Millennials al potere


Vi è mai capitato che parlassero di voi, come se voi non foste nella stessa stanza? Che vi definissero senza (forse) capirvi davvero, e che lo facessero con la presunzione di sapere di cosa stanno parlando?

Millennials al pOTERECi hanno chiamati in tutti i modi. Generazione Y, perché siamo quelli che vengono dopo (e definiti da) la Generazione X. Millennials per indicare del Millennio, ok, ma quale? In Polonia siamo la «Generazione Giovanni Paolo II», in Cina  la Generazione Mangia-Vecchi, parassiti che vivono alle spalle della famiglia (dei mammoni insomma, come ci definiscono spesso anche in Italia). In Norvegia, al contrario, siamo la Generazione Seria, quella che ha perso la fiducia nel futuro dopo essersi scontrata, da subito, con disoccupazione, precarietà e stipendi bassi. Dicono che abbiamo le idee confuse, ma sono i primi ad essere confusi su di noi. In Spagna siamo la Generazione Nì Nì (né, né), che non studia né lavora, che non fa nulla insomma; in Giappone i Nagara-Zoku, cioè quelli che, di cose, ne fanno addirittura due alla volta.

Non siamo tutti uguali. Partiamo da questo concetto. Come direbbe Hailee Seinfeld, non ha senso parlare di “la maggior parte“, perché siamo un concentrato di diversità. Ci sono i pigri e ci sono quelli che lavorano mentre studiano per mantenersi. Ci sono quelli che passano tutto il giorno connessi e ci sono quelli che non si sono iscritti a nessun social media. Ci sono quelli che usano la crisi come scusa per non impegnarsi a cercare lavoro e quelli che si reinventano in continuazione per adattarsi ai cambiamenti del mondo lavorativo. Ognuno possiede caratteristiche, valori e livelli di resilienza e proattività differenti.

Ci sono uomini e donne che vogliono fare carriera e uomini e donne che vogliono concentrarsi sulla famiglia. Uomini e donne che vogliono avere figli o che non ne vogliono, che credono nella religione e che non ci credono, che credono nel sistema e che non ci credono, che hanno idee politiche e che non ne hanno. Ci sono persone di tutti i tipi e, onestamente, siamo un po’ stanchi di venir definiti di tutta un’erba un fascio, in particolare quando il fascio è quello negativo e coerente più con l’idea che vogliono avere di noi che di come siamo realmente.

Ma quindi non esistono le generazioni? Non proprio. Possiamo cercare di unirci in base a eventi che hanno segnato la nostra crescita, valori e caratteristiche che sono simili tra di noi e che ci distinguono da quelli che sono nati qualche anno prima o qualche anno dopo. Certo, è davvero complicato nel nostro caso. Andiamo da persone che ricordano ancora come era la vita senza il pc in casa, il suono del modem 56k, i primi cellulari e le cartine dell’Italia in macchina quando si andava in vacanza (che dopo averle aperte non si capisce mai come sia possibile che non si riescano a chiudere nel modo corretto), a persone che del vecchio millennio hanno solo le prime due cifre nell’anno di nascita.

Siamo una generazione ibrida, figlia di due millenni e, in un certo senso, di nessuno dei due. Fatta di persone che vivrà la maggior parte della sua vita nel nuovo millennio, ma che si sente parte di quello vecchio. Come una macchina ibrida, non più solo a benzina ma non ancora davvero elettrica. Siamo un ponte generazionale tra il vecchio e il nuovo millennio, e come tali, potremmo prendere il meglio di entrambe le cose: possiamo vivere in un mondo offline se ce n’è bisogno (perché per quanto ne dicano, ogni tanto anche noi sentiamo il bisogno di vivere offline, magari con qualche gioco di ruolo, un buon libro, una favola, o un fumetto interessante che parlino di noi), ma sanno destreggiarsi con le nuove tecnologie. Per questo, tra tutti i nomi, abbiamo preferito Millennials per il nostro speciale magazine. Perché l’essere a cavallo tra due millenni, e soprattutto che questo accavallamento sia avvenuto nel passaggio tra la nostra infanzia e la nostra vita adulta, è ciò che ci identifica maggiormente.

Siamo nostalgici. Non in senso politico, nel senso che abbiamo proprio nostalgia del passato. È inutile che stiamo a raccontarcela: Cristina d’Avena mica vende un sacco di dischi a caso. Andare al cinema negli ultimi anni è un salto indietro agli anni ’80 e forse è anche colpa del fatto che i registi giovani sono millennials come noi e portano nel grande e piccolo schermo il loro mondo, proponendo remake, sequel e prequel di cult del secolo scorso (non di tutti per fortuna!) o portando quel mondo in prodotti originali.

Questa dicotomia tra vecchio e nuovo, analogico e digitale ci rincorre in ogni aspetto della nostra vita. Utilizziamo le reflex e le ultime tecnologie digitali per la fotografia, ma spesso abbiamo anche guardato con bramosia (o comprato) quelle Polaroid Istantanee tornate in voga.

Siamo nati con la vittoria ai mondiali dell’82 e siamo cresciuti con quella del 2006. Ma abbiamo visto anche la recente sconfitta con la Svezia del 2017 e, se dobbiamo essere davvero sinceri, per quanto ci piaccia il calcio preferiamo anche altri sport. Seguiamo molto di più le olimpiadi, continuiamo a seguire la F1, amiamo il basket, che anche se sembra essere un po’ in crisi, può ripartire con quelli più giovani tra noi

Abbiamo passato la nostra infanzia tra due famiglie: quella reale e quella che è entrata nelle nostre case attraverso il cinema e la televisione. Da entrambe abbiamo acquisito valori e pensieri. Tra i nostri primi amici ci sono stati ET e Sloth, perciò non ci stupisce se siamo una generazione che ama viaggiare e scoprire cose nuove, più tollerante e aperta a ciò che è diverso

Cinema e serie tv (con forse una predilezione leggermente maggiore della seconda sulla prima) sono molto più rappresentative della nostra generazione di molte altre arti. Le utilizziamo per raccontare e ricordare avvenimenti reali, scandiscono i nostri rituali sociali ed entrano nella nostra realtà per farci entrare nella loro.

Siamo confusi alle volte, su questo non c’è dubbio. Ci sentiamo sballottati in un mondo che cambia davvero troppo velocemente, dove le vecchie generazioni ci dicono che dovremmo creare il “posto fisso indeterminato” e la società ci spinge a cambiare ogni sei mesi e a offrire sempre di più ottenendo sempre di meno. Non capiscono che alle volte flessibile non è sinonimo di precario, ma è la strada per inseguire ciò che ci rende felici. Perché se è vero che lavoriamo almeno tre quarti della nostra giornata è giusto che inseguiamo le nostre passioni, qualcosa per cui alzarsi entusiasti la mattina; altrimenti la frustrazione la portiamo a casa, e non va bene.

E alle volte davvero ci sembra di non potercela fare, di volersi arrendere. Ma va tutto bene. I momenti di difficoltà ci rinforzano, e per quanto ci facciano rabbia quelli tra noi che approfittano di questa situazione per sentirsi giustificati a non fare nulla, non siamo tutti così. Non lo siamo davvero.

Essere Millennials al potere non vuol dire solo essere millennials che sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi. Potremmo fare una lista lunghissima di esempi di questo tipo.

Essere Millennials al potere vuol dire anche, e soprattutto, avere potere sulla propria vita e sulla propria strada. Non lasciarsi sballottare dagli eventi esterni, ma crearsi da sé le proprie possibilità. Non arrendersi quando sembra che tutto vada storto, e continuare a combattere e rialzarsi. Vuol dire non lasciare che nessuno ci definisca, se non noi stessi. Vuol dire essere consapevoli che se il mondo non è come lo vogliamo, sta a noi cercare di cambiarlo, un piccolo passo alla volta.

Abbiamo il potere per riuscirci o almeno il dovere di provarci.

Buon compleanno, Discorsivo.

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