.

  • Prevenire è meglio che curare: spesso i disturbi traumatici, per esempio il PTSD (disturbo post traumatico da stress) o il meno conosciuto disturbo acuto da stress, possono essere prevenuti o ridimensionati nella loro gravità proprio grazie ad un intervento immediato, subito dopo la tragedia. Sia le vittime primarie (i feriti) sia le vittime secondarie (i familiari e i testimoni dell’avvenimento) possono tirare un sospiro di sollievo e cominciare fin da subito ad elaborare quel che è successo loro.
  • Anche chi aiuta ha bisogno di aiuto: cosa credete, che un pompiere o un medico siano sempre in bolla? Le professioni di aiuto sono quelle maggiormente a rischio di sindrome da burnout, ovvero una sorta di esaurimento lavorativo che porta a stress, depressione e disinteresse totale nei confronti del lavoro: non bellissimo se il lavoro consiste nell’aiutare persone in difficoltà. Pensate poi a cosa possono vedere i soccorritori in una situazione di emergenza, in un attentato per esempio: quanti morti, quanti feriti, quanta insensata sofferenza. Anche loro hanno bisogno di affrontare tutto questo.

Ma quindi mi state dicendo che esistono persone che lavorano solo quando ci sono catastrofi? Psicologi che aspettano con ansia che avvenga un disastro per poter portare il pane a casa?

Beh, allora diciamolo anche di forze dell’ordine, pompieri e medici della Croce Rossa, dico io! Rendiamoci conto che di vocazione non si mangia (tranne per i preti, ma questa è un’altra storia): chi lavora nel sociale e nel sanitario ha una forte motivazione nell’aiutare chi ha bisogno, ma è pur sempre un lavoro, spesso altamente qualificato, che deve essere riconosciuto.

Gli psicologi dell’emergenza spesso sono volontari di associazioni specializzate che entrano in azione solo nel momento del bisogno. Altri lavorano all’interno di enti pubblici e privati che si occupano di sicurezza pubblica: Esercito, Croce Rossa, Protezione Civile.

Probabilmente, in questo momento, gli psicologi dell’emergenza sono all’opera per alleviare le sofferenze delle popolazioni del centro Italia, assieme ai tanti professionisti che hanno lavorato giorno e notte per salvare vite umane. Che altro dire? Grazie di cuore!

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