Tutti gli uomini dell’aspirina
Sono pochi i rimedi medicali che dall’antichità sono giunti sino ai giorni nostri, ma tra questi il più diffuso è di sicuro l’aspirina.
Tecnicamente, stiamo parlando di un farmaco antinfiammatorio non-steroideo della famiglia dei salicilati derivato da una modificazione chimica dell’acido salicilico (o salicina), principio attivo presente nella corteccia del salice, che non esiste in natura.
A essere corretti, l’aspirina come la conosciamo noi è arrivata solo nel 1897 grazie al chimico Felix Hoffmann che per primo sintetizzò un campione commerciale di acido acetilsalicilico (il principio attivo dell’aspirina).
Ma come fa uno a svegliarsi un giorno e inventare l’aspirina?
Quello che Hoffmann cercava di fare in realtà era trovare un rimedio ai dolori articolari che attanagliavano il padre. All’epoca l’acido salicilico (il progenitore dell’aspirina) era un antidolorifico molto diffuso e usato specialmente per il trattamento di febbre e dolori (specialmente artritici). Il difetto che però si portava appresso, oltre al suo amaro sapore, era che causava irritazione allo stomaco: se aggiungete che per portare benefici doveva essere assunto in grandi dosi, capiamo che non era molto bello doverlo assumere (anche se si può sfidare chiunque a trovare una “buona” medicina nel fine ‘800).
Hoffmann, nell’intento di aiutare il padre che non poteva più assumere il medicinale senza vomitare, cominciò a ricercare precedenti studi su come eliminare questo sgradevole effetto collaterale e s’imbatté nei lavori di un certo Charles Frédéric Gerhardt, al quale va riconosciuto il vero merito dell’invenzione dell’aspirina.
Gerhardt, professore di chimica all’Università di Montpellier dal 1841 al 1848, produsse, infatti, una prima versione impura identificando la struttura molecolare dell’acido salicilico e modificandola. Con i suoi esperimenti era riuscito a creare il gruppo acetile che, come un cappuccio, ricopriva la parte aggressiva della molecola: dovette però abbandonare i suoi esperimenti accorgendosi di non riuscire a riprodurre in maniera attendibile la versione acetilata.
Ma in quanti prima di Hoffmann e Gerhardt hanno sfruttato le caratteristiche mediche dell’acido salicilico?
Il primo utilizzo documentato risale al 1500 a.C. e possiamo consultarlo visitando la biblioteca dell’Università di Lipsia dove è conservato. Chi fosse in grado di trovare il rimedio scritto in egiziano antico su oltre 20 metri di rotolo (il papiro Ebers), scoprirebbe che durante il regno di Amenhotep I si consigliava già di trattare una ferita infiammata con un preparato di foglie di salice bianco. Oggi sappiamo che questa prescrizione è fondata in quanto nelle foglie e nella corteccia di questa pianta è contenuta la salicina, un glucoside che il corpo umano è in grado di trasformare in acido salicilico.

Papiro Ebers. (Credits: Horemhat, Creative Commons)
Andando avanti nel tempo (ma restando sempre nel passato lontano), troviamo che Ippocrate, considerato il padre della medicina, era solito consigliare l’uso della corteccia di salice per alleviare i dolori derivanti dal parto. Ovviamente doveva aver studiato le gesta del primo medico lo stesso Aulo Cornelio Celso quando scrisse il suo De Medicina: in questo testo (unico sopravvissuto di un corpus molto più ampio) Celso descrive come i fenomeni infiammatori possano essere alleviati tramite l’uso di estratti di foglie di salice (Libro VI).
La diffusione dei salicilati si ebbe, però, dalla seconda metà del ‘700 grazie al reverendo Edward Stone che, durante una passeggiata nelle campagne dell’Oxfordshire, fece una fortunata associazione mentale.
Quel giorno si trovò a masticare un pezzetto di corteccia di salice e, dopo averlo sputato disgustato, si accorse che quel sapore amaro gli ricordava la cinchona, la pianta peruviana del chinino, unico antimalarico conosciuto allora. Qualunque altro masticatore accidentale si sarebbe fermato lì, ma per il reverendo Stone non c’era nulla di accidentale in quel momento. Grazie al suo passato da bibliotecario aveva avuto occasione di trovarsi per le mani i saggi dei migliori pensatori europei e ciò, tra le varie cose di cui era edotto, l’aveva reso un esperto conoscitore della Teoria delle Segnature teorizzata da Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, che preferiva farsi chiamare Paracelso (“eguale a Celso”, vi ricorda qualcuno questo nome?). Questa teoria stabilisce che la natura fornisce all’osservatore attento alcuni indizi sulle proprietà curative di certe erbe e piante: ad esempio, prevede di utilizzare piante con parti rosse per curare malattie del sangue. Da ciò deriva anche la considerazione che la causa di una malattia debba risiedere vicino al luogo in cui è apparsa la prima volta e, al contempo, il rimedio stesso risiederà non lontano.
Prendendo per buona questa dottrina, il reverendo Stone pensò di aver trovato una buona cura per la febbre malarica, la cui diffusione era collegata ai luoghi umidi, stesso ambiente in cui possono crescere i salici. Inoltre, la somiglianza con il sapore della corteccia di china aveva spinto il reverendo a mettere in atto la sua idea. Riuscì a sperimentare un particolare decotto su cinquanta malati e, al termine dei suoi esperimenti, il 2 giugno del 1763 venne letto davanti all’assemblea della Royal Society di Londra un saggio in cui dichiarava che le febbri erano rapidamente diminuite grazie all’uso della corteccia di salice. Col senno di poi, siamo in grado di capire come in realtà gli esperimenti del reverendo Stone erano efficaci solo sui sintomi della malaria: stato febbricitante, dolori agli arti ed emicranie sono associabili a varie patologie sulle quali il suo nuovo “prodotto” era in grado di agire (i suoi pazienti potenzialmente potevano non essere nemmeno affetti dalla febbre malarica!).
Un altro ringraziamento dobbiamo forse farlo anche a Napoleone Bonaparte che, emanando il cosiddetto Blocco Continentale, vietò ogni importazione di beni dai territori inglesi: ovviamente sulla lista nera finì anche la cinchona, importata in Europa principalmente da Spagna e Gran Bretagna. Poiché la malaria affliggeva ancora il continente, la domanda di corteccia di china era altamente sopra alla disponibilità del mercato. Negli anni successivi furono isolate morfina, caffeina, nicotina e, finalmente, anche la chinina (1821). Tutto questo fervore scientifico riportò l’attenzione al salice e cominciò una vera e propria corsa per isolarne l’ingrediente chiave. I primi due che riuscirono a ottenere qualcosa d’importante furono Johann Buchner e Raffaele Piria che, rispettivamente, donarono al mondo la salicina (1828) e l’acido salicilico (1838).

(Public demain)
Quindici anni dopo vediamo entrare in campo il francese Gerthardt che, come abbiamo già visto, fu il primo a produrre l’acido acetilsalicilico, seguito dal giovane Hoffmann che portò alla luce l’aspirina come la conosciamo oggi. Infatti, il 23 gennaio del 1899 la società di Friederick Bayer battezzò il farmaco Aspirina (dove la “A” sta per Acetil e “SPIR” deriva da acido spireico sinonimo di salicilico, mentre il suffisso -ina era un must per i medicinali di allora). Solo nove giorni dopo fu depositato il marchio Aspirina che un mese dopo, il 6 marzo, fu registrato nella lista dei marchi di fabbrica dell’Ufficio Imperiale dei Brevetti di Berlino da parte della Bayer che mise in commercio la prima confezione da 500 mg.
Tuttavia con la fine della prima guerra mondiale la Bayer perse il diritto a usare il proprio marchio in molte nazioni. Poco male, visto che già nel 1917, prima ancora che il brevetto decadesse, la Bayer non riuscì a impedire che la formula del farmaco fosse impiegata da aziende concorrenti. Così, negli anni successivi, si poterono trovare sul mercato “Aspirine pirata”, finché nel 1921 una sentenza della corte federale degli Stati Uniti decise che “Aspirin” dovesse essere un nome generico non più soggetto a brevetto.
Il povero Hoffmann, che oltre all’aspirina aveva sintetizzato anche l’eroina, vide in poco tempo decadere i marchi di entrambe le sue due invenzioni più famose (eccezion fatta per alcune nazioni particolari come Canada e Italia in cui il marchio Aspirina è ancora legalmente in vigore).
In 114 anni l’Aspirina si è dimostrata utile per un’infinità di scopi e in continuazione le vengono attribuite nuove capacità. Tra le principali elenchiamo:
- sollievo dal dolore;
- riduzione della febbre;
- utile contro le malattie infiammatorie (artriti reumatoidi e osteoartrosi);
- intolleranza ai cibi.
Grazie alla sua capacità di interferire con la coagulazione del sangue è anche molto utile per evitare attacchi cardiaci o ictus: attenzione però, masticare della corteccia di salice non vi aiuterà a limitare certi tipi di problemi, poiché è la parte acetilica della molecola a interagire con l’enzima che conduce alla formazione dei coaguli.
Studi a Oxford hanno dimostrato nel 2010 che una piccola dose quotidiana di aspirina può ridurre la possibilità di contrarre il cancro.
Come fa questa piccola pillola a fare tutto ciò?
Il premio Nobel John Vane, con l’aiuto di Priscilla Piper, ha dimostrato che l’aspirina permette di inibire il rilascio delle prostaglandine: composti prodotti nel corpo da acidi grassi e messaggeri chimici con una gran varietà di funzioni. Alcune funzioni utili sono, ad esempio, il regolamento della funzionalità renale, ma di contro possono causare broncospasmi, reazioni anafilattiche e infiammazioni.
Inibendo il rilascio delle prostaglandine si evitano gli effetti indesiderati che queste provocano, ma allo stesso tempo se ne impediscono anche le azioni positive, come ad esempio la stimolazione di uno strato protettivo nello stomaco per evitare ulcere.
Anche se alcuni studi recenti vogliono dimostrare che le ciliegie potranno occupare il posto dell’aspirina, appare ormai chiaro come una semplice dose di acido acetilsalicilico possa risultare la chiave di Volta contro problemi vari che possono andare dal raffreddore alla sciatica, dal mal di denti al mal di testa (dopotutto se la NASA la inserisce nei kit degli astronauti, un motivo di sarà!).
Non deve essere stato molto bello leggere quest’articolo se siete allergici all’aspirina (come, ad esempio, chi l’ha scritto), ma vogliamo lasciarvi con una massima del filosofo spagnolo José Ortega y Gasset, che probabilmente aveva già capito tutto ciò di cui abbiamo discusso finora quando definì il ‘900 “L’era dell’aspirina”:
<<Per l’uomo della strada la vita è più facile,
più comoda e più sicura che per i potenti di ieri.
A lui importa poco di non essere più ricco del suo vicino,
se il mondo intorno a lui gli dà strade, ferrovie, alberghi,
un sistema telegrafico, benessere fisico e aspirina>>
[cit. La ribellione delle masse]
Devo farti i complimenti per la rubrica, è davvero interessante… e questo ultimo pezzo non fa eccezione!
Fabio, grazie mille per i complimenti!
Ne approfitto per invitare tutti i lettori a usare lo spazio dei commenti per interagire e dire la loro sui vari argomenti che propongo ogni mese !
Accorrette numerosi 🙂