Immunità a Salvini, suicidio politico del Movimento 5 Stelle?


Il voto che nei giorni scorsi ha concesso l’immunità a Salvini dal processo per il caso Diciotti rischia di essere una pietra tombale per il Movimento 5 Stelle. Perché il principio dell’uguaglianza di tutti di fronte alla legge, senza scorciatoie per parlamentari e componenti del governo, è fondamentale per il Movimento fin dalle sue origini.

Di conseguenza, a molti elettori e militanti della base pentastellata questa decisione sembra non essere andata giù. Ma facciamo un passo indietro per capire in quali condizioni è maturata questa scelta, per poi capire le sue potenziali conseguenze future.

Riuscirà un movimento nato dalla contestazione totale, che ha fatto del purismo il suo marchio di fabbrica, a reggere l'urto dei compromessi e le svolte di questi anni? Forse i cambiamenti annunciati da Di Maio potrebbero aiutare. Oppure potrebbero segnare un passo ulteriore verso la fine del Movimento 5 Stelle.

Dall’avviso di garanzia ai quesiti contestati

La vicenda della Diciotti – un pattugliatore della Guardia costiera italiana – comincia a Ferragosto del 2018, quando la nave della Marina Militare salva 177 migranti nel mar Mediterraneo. In applicazione dell’intento del ministro Salvini di “chiudere i porti”, la nave resta ormeggiata al porto di Catania senza che nessuno ne possa scendere, nonostante vengano ripetutamente segnalate le condizioni critiche dei migranti a bordo.

Solo il 26 agosto all’intero gruppo è concesso di raggiungere la terraferma: ma nel frattempo la procura di Agrigento ha già aperto un’indagine per sequestro di persona e abuso d’ufficio. Quando due settimane dopo Salvini riceve formale comunicazione del procedimento a suo carico, con un colpo di teatro che in molti ricorderanno apre la busta contenente l’avviso di garanzia in diretta Facebook.

Arriviamo così alla vigilia del voto sull’immunità a Salvini, che il Movimento 5 Stelle fa precedere da una consultazione telematica sulla piattaforma Rousseau. Ma in casa M5S tira un’aria tutt’altro che serena, come dimostra l’ironia del fondatore Beppe Grillo sulla complessità quasi contraddittoria dei quesiti proposti a chi vota online.

Doppia votazione e polemiche

Dopo una giornata travagliata, con il server di Rousseau che salta ripetutamente – a quanto si sa per il troppo traffico simultaneo – nella serata di lunedì 18 febbraio arrivano i risultati della consultazione: su 52.417 partecipanti il 59% (30.948) ha votato per concedere l’immunità a Salvini, mentre i contrari si sono fermati al 41% (21.469).

Segue il giorno dopo la votazione da parte della Giunta per le elezioni e le immunità del Senato presieduta dal forzista Maurizio Gasparri, che conferma l’esito atteso. Riconosciuta l’immunità a Salvini, che oltre ai voti di Lega e 5 Stelle può contare anche sul sostegno di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Autonomie, mentre votano contro Partito Democratico, Liberi e uguali e l’indipendente Gregorio De Falco.

L’atmosfera, già incandescente, si surriscalda ulteriormente quando all’uscita dall’aula i componenti della Giunta trovano un gruppo di senatori del Pd che contestano l’esito della votazione. Lo scontro diventa totale quando il senatore Mario Giarrusso (5S) risponde ai democratici con il gesto delle manette, riferimento non troppo velato ai genitori dell’ex leader Matteo Renzi agli arresti domiciliari.

I prossimi passi

Salvo clamorose sorprese, la votazione della Giunta sarà confermata entro 30 giorni da quella del Senato, concedendo di fatto l’imunità a Salvini dal processo sul caso Diciotti. Restano da vedere le conseguenze di questa vicenda da un lato sul governo, dall’altro sul Movimento 5 Stelle.

Immunità a Salvini: il governo giallo-verdeDopo questo “atto di fede”, la tenuta dell’esecutivo non sembra più in discussione. Con qualche concessione sui dossier cari agli alleati, a cominciare dalla questione Tav, Salvini dovrebbe riuscire a traghettare il governo fino alle europee, per poi valutare il da farsi in base all’esito del voto.

Ma la domanda più grande rimane aperta, perché come ha sintetizzato molto bene un grande ex – il sindaco di Parma Federico Pizzarotti – il M5S sta venendo meno un giorno dopo l’altro ai principi e alle battaglie fondamentali che hanno dato vita al movimento.

Che ne sarà dei 5 Stelle?

Non è questione di additare al “tradimento”, constatare un fisiologico adeguamento alle esigenze di governo o registrare un legittimo scostamento tra promesse elettorali e azioni concrete (aspetti sui quali peraltro il Movimento ha sempre contestato duramente chiunque, e dunque non può aspettarsi niente di meno).

Non è solo questo: è proprio un mutamento genetico evidente a tutti, prima di tutto alla base pentastellata e a pezzi via via sempre più larghi dell’elettorato 5 Stelle, che in effetti sta perdendo vistosamente terreno nei sondaggi proprio in favore della Lega.

Riuscirà un movimento nato dalla contestazione totale, che ha fatto del purismo il suo marchio di fabbrica, a reggere l’urto dei compromessi e le svolte di questi anni? Forse i cambiamenti annunciati da Di Maio potrebbero aiutare. Oppure segnare un passo ulteriore verso la fine del Movimento 5 Stelle.

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