Servizio sanitario nazionale, 40 anni e un futuro incerto


Il Servizio sanitario nazionale, nato nel dicembre del 1978, compirà 40 anni nei prossimi giorni. Dopo aver garantito all’Italia quattro decenni di assistenza pubblica e accessibilità universale alle cure, tuttavia, già da qualche anno il sistema mostra evidenti segnali di sofferenza.

Inasprite dalla crisi economica, le difficoltà del Servizio sanitario nazionale sono riconducibili al progressivo smantellamento dei sistemi di welfare in atto nei Paesi economicamente avanzati, che costringe a interrogarsi sulla loro sostenibilità per gli anni a venire.

Servizio sanitario nazionale: 40 anni che si sentono

Con la creazione del Servizio sanitario nazionale «è stato affermato un principio, quello dell’universalità dell’accesso alle cure, dal quale è impossibile ormai fare marcia indietro, ci si può solo chiedere come proseguire nella sua difesa».

Con questa dichiarazione, rilasciata all’agenzia Dire, il presidente dell’Istituto superiore di sanità Walter Ricciardi ha sintetizzato il valore rappresentato dal Servizio sanitario nazionale, «un’opportunità estesa realmente a milioni di cittadini che oggi non è scontato poter continuare a offrire».

Proprio perché il Servizio sanitario nazionale è un patrimonio inestimabile, ma come ogni conquista non è acquisito una volta per sempre, il quarantennale dev’essere occasione per riflettere sul futuro del sistema, attraverso momenti di confronto come quello promosso nelle scorse settimane dall’Ausl Romagna.

Servizio sanitario nazionale: quali problemi

Coordinando i lavori del convegno, il presidente della fondazione Gimbe Nino Cartabellotta ha illustrato le conclusioni del 3° Rapporto sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, evidenziando tra l’altro i quattro fattori che mettono a rischio la sostenibilità del sistema.

Il primo è il definanziamento pubblico: anche se in termini assoluti le risorse aumentano di anno in anno, i fondi stanziati per la sanità in rapporto al Pil calano costantemente dal 2009. Anche i nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea), approvati nel 2017, si stanno dimostrando problematici, dal momento che il rapporto costi/benefici delle prestazioni individuate come essenziali si sta rivelando non ottimale.

Sprechi e inefficienze rappresentano il terzo fattore di crisi, “bruciando” ogni anno un quinto dei fondi destinati alla sanità pubblica. Quarto punto dolente l’espansione incontrollata dei servizi integrativi: il privato, infatti, nel tempo ha tratto vantaggio sia dagli squilibri emersi nel sistema dell’accreditamento che da una gestione penalizzante per i professionisti del settore pubblico.

Servizio sanitario nazionale: prospettive future

Stimando il fabbisogno di risorse per il Servizio sanitario al 2025, il rapporto Gimbe evidenzia un gap di 20 miliardi di euro tra i fondi che saranno presumibilmente stanziati seguendo il trend attuale e quelli realmente necessari al funzionamento del sistema.

Urge quindi una cambio di rotta, non solo per quanto riguarda l’entità delle risorse destinate, ma mettendo in campo una serie di misure che la fondazione ha riassunto nei dodici punti del Piano di salvataggio per il Sistema sanitario nazionale.

Purtroppo, però, i segnali per il momento non sono incoraggianti: dopo una prima valutazione positiva della nota di aggiornamento al documento di economia e finanza recentemente approvato dal Parlamento, lo stesso Cartabellotta ha espresso perplessità per l’assenza dalla manovra di risorse per i rinnovi contrattuali del personale sanitario, lo sblocco del turnover e l’eliminazione del superticket.

Dopo quarant’anni di vita, dunque, il Servizio sanitario nazionale si trova ad affrontare una sfida da cui dipende la sua stessa sopravvivenza. Una sfida che la politica non si può più permettere di rinviare, e che richiede il ritorno della sanità in cima alla lista delle priorità.

In particolare è necessario restituire centralità al concetto di pubblico, sia come possibilità di accesso universale alle cure sia come modalità di finanziamento del sistema attraverso la tassazione. Perché senza il contributo di tutti la sanità pubblica muore. E se la sanità non è più pubblica, non è più per tutti.

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