
I castagni monumentali: un tesoro a rischio
Sono i testimoni, tutt’altro che muti, di un passato antico. Un passato fatto di sudore e sacrificio, ma anche di tradizioni orgogliosamente tramandate e soddisfazioni semplici, quelle di una vita votata alla fatica. Dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia, dal Trentino Alto Adige alla Sicilia, i castagni monumentali portano addosso il racconto di secoli, il succedersi regolare di innumerevoli giornate di lavoro, le gioie e le sofferenze di generazioni di uomini. Un tesoro oggi più che mai a rischio.

(Credits: Manfred Richter da Pixabay)
Passeggiare tra questi giganti è come fare un viaggio nel tempo, percorrere a ritroso i millenni fino all’epoca romana, quando Castanea sativa – questo il nome scientifico del castagno – fu introdotta e rapidamente cominciò a diffondersi nelle aree collinari dell’intera penisola, segnandone in maniera indelebile il paesaggio e divenendo fonte di sostentamento di estrema importanza per la popolazione delle zone rurali.
I tronchi imponenti e i rami nodosi solennemente protesi verso il cielo dei castagni secolari sono veri e propri musei a cielo aperto. Vi leggiamo le tracce di innumerevoli potature, dell’impegno paziente di uomini che di stagione in stagione ne hanno plasmato la forma attraverso strumenti trasformatisi nel tempo.
Ma vi rinveniamo anche i segni dei cambiamenti avvenuti nel nostro Paese a partire dalla fine dell’Ottocento e in special modo nel secondo dopoguerra, con il progressivo spopolamento delle aree collinari e montane. La castanicoltura si fa meno redditizia e alla dedizione millenaria subentra l’abbandono: molti castagneti storici vengono “divorati” dalle sterpaglie, gli esemplari più antichi, non più curati, sopravvivono a malapena.

(Credits: Foto di Mabel Amber da Pixabay)
Pianta assai longeva, dietro l’apparente solidità il castagno si rivela infatti insospettatamente fragile: mal dell’inchiostro e cancro corticale, entrambi causati da funghi parassiti, possono annientare esemplari enormi, o quanto meno comprometterne la salute in modo molto serio. Ai mali “storici” si aggiunge, da qualche anno, una nuova insidia: la vespa cinese.
Introdotta accidentalmente in alcuni castagneti del cuneese nel 2002, Dryocosmus kuriphilus è un insetto proveniente dall’Asia che, deponendo le proprie uova nelle gemme dei castagni monumentali, provoca gravi danni al fogliame – su cui a primavera inoltrata si formano vistose galle – compromettendo irreparabilmente la produttività delle piante.

(Credits: Couleur da Pixabay)
Se la sopravvivenza dei castagni non è messa in pericolo – fatta eccezione per esemplari già in cattivo stato di salute – non altrettanto si può dire delle economie delle aree collinari e montane. Il rischio è che, conseguentemente al crollo della produzione, l’abbandono della castanicoltura si diffonda anche in aree finora rimaste escluse dal fenomeno, in virtù della buona redditività ancora garantita dalle produzioni di qualità.
Un problema, cui si sta cercando di porre rimedio: la Regione Emilia-Romagna, ad esempio, ha avviato la lotta biologica alla vespa cinese attraverso la diffusione del suo nemico naturale, Torymus sinesis, che ne divora le larve bloccandone la diffusione. I risultati fanno ben sperare, ed è probabile che l’esperienza venga estesa anche in altre aree del Paese.
I giganti soffrono, ma sanno attendere. Con la stessa pazienza degli uomini che, nel corso dei secoli, hanno dedicato loro vite intere.
Grazie ! Una riflessione che mi riempie di gioia e mi fa esprimere gratitudine. Tra me e il Castagno c’è una rapporto molto stretto, Intanto perché sono nato tra i boschi di castagno e cresciuto grazie a loro (mio padre fu commerciante “boschivo” insieme a suo fratello e suo padre); allo stesso tempo è rimasta sempre viva una consonanza “eterica” tra il mio per-sonare e il fruscio delle foglie dei castagni. Segnalo il “bosco delle fate” in località Perlezzi di Borzonasca (GE) e
Grazie ! Una riflessione che mi riempie di gioia e mi fa esprimere gratitudine. Tra me e il Castagno c’è una rapporto molto stretto, Intanto perché sono nato tra i boschi di castagno e cresciuto grazie a loro (mio padre fu commerciante “boschivo” insieme a suo fratello e suo padre); allo stesso tempo è rimasta sempre viva una consonanza “eterica” tra il mio per-sonare e il fruscio delle foglie dei castagni. Segnalo il “bosco delle fate” in località Perlezzi di Borzonasca (GE) e
La gratitudine è tutta mia, e va a quelle persone che hanno dedicato e ancora dedicano tempo e passione a un’attività tradizionale – con tutte le difficoltà che essa comporta – che ha un immenso valore dal punto di vista culturale e paesaggistico, ma anche una fondamentale importanza in termini di presidio del territorio. Provo un’emozione sincera di fronte allo spettacolo che il sapiente equilibrio instauratosi nei secoli nel rapporto uomo-natura ha saputo costruire, e un altrettanto sincera indignazione quando vedo questo equilibrio compromesso dalla miopia di chi non ne sa riconoscere la grandezza (ignorando tra l’altro anche le positive ricadute economiche che uno sfruttamento intelligente delle risorse boschive del nostro Paese potrebbe comportare). La speranza è che possa sempre più diffondersi una sensibilità nuova nei confronti di un patrimonio che è assolutamente necessario proteggere, far conoscere e valorizzare.