Carlo Giuliani, il ragazzo di Genova a fumetti


Giuliano e Haidi, padre e madre di Carlo GiulianiPoesia e orrore. Il fumetto può essere questo. Perché la vita è questo. E lo ha dimostrato il 20 luglio 2001 a Genova, quando un ragazzo di appena 23 anni è andato incontro a una morte violenta, ingiusta e atroce. Quel ragazzo era Carlo Giuliani, e la sua storia hanno provato a raccontarla, con parole e immagini, Francesco Barilli e Manuel De Carli per l’editore Becco Giallo.

Il volume non è esattamente una novità, essendo uscito nel 2011, a dieci anni dai fatti di Genova. Allora perché parlarne ora? Perché proprio in questi giorni, precisamente sabato scorso, il graphic novel è stato presentato da Barilli e Haidi Giuliani (madre di Carlo) di fronte a un pubblico gremito e attento alla biblioteca Baldini di Santarcangelo di Romagna (Rimini).

L’incontro, organizzato dall’ANPI di Santarcangelo nell’ambito di un’attività ricca e significativa sul territorio, è il solo il primo di due appuntamenti dedicati al fumetto e alla riflessione su alcuni tra i momenti più bui nella storia del nostro Paese.

Il prossiCarlo Giulianimo, in programma sabato 15 ottobre alle 17 sempre alla Baldini, sarà dedicato ai volumi Piazza Fontana e Piazza della Loggia, presentati dagli autori Francesco Barilli e Matteo Fenoglio insieme a Manlio Milani (presidente dell’associazione dei Caduti di Piazza della Loggia) e Claudia Pinelli, figlia dell’anarchico Pino ucciso il 15 dicembre 1969 alla Questura di Milano durante le indagini sulla strage.

Cosa lega questi tre momenti della storia italiana così diversi e lontani tra loro? All’apparenza poco o nulla, ma a ben vedere molte cose. La violenza, in primo luogo. E poi il ruolo dello Stato, delle forze dell’ordine e dei pubblici poteri in generale: distante, carente, assente nel migliore dei casi; colpevole, deviato, indegno di fiducia nel peggiore.

Questo emerge, con forza, anche dal volume Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova, che prova a fare chiarezza su un episodio quanto mai controverso con l’evidente limite di non poter sostituire un processo che non si è mai celebrato, almeno in Italia: quello per l’omicidio del giovane a piazza Alimonda.

Carlo Giuliani. Il ribelle di GenovaProprio così, perché con l’archiviazione del carabiniere Mario Placanica disposta nel 2003 dal Giudice per le Indagini Preliminari Elena Daloisio, la giustizia italiana ha detto l’ultima parola sulla morte di Carlo Giuliani. Lasciando che fosse la Corte di Strasburgo, con due sentenze, a pronunciarsi sul caso.

Un caso che Barilli e De Carli ripercorrono con la consueta precisione dei titoli Becco Giallo. Andando a sviscerare l’orrore per quell’uso indiscriminato della forza bruta che ha portato ai fatti della Diaz, a Bolzaneto. Raccontando le tesi della difesa e quelle dell’accusa.

Ma raccontando anche, e soprattuto, chi era Carlo Giuliani. Riuscendo a rendergli giustizia, a trasmettere il messaggio della sua vita e il senso delle sue scelte. Con una delicatezza quasi impossibile, contrapponendo la poesia all’orrore.

Accompagnati dal padre Giuliano, dalla madre Haidi, dalla sorella Elena e dalla testimonianza di chi ha conosciuto Carlo, scopriamo la sua storia, il suo modo di essere, le sue idee. Idee di altruismo e di cambiamento, di passione per la Resistenza e di incapacità a di girare la testa di fronte a un’ingiustizia.

Elena, sorella di Carlo GiulianiCome personaggi di un monologo, i familiari di Carlo si susseguono su un palco senza scenografia, accompagnati soltanto dagli oggetti che il giovane aveva con sé negli ultimi istanti della sua vita: il passamontagna, un rotolo di nastro adesivo, l’estintore.

Oggetti che abbiamo visto e rivisto nelle foto, nei video, nelle ricostruzioni, e che hanno contribuito a fare di Carlo – nell’immagine che ne hanno dato i media – un facinoroso, un agitatore, un violento. Quegli stessi oggetti che nelle mani dei suoi genitori e di sua sorella diventano totem, feticci di una persona che non c’è più, rivelando legami inestricabili tra verità e menzogna, tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Carlo Giuliani, ragazzo. Diceva così il graffito che quel giornò ribattezzò piazza Alimonda. Forse bastava questo. O forse no, perché tanto di più dicono le parole di Elena nel ricordare il fratello: «Noi spesso abbiamo paura di conoscere l’altro per il timore di scoprire le nostre debolezze, i nostri limiti. Carlo ha scelto l’umanità. Non aveva paura del prossimo, del diverso, faceva amicizia con tutti, col solo denominatore comune della tolleranza e del rispetto».

E ancora di più dicono le parole di Carlo: una poesia di fronte all’orrore.

So bene che nulla di ciò che sto per dire
avrà qualche valore, né mi servirà a fuggire
da quella triste morte che mi sta lì ad aspettare
e altro non attende ch’io finisca di parlare.

Eppur forte, dentro me, sento la necessità
di raccontare a tutti voi quel che avvenne in realtà:
a
gii consapevole di quello che accadeva,
quel giorno lontano, ricordo, pioveva.

Non sono qui per chiedervi né vita né perdono
ma per mostrare a tutti chi veramente sono
non un assassino, un ladro o un traditore
ma un essere qualunque, con una testa e un cuore.

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