A cena con Dewey


Immaginate di dover dare una grande cena alla quale invitate tutti i vostri amici e di voler formare i tavoli degli invitati con qualche logica di classificazione: tra le varie idee potrebbe venirvi in mente di utilizzare il sistema decimale Dewey. Se lo conoscete già correte a organizzare la cena (ma poi tornate qui!), altrimenti continuate a leggere sotto.

La Classificazione decimale Dewey (DDC) è il sistema di classificazione per biblioteche più utilizzato al mondo ed è stato pubblicato nel 1876 da Melvil Dewey.

Classi di DeweyE’ un metodo che permette di organizzare in maniera funzionale i volumi direttamente sugli scaffali di una biblioteca dividendo il sapere in 10 classi principali (da 0 a 9), ciascuna delle quali è suddivisa in 10 divisioni formate dalle rispettive 10 sezioni, e così via. Le classi sono espresse come centinaia (non sono previste meno di tre cifre), e si cala di un ordine di grandezza man mano che si entra nel dettaglio, arrivando a utilizzare anche le cifre decimali. Ogni cifra è quindi portatrice di un significato completo in sé (ad es. una categoria), che viene maggiormente precisato dall’aggiunta delle cifre successive (ad es. una sottocategoria). Ad esempio, 600 è la classe rappresentativa della Tecnologia (Scienze applicate), mentre 620.112 è la sezione dedicata alla Resistenza dei materiali, meccanica della frattura:

600 Tecnologia e Scienze applicate

620 Ingegneria e attività affini

620.1 Meccanica e materiali dell’ingegneria

620.11 Materiali dell’ingegneria

620.112 Resistenza dei materiali, meccanica della frattura

Ovviamente si possono utilizzare anche versioni ridotte del sistema. Una piccola biblioteca potrebbe infatti decidere di indicare un testo di Materiali dell’ingegneria (620.11) con il codice 620: in questo caso rimarrebbe comunque noto che si tratta di un testo di matrice ingegneristica, ma ne ignoreremmo l’effettivo campo di conoscenza che copre.

Il fatto che questo sistema venga usato dalla maggior parte delle biblioteche del mondo, non implica che sia privo di criticità. Supponiamo che abbiate deciso di fare la cena a tema Dewey, è bene che siate messi a conoscenza di eventuali problematiche o polemiche in cui potreste incorrere.

A un tavolo saranno seduti tutti i vostri amici esperti in letteratura (classe 800) e a quello subito dopo le persone esperte di fotografia, musica, pittura e altre arti (classe 700). A un altro tavolo farete accomodare coloro che si occupano di matematica, fisica, chimica e scienze varie (classe 500).  In generale va tutto bene, ma il vostro amico enologo (641.22) potrebbe interpretare male il fatto di trovarsi a tavola con ingegneri, tecnici chimici e medici (classe 600) che si raccontano barzellette che solo loro capiscono. I vostri amici psicologi e filosofi (entrambi classe 100) saranno sicuramente disposti a trovare un punto d’accordo tra di loro, ma non sarà facile spiegargli che la filosofia Aristotelica (185) e la Psicologia Differenziale (155) sono allo stesso “tavolo” della frenologia (139), che prevede che sia possibile descrivere la personalità di un soggetto dalla forma del suo cranio. Ancora più difficile però sarà spiegare alla vostra amica studentessa che l’educazione femminile (376) è trattata come categoria a sé.  Per non parlare di come potrete spiegare ai vostri amici di religione non Cristiana che hanno a disposizione solo il 20% dei posti a sedere alla tavolata delle religioni (classe 200).

Questi esempi mettono in luce alcuni limiti di questo sistema che, nonostante tutto, è ancora il più utilizzato. Ma come mai tutte queste incongruenze in un sistema che dovrebbe rappresentare gerarchicamente lo scibile umano? E’ possibile che il sistema sia nato proprio per discriminare determinati campi del sapere o parificarne altri?

Per rispondere a questi interrogativi dobbiamo tenere conto che in realtà il sistema è stato creato per organizzare fisicamente i libri (e quindi i loro contenuti) e, ancora più importante, si riferisce ai libri conosciuti nell’Europa di Dewey a fine ‘800. Per dare un senso maggiore alla nostra risposta, dovremmo inoltre prenderci del tempo per conoscere più da vicino il nostro Melvil Dewey.

Il 10 dicembre 1851, in una cittadina dello stato di New York, venne al mondo un bambino di nome Melville Louis Kossuth Dewey. Cresciuto con una spiccata propensione per la razionalità, durante varie fasi della sua vita dedicò gran parte del suo tempo alla ricerca di una modalità di semplificazione dell’ortografia, alla diffusione della stenografia, nonché del sistema metrico decimale. Era infatti convinto che se gli studenti avessero potuto apprendere tramite un’ortografia scientifica e un sistema metrico internazionale, si sarebbero potuti diplomare al college con almeno 2 anni di anticipo.

In totale coerenza con le sue idee, un giorno fece mutare l’ortografia del suo nome in Melvil Dui: più avanti riprese il cognome di famiglia, ma rimase il nome troncato con cui viene ricordato oggi.

Iscritto all’Amherst College (Massachusetts), entrò a far parte dello staff della biblioteca universitaria. Fu proprio durante questo tipo di servizio che Melvil capì che le biblioteche dovevano giocare un ruolo importante all’interno della rivoluzione del sapere, smettendo di essere dei meri depositi e permettendo così alle persone di imparare per tutta la vita.

All’epoca infatti l’accesso agli scaffali era consentito ai soli bibliotecari, ai quali occorreva quindi rivolgersi per ogni richiesta che veniva evasa servendosi di un catalogo rilegato utilizzato anche come archivio. Questi cataloghi si basavano in genere su una classificazione che rispecchiava quella utilizzata dal poeta Callimaco nel III secolo a.C per archiviare gli oltre 400 mila rotoli della biblioteca di Alessandria.

Questa modalità di disposizione dei libri venne abbandonata durante il Rinascimento: per poter ottimizzare lo spazio e far fronte al crescente numero di libri (tutta colpa di Gutenberg), questi venivano posizionati in base alla grandezza (fisica) del volume. E’ facile intuire come fosse necessario il lavoro di un esperto per reperire un libro in una biblioteca.

In Melvil nacque dunque la volontà di democratizzare la conoscenza democratizzando le biblioteche. Il metodo utilizzato però, oltre a fornire un sistema unico e universale, avrebbe dovuto permettere a chiunque di individuare il volume cercato in base a una mappa dello scibile che fosse ben condivisibile. L’obiettivo era quindi di trasformare una mappa della biblioteca in una vera e propria mappa di idee, così come proponeva Cicerone per il suo palazzo della memoria.

Partendo dalla classificazione della conoscenza in tre aree (storia, poesia e filosofia) proposta da Francis Bacon, Melvil abbracciò la visione hegeliana di primato della filosofia sulle altre aree della conoscenza (l’Amherst College era di stampo hegeliano in quegli anni).

Così, sfruttando le ricerche e le discussioni effettuate da altri che come lui volevano fornire al mondo un sistema unico di classificazione (Thomas Carlyle, Antonio Panizzi, Charles Coffin Jewett) e collaborando con colleghi della biblioteca e suoi professori mise le basi della classificazione decimale di Dewey. Come guida per la categorizzazione utilizzò i libri di testo che studiava all’università: non c’è dunque da stupirsi che da questo metodo di classificazione emerga una visione del mondo e della struttura della conoscenza che erano quelle insegnate all’Amherst College in quegli stessi anni. Per come è strutturata, la classificazione decimale Dewey da infatti per scontato che la cultura occidentale fosse quella più avanzata e che il cristianesimo costituisse la base di ogni verità.

La scelta di un sistema decimale dipende invece da una vera e propria passione del giovane Melvil. A 16 anni dimostrò la sua infatuazione per i decimali componendo un saggio per la scuola sul sistema metrico e più volte nel suo diario ha confermato il suo disprezzo per il sistema metrico utilizzato ai suoi tempi. Inoltre, a soli 25 anni, fondò l’American Metric Bureau al fine di esercitare pressioni politiche in favore dell’adozione negli Stati Uniti del sistema metrico.

Ma l’intuizione di sposare questa sua devozione con il suo progetto di classificazione scaturì dalla lettura di un pamphlet del 1856 ad opera di Nathaniel Shurtleff intitolato “Un sistema decimale per l’organizzazione e l’amministrazione delle biblioteche“.

Utilizzando i decimali si può così dettagliare un campo della conoscenza all’infinito (sfruttando i campi dopo la virgola). Il problema era però trovare effettivamente mille categorie diverse di pari importanza: provate a catalogare in questo modo le stoviglie della vostra cucina, probabilmente scoprirete che così come avrete “ripiani” ad hoc per forchette e cucchiai, ne avrete creato anche uno per i cavatorsoli per mele. Questo non implica però che gli attribuiate la stessa importanza. Un altro problema in cui si incombe utilizzando i numeri è che questi danno una rappresentazione gerarchica implicita delle cose. Quindi, anche se possiamo aggiungere nuovi punti a destra della virgola, le categorie alla sua sinistra (i numeri interi) rimarranno le più significative (o almeno le prima che si può sperare di ricordare!).

Per non parlare dell’eventuale necessità di inserire un nuovo argomento. Pensate a un bibliotecario degli anni ’80 che si ritrova in mano il primo libro che tratta di informatica. Chi di voi si fosse chiesto perché questa categoria non si trovi all’interno dalla classe 600 (Tecnologia e Scienze applicate)  trova proprio qui la risposta: in quegli anni il 600 era già pieno, così si decise di sfruttare quelli vuoti nello 000 (Opere generali). Così, ad esempio, lo 004 divenne Elaborazione dati e scienza degli elaboratori.

E perché allora non declassiamo la frenologia e invece diamo più spazio al buddismo, giusto per citare una delle tante religioni di origine indiana che finiscono dopo la virgola della divisione 294?

Supponiamo che l‘Online Computer Library Center (OCLC), l’organizzazione mondiale che gestisce la DDC, decida di aggiornare il sistema appianando tutte le ingiustizie derivanti dalla forma mentis del giovane Melvil, chi va poi a spiegare a tutti i bibliotecari del mondo che devono cominciare a catalogare nuovamente tutti i loro libri e spostarli da uno scaffale all’altro?

Il mondo è troppo vario perché un sistema di classificazione funzioni per tutte le culture in ogni epoca.

Purtroppo la mappa del sapere in una biblioteca può assumere una e una sola forma, e ciò non a causa di un limite della conoscenza, ma perché è una legge fisica: un libro può stare fisicamente in un unico posto.

Ovviamente questi limiti vengono abbattuti nel mondo digitale dove, ad esempio, troviamo l’immenso catalogo di Amazon, molto più ampio di quello di qualunque libreria fisica: il mondo digitale permette di non dover catalogare i milioni di libri in una singola sessione, ma di sfruttarne il maggior numero possibile.

Probabilmente quindi non organizzerete mai una cena a tema Dewey, ma la prossima volta che cercate un libro in biblioteca e lo trovate nell’ultimo scaffale in cui avreste pensato di doverlo cercare, non prendetevela con il bibliotecario e tantomeno con il nostro amico Melvil. Piuttosto fatevi un paio di risate ripensando a questa simpatica canzone: The Dewey Decimal Rap!

(trovate il testo qui)

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