Austria’s presidential elections, and the end of politics*


*as we have known it.

The surprising battle between a populist-right and an environmentalist candidate in the Austrian presidential elections epitomizes the end of predictable class politics. Are we finally entering an era of political instability?

National and international newspapers could not quite believe what they were witnessing on the evening of April 24th. Norbert Hofer, candidate of the populist-right Freedom Party, performed an outstanding victory in the first round of Austria’s presidential elections, leaving the second ranked candidate Alexander van der Bellen from the Greens almost 15% behind. The traditional socialist and conservative candidates only came fourth and fifth and were visibly disappointed, tired, puzzled: Being “mainstream” looks different.

This result was remarkable especially for two reasons. First, no-one had anticipated such an outcome. Opinion pollsters had expected a comfortable lead for the Green intellectual van der Bellen and a close draw for ranks two and three. Yet, not a single poll had seen the right-wing anti-immigration Hofer emerge as winner, let alone by such a margin.

Second, in a country where the established left and right, SPÖ and ÖVP, have dominated the political sphere since 1945 and nominated the (ceremonial) President ever since, their defeat shows the degree to which they have lost control of their old electorate. Workers as well as middle classes have turned from their long-standing representatives to the extreme right.

The Austrian Chancellor Werner Faymann was the first to experience how real the impact of the new Realpolitik has become. Under sustained pressure from within his own party, the mainstream socialist SPÖ, he resigned from office to make a restructuring of his damaged party and the coalition government possible. Yet, did the latest election result really come out of the blue?

From losers to choosers

Not entirely. Austria’s presidential elections demonstrate an underlying dynamic that has already been building up over the past decades: Voters are no longer predictable holders of ideologies who follow certain voting patterns. They have become choosers of issues and politicians. If political parties are the products offered in a supermarket, then voters are the customers who want to satisfy their needs. Economic security, immigration, welfare, education, the shopping list is endless.

This is a problem for the establishment: Since it is no longer able to rely on the loyalty of voters, unpopular reforms or dire economic outlook can cause large vote outflows to protest parties. If we think of the recent financial crisis and the continuous migrant flows, it seems needless to say that governing parties have already seen easier times attracting electoral support. Even second-order elections such as for the head of state have become fierce competitions between moderates and populists.

How does this trend help us explain Austria’s downfall of the traditional party cartel? It shows that when people are deeply dissatisfied with the current state of the country – at unprecedented unemployment levels there is something to be unhappy about – they no longer consider the established SPÖ or ÖVP but go for the extremes. In fact, research has shown that those dissatisfied with the performance of the Austrian government, often the “losers” of society, tend to vote for the Freedom Party.

Several times during his campaign, the populist Hofer stressed his willingness to exert control over the governing parties and even dissolve the government if it cannot deliver the desperately needed reforms. In times of considerable public dissatisfation, his claim resonated in the population. Even more so, it laid the foundation for his electoral success. The choosers decided, the establishment lost.

Europe’s shifting political landscape

Other countries have made similar experiences. In Southern Europe where the sovereign debt crisis hit the population particularly hard, the far-left could profit from people’s misery: Syriza in Greece, the Five Star Movement in Italy or Podemos in Spain. In the North, however, the refugee crisis fuelled votes for the right: AfD in Germany, the National Front in France, or again the Freedom Party in Austria. Established mainstream parties have come under distress.

So, can we speak of a new political uncertainty in Europe? No, this description would probably be too drastic. Politics as a whole has not become uncertain because elections are still able to represent the will of the majority and democratically produce presidents and governments. However, votes have: Parties can no longer take a certain voter stock for granted. Consequently, a new pluralism in European party systems overthrows our expectations about how politics ought to work. Austria is no exception to this shift.

In the final round of the presidential elections on May 22nd, the (formerly) mainstream parties will only be spectators to the battle. If they do not adapt to popular demands soon, they might even become secondary actors to the entire political discourse: Just like their European neighbours, Austrian voters are no longer easy to please. Overall, this is not necessarily bad. In a lively democratic society, increasing political competition can only be welcomed.

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(versione italiana)

Le elezioni presidenziali in Austria e la fine della politica*

*così come l’abbiamo conosciuta

Lo scontro sorprendente fra una destra populista ed un candidato dei Verdi nelle elezioni presidenziali austriache incarna la fine di una classe politica prevedibile. Stiamo entrando definitivamente in un’era di instabilità politica?

Giornali nazionali ed internazionali hanno faticato a credere a cosa è successo davanti ai loro occhi la sera del 24 aprile. Norbert Hofer, candidato del partito populista di destra FPÖ (Partito della Libertà austriaco), ha portato a casa una vittoria straordinaria nel primo turno elettorale delle presidenziali in Austria, distanziando di un 15% il candidato avversario dei Verdi, Alexander van der Bellen, arrivato al secondo posto. I candidati tradizionali dei socialisti e dei conservatori sono arrivati solamente al quarto e quinto posto e visibilmente delusi, stanchi e sconcertati: non proprio l’aspetto di chi è “mainstream”, insomma.

Questo risultato è stato eccezionale soprattutto per due ragioni. La prima è che nessuno si era figurato un esito simile. I sondaggi d’opinione si aspettavano un netto vantaggio dell’intellettuale dei Verdi, van der Beller ed un distacco minimo fra il secondo ed il terzo arrivato. Tuttavia, nemmeno un sondaggio aveva prospettato che Hofer, della destra anti-immigrazionista, emergesse come vincitore, men che meno con un margine tale.

La seconda ragione è che, in un paese dove le ben definite destra e sinistra, SPÖ (Sozialdemokratische Partei Österreich – il partito socialdemocratico austriaco) e ÖVP (Österreichische Volkspartei – il partito popolare austriaco) hanno dominato la sfera politica dal 1945 e da allora hanno nominato (pro-forma) il presidente, la loro sconfitta mostra fino a che punto hanno perso il controllo del loro elettorato. I lavoratori così come la classe media hanno abbandonato i loro rappresentanti politici di sempre a favore dell’estrema destra.

Il cancelliere austriaco Werner Faymann è stato il primo a provare quanto reale l’impatto della Realpolitik sia diventato. Sotto forte pressione da parte del suo partito, il socialista tradizionale SPÖ, si è dimesso dalla sua carica per ricostruire il suo partito malridotto e rendere possibile una coalizione di governo. Ma davvero l’ultima elezione ha colto tutti di sorpresa?

Da perdenti a troppo intraprendenti

Non completamente. Le elezioni presidenziali in Austria dimostrano una dinamica di fondo che si è andata costruendo nei decenni passati: l’elettore non è più un sostenitore prevedibile di ideologie che vota secondo certi schemi. Gli elettori sono diventati intraprendenti nella scelta di questioni primarie e di politici. Se immaginiamo i partiti politici come prodotti esposti in un supermercato, allora gli elettori sono i clienti che vogliono provvedere ai propri bisogni. Sicurezza economica, immigrazione, benessere, istruzione, la lista della spesa è infinita.

Questo è un problema per la classe dirigente: non essendo più possibile contare sulla lealtà degli elettori, delle riforme impopolari o delle prospettive economiche disastrose possono causare un ingente passaggio di voti ai partiti di protesta. Se si pensa alla recente crisi finanziaria ed ai continui flussi migratori, non c’è bisogno di dire che i partiti al governo hanno vissuto tempi migliori per quanto riguarda la facilità di attrarre il supporto dell’elettorato. Anche delle elezioni di secondo piano come quelle per decidere il capo di stato sono diventate competizioni feroci tra moderati e populisti.

Come può questo trend aiutarci a spiegare la caduta del cartello tradizionale di partiti in Austria? Mostrandoci che quando le persone sono profondamente scontente della situazione presente del paese – con livelli di disoccupazione senza precedenti, c’è davvero qualcosa di cui essere scontenti – queste non prendono più in considerazione i partiti costituti SPÖ o ÖVP, ma decidono di optare per altri più estremisti. Difatti, una ricerca ha dimostrato che coloro che sono scontenti dell’attuale mandato del governo austriaco, spesso i “perdenti” della società, tendono a votare per il FPÖ.

Diverse volte durante la sua campagna elettorale, il populista Hofer ha sottolineato la sua intenzione di esercitare controllo sui partiti al governo e perfino di sciogliere il governo nel caso che non riesca a concedere le riforme disperatamente necessarie. In tempi di notevole scontento pubblico, la sua affermazione ha trovato favore nella popolazione. Non solo, ha anche messo le basi per il suo successo elettorale. Gli elettori intraprendenti hanno deciso, la classe dirigente ha perso.

Lo scenario politico europeo che cambia

Altri paesi hanno avuto esperienze simili. Nel sud Europa dove la crisi imperante ha colpito in maniera particolarmente dura la popolazione, la sinistra estremista è riuscita ad approfittare della miseria della gente: Syriza in Grecia, Il Movimento Cinque Stelle in Italia o Podemos in Spagna. Peraltro nel nord, la crisi migratoria ha alimentato i voti per la destra: AfD in Germania, Il Front National in Francia o, ancora il Partito della Libertà Austriaco FPÖ in Austria. I partiti tradizionali costituiti sono in pericolo.

Si può quindi parlare di una nuova incertezza politica in Europa? No, questa descrizione sarebbe probabilmente troppo drastica. La politica nel totale non è diventata incerta perché le elezioni continuano ad essere il mezzo per rappresentare la volontà della maggioranza e scegliere democraticamente presidenti e governi. Invece i voti sì che sono diventati incerti: i partiti non possono più dare per scontato un numero di voti assicurato. Di conseguenza, un nuovo pluralismo in sistema di partiti europeo capovolte le nostre aspettative riguardo a come la politica dovrebbe funzionare. E in questo cambio l’Austria non fa eccezione.

Nel ballottaggio del 22 maggio, gli ex partiti tradizionali saranno meri spettatori dello scontro. Se non si adattano alle esigenze popolari a breve, potrebbero perfino diventare attori secondari all’interno del discorso politico: esattamente come i loro vicini europei, gli elettori austriaci non sono più così facili da accontentare. In generale, ciò non è necessariamente sbagliato. In una società democratica dinamica, una sempre maggiore competizione politica non può essere che benvenuta.

(traduzione italiana di Giulia Rupi)

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