La popolarità e la rielezione di Trudeau messe a rischio dai media


Dopo il 2015 e dopo i 9 anni di governo del conservatore Stephen Harper, il Canada aveva bisogno di un cambio radicale, di politiche più liberali, di una identità politica più dinamica che non rimanesse indietro rispetto alle spinte in materia di diritti civili e sociali che cominciavano a farsi sempre più forte da parte della popolazione. È a questo punto che Justin Trudeau è entrato in scena, proponendosi come l’incarnazione autentica dei valori liberali perseguiti in questi anni.

Durante questi anni e durante il suo governo, ha abilmente sfruttato la sua immagine per creare un mito di se stesso. I veri artefici di questo mito sono stati però i media che, in un’epoca che Stephen Marche definisce “virocracy”, possiedono il potere immenso di diffondere un’immagine o un’idea e farla persistere in maniera proporzionale alla sua popolarità o alla grandezza dello scandalo provocato.

Finora questa tendenza contemporanea aveva giocato a favore di Trudeau, portando il suo sorriso smagliante, il sostegno alle cause LGBTQ+, le sue promesse di impegno sociale nei confronti delle minoranze, di accoglienza degli immigranti e di salvaguardia dell’ambiente su tutti gli schermi. Le poche gaffe commesse in questi anni sono riuscite a rimanere marginali e a non minare la sua figura: un viaggio in India in cui si vestì con vestiti tipici senza che fosse richiesto, mettendo così in dubbio la sua serietà, oppure lo scandalo SNC-Lavalin, dove Trudeau si sarebbe intromesso a favore di una compagnia di ingegneria canadese, sotto processo per corruzione in un progetto in Libia.

Le ultime notizie diventate virali però minacciano di infrangere la sua immagine nel momento in assoluto meno adatto della sua carriera politica, ovvero durante la campagna elettorale per il nuovo mandato di primo ministro. Due fotografie dell’ancora premier, una risalente all’adolescenza dove  è ritratto con una parrucca e la faccia truccata di nero, l’altra mostrando un Trudeau già adulto e professore con turbante e trucco, hanno svelato in maniera drastica l’identità piena di contraddizioni di Trudeau.

Le fotografie mostrano un atto, quello di truccarsi secondo il cosiddetto blackface o brownface, che è considerato estremamente razzista, soprattutto nel nord America, nonostante venga ancora praticato in alcuni paesi europei e del sud America, mascherato come tradizione culturale. Il blackface è offensivo e non un “travestimento” ingenuo, nella misura in cui ripropone una pratica passata, di esplicita e pubblica presa in giro di matrice razziale, in un momento storico in cui le persone di colore stavano combattendo, perdendo anche la vita, per avere gli stessi diritti civili dei bianchi.

Justin Trudeau si è presentato davanti alle telecamere senza una giustificazione, chiedendo perdono per delle scelte che mai aveva ritenuto potessero essere offensive. Nonostante mostrare la propria vulnerabilità e fallibilità come essere umano, ammettendo e assumendo la responsabilità per gli errori del passato sia una cosa lodevole, molti giornalisti e commentatori hanno sottolineato il fatto che la carica di primo ministro non è fatta per lavorare su se stessi e sui propri errori dei passato.

La credibilità di Justin Trudeau potrebbe quindi essere stata intaccata in maniera irreparabile e compromettere la sua rielezione, dopo la drastica diminuzione di consensi in seguito a questo scandalo. I media, che erano stati la sua fortuna, ora giocano contro di lui. Saranno solo i canadesi, tuttavia, e non l’opinione pubblica mondiale, a decidere se il primo ministro merita la rielezione dopo queste rivelazioni sul suo passato.

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