Battlestar Galactica Recensione (per gradi) a una serie spaziale


Prima di iniziare questa “Battlestar Galactica recensione per gradi di comando”, lasciami dire che: non è colpa tua.
Hai sempre pensato che la narrazione fantascientifica non fosse il tuo genere. Difficile scrollarsi di dosso l’immagine cinematografica dei film cosiddetti di serie B degli anni 50, costellati di Bem (Bug Eyed Monster: creature mostruose che inizialmente apparvero sulle copertine dei giornaletti pulp e poi divennero icone della cinematografia fantascientifica americana) e dagli effetti speciali a dir poco casalinghi. La fantascienza non è il tuo territorio. Sei solito sorvolare su quella pianura in ricognizione ma mai pronto ad un atterraggio d’emergenza.
Forse non sai che Forbidden Planet diretto daFred M. Wilcox nel 1956 “è l’aggiornamento de La Tempesta di Shakespeare” (J.G. Ballard, Fine millennio: istruzioni per l’uso, Milano, Baldini & Castoldi, p.34). Forse non sai neanche chi è questo Ballard e che nel maggio 1962 sulla rinata rivista fantascientifica New Worlds ha scritto un saggio dalla portata rivoluzionaria: Which way to inner space?.
In quello che allora voleva essere un manifesto alla nuova letteratura SciFi, lo scrittore britannico prospettava che lo spazio e il tempo divenissero metadimensioni. La temporalità doveva perdere la sua linearità e divenire spazio soggettivo, consapevole della sua relatività e al contempo la dimensione spaziale doveva essere introiettata nell’essere umano, nel suo inconscio. Nelle parole di Ballard: “l’unico pianeta veramente alieno è la Terra”.

Battlestar Galactica Recensione per piloti principianti

 
Questo sarà poi il principio anche della fantascienza a venire, in particolare di quella anni 80: il cyberpunk. Per una più esaustiva panoramica della storia della fantascienza nel secolo breve rimando all’ottimo articolo (di qualche annetto fa) del nostro Luca Rasponi.
Dunque, ritornando a noi: metti caso che ti ho convito a farlo, che forse un’ultima chance alla fantascienza la vuoi dare. Ecco, io ti consiglio di iniziare da Battlestar Galactica. E per intenderci non la serie tv andata in onda tra il 1978 e il 1979 ma quella ri-immaginata da Ronald D. Moore nel 2004 – e sì anche questo autore rientra nel club “creo fantascienza perché ho il triplo nome”. Membri illustri annoverati qui sono: H. G. Wells, Edgar R. Burroughs, H. P. Lovecraft, Philip K. Dick, Arthur C. Clarke e così via per una lunga lista).
Ma perché iniziare proprio con Battlestar Galactica, che è un prodotto relativamente recente rispetto agli anni di storia della fantascienza?
Perché? Leggi sotto!

Battlestar Galactica recensione

Battlestar Galactica Recensione in atto (Credits: Syfy, Nbc Universal)

Battlestar Galactica Recensione per piloti avanzati

Forse di fantascienza non sei proprio a secco, ne hai di carburante e il nome della nave da guerra spaziale Galactica non ti è nuovo. Forse sai anche che proprio quella ammiraglia era considerata un ferro vecchio e che l’ordine era quello di smantellarla e adibirla a museo, cimelio di una guerra combattuta decenni fa. Forse però Battlestar Galactica non l’hai mai effettivamente vista ed è nella tua watchlist mentale, perché te ne hanno parlato bene e prima o poi la recupererai.
La prima motivazione per farlo è che ormai da un mesetto è disponibile sulla piattaforma di Amazon Prime, in un momento storico in cui sono iniziati i viaggi privati nello spazio.
Consiglio utile alla visione: Battlestar Galactica è un prodotto televisivo dall’excursus particolare. La serie è formata da quattro stagioni, ma la sua premessa è stata resa in una miniserie da due episodi di un’ora e mezza l’uno. Ricorda di recuperarli prima di iniziare con le stagioni (anche quelli sono su Prime Video, ma in un’altra sezione rispetto alla serie).
Perché salire sulla Galactica e iniziare a navigare nello spazio? Intanto questa serie tv è una delle poche, se non l’unica, a essere stata presentata in un pannello di discussione alle Nazioni Unite. Nel 2009 Battlestar Galactica è stata presa come spunto per avviare una conversazione su alcune problematiche odierne, come terrorismo, tortura, conflitto religioso.
Come ha fatto una serie fantascientifica a essere presa talmente sul serio da essere considerata un ottimo supporto per informare e avviare un discorso su temi di stringente attualità?
Battlestar Galactica nasce con un manifesto (proprio come quelli che scrivevano le avanguardie del primo Novecento). Il testo firmato Ronald D. Moore è a tutt’oggi reperibile online e ha per titolo: Battlestar Galactica: Naturalistic Science Fiction or Taking the Opera out of Space Opera (“Fantascienza naturalistica, o Una space opera senza l’opera”).
L’intenzione dell’autore era quella di creare un prodotto televisivo SciFi che partisse dai presupposti del realismo, non tanto del contenuto quanto nella forma. Una serie che fosse girata coi principi del cinema verité, che avesse personaggi complessi e non stereotipati. Nelle parole di Moore: “Call it ‘Naturalistic Science Fiction’. This idea, the presentation of a fantastical situation in naturalistic terms, will permeate every aspect of our series” (“chiamatela ‘Fantascienza naturalistica’. Questa idea, la presentazione di una situazione fantastica in termini naturalistici, permerà ogni aspetto della nostra serie”).

Così accade che in Battlestar Galactica, la nave ammiraglia della flotta spaziale è al suo interno molto simile a un sottomarino sovietico della Guerra Fredda. I personaggi come l’ammiraglio Adama, la pilota Starbuck, la presidente Roslin, i vari Cylon “numerati” sono ricchi di sfumature e difficili da leggere in un binomio manicheistico di buoni o cattivi.

Visivamente la serie è girata come fosse un documentario: bellissima la sequenza iniziale con camera a mano in una sorta di presa diretta del giro all’interno della nave, con presentazione dei personaggi che si incrociano nei corridoi. L’intento di Battlestar Galactica è quello di donare allo spettatore la propria realtà stravolta in un ambiente sconosciuto, mostrare il familiare per poi renderlo straniante nella sua narrazione.
Il racconto della serie è quello della sopravvivenza di un’umanità ormai decimata, che deve fare i conti con le creature (Cylon, per favore, e non Siloni, come vorrebbe il doppiaggio italiano) che essa stessa ha creato e ha reso così similari a sé. In questa lotta per l’umanità ai confini dello spazio, però, ci si accorge sempre più che il discorso che si sta facendo non riguarda l’uomo e la macchina: certale è il quesito “chi è veramente umano?” . Un classico topos fantascientifico dunque. La differenza in Battlestar Galactica la fa l’approccio: la crudezza del realismo.
La serie ricerca la figura retorica dell’allegoria per parlare di noi come umanità. La propensione è quella di richiamare il reale attualizzando il proprio scenario fantascientifico. Iconica in questo la scena in cui Roslin riceve in carica la presidenza: su uno shuttle, che sembra più che altro l’interno di un aereo, posando la mano su una sorta di Bibbia e giurando. Qui è fortissimo il parallelo per immagini con il giuramento nel 1963 del vicepresidente  degli Stati Uniti, Lyndon B. Johnson, sull’aereo presidenziale di ritorno da Dallas dopo l’assassinio del presidente Kennedy.
Battlestar Galactica ha l’innata capacità di donare alla sua narrazione un’attualità snervante. Più che altro riesce a far emergere la questione esistenziale che un determinato avvenimento sottende. Come ad esempio l’episodio sulla tortura del Cylon, che in breve tempo diventa un trattato giuridico sulla legittimità degli statuti di guerra.

Battlestar Galactica recensione per ammiragli

“Frak it!”
Sappiamo che con questa forma espressiva si può tranquillamente usare un linguaggio esplicito su un emittente televisiva generalista, senza effettivamente giustificare ogni “fuck” che scappa ai tuoi personaggi.
Giunti a questo livello sappiamo benissimo che siamo tutti mezzi Cylon, che la tredicesima Colonia è veramente come diceva Ballard nel 1962: “l’unico pianeta veramente alieno”.
L’ultima nostra preghiera agli dei è che il nuovo Battlestar Galactica a firma Sam Esmail non faccia danni. Si sa ancora poco: non ha una data di uscita ma si sa che uscirà sulla piattaforma Peacock. Sam Esmail, il pluripremiato produttore esecutivo di Mr Robot e Homecoming ha già rassicurato che non vuole “mess with perfection” ( “interferire con la perfezione”). La nuova serie della Peacock non sarà un remake ma una nuova storyline che non intaccherà la mitologia di Battlestar Galactica.
E noi sappiamo quanto sia fondamentale per la serie la sua idea di misticismo della creazione. Sappiamo che gli uomini sono politeisti e che le macchine invece monoteiste. E questo anche perché le ultime hanno un creatore, i primi invece si avvicinano più alla teoria del caos.
Sappiamo come questo conflitto religioso sia il riflesso di un processo identitario, che qualifica i due gruppi a scontrarsi per affermare la loro idea di civiltà. Sappiamo anche che Battlestar Galactica centra appieno la problematica del colonialismo e ne dipana tutte le ramificazioni. I sopravvissuti dell’umanità sono, in fondo, tutto quello che rimane delle 12 colonie.
E come ricorda Ronald D. Moore: “They are you and me” (“loro sono tu e io”).

3 Comments

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  1. Piero

    Una specie di “Grande Fratello” (nel senso del reality show) della pseudo fantascienza. Interminabile, incoerente, noioso, in breve: senza arte né parte. Un solo grande risultato: riesce nella ragguardevole impresa di fare peggio della serie originale degli anni 70. In confronto i “b-movies” di Lucio Fulci sono Star Wars.

  2. Guido

    Una serie dai grandi potenziali, ma indirizzata ad essere ideologicamente intollerabile: i cylon hanno tentato l’estinzione dell’umanità e da ciò non si può prescindere, insanabilmente; a definire tale l’umano non sono solo psciche ed intelletto (come insinuato nelle trame), ma il suo ancestrale emergere dalla necessità e dal caso, in mera terrena natura. Sono fatti radicali che rendono frustrante notare come l’autore miri, in un crescendo, a creare connivenze, commistioni, tragiche empatie tra umani e cylon di cui l’escursus del peggior traditore dell’umanità, Gaius Baltar, è emblematico anche nel finale.

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