“Mamma, come nascono i bambini?” – Come e quando parlare di sesso con i propri figli (e sopravvivere)


Lo speciale di questo mese ha come tema Retrogusto, in onore del locale in cui nacque Discorsivo che, come ormai sapete, proprio in questi giorni festeggia il suo decimo anniversario.

Retrogusto, per me, è un ricordo. Un ricordo a tratti buffo, sconclusionato. Un ricordo che mi ha fatta profondamente riflettere sul come affrontare alcune scelte educative, ora che sono madre.

E, come avrete capito dal titolo, riguarda in qualche modo la fatidica domanda: “Mamma, ma come nascono i bambini?”.

Come nascono i bambini e ciclo mestruale: che c’azzecca?

Il mio ricordo riguarda il giorno in cui mi sono sviluppata. Mia madre, spiazzata dalla precocità del momento (avevo solo nove anni) mi spiegò che “quella cosa” mi avrebbe resa mamma, un domani. Io, che di fare la mamma, all’epoca, sinceramente non mi poteva fregare di meno, ero più terrorizzata dall’idea di non poter fare il bagno in mare. Anche perché ero convinta che quelle perdite mi avrebbero perseguitata ogni santo giorno della mia vita.

Su come, poi, quel sangue mi avrebbe resa genitrice, restava un mistero. Povera la mia mamma, non gliene faccio certo una colpa! Ma questa spiegazione aveva colto nel segno. Tanto è vero che, quando mi chiese se fosse necessario avvisare la mia maestra, nel caso mi sentissi male a scuola, le risposi: “Ma no, la mia maestra è una suora! Le suore non sanno cosa sono le mestruazioni perché non possono diventare mamme!”.

Beh, forse è stato quello il giorno in cui ho capito che non sarei mai diventata una suora. O che sarei diventata una mamma?

Scuola, tecnologia e le origini del mondo

“Ma… come nascono i bambini?”

Da maestra, è una domanda che spesso capita: nella scuola italiana è previsto un ciclo di incontri con esperti sociosanitari per introdurre l’argomento. Questo succede in quinta elementare, con preadolescenti di dieci anni compiuti.

Ora, non vorrei sembrare polemica, ma a dieci anni… è troppo tardi.

I figli che cresciamo, gli alunni a cui insegniamo, vivono – volenti o nolenti – in una società altamente tecnologizzata. Molti utilizzano tablet e cellulari senza avere ancora imparato a parlare. E pensiamo che introdurre il discorso sul come nascono i bambini, a dieci anni, sia sufficiente per prepararli ad affrontare un’adolescenza che – sempre di più – anticipa il suo arrivo?

La maggior parte di questi bambini è già entrata in contatto con scene sessualizzate molto prima della quinta elementare: basti pensare al panorama libero offerto da YouTube o da TikTok.

Se 15-20 anni fa l’approccio a “certi argomenti” poteva essere affrontato con tempi più distesi, oggi non vale più lo stesso discorso.

E allora, cosa fare? Ricorrere alla censura preventiva? Chiuderli sotto una campana di vetro e sperare che il WiFi non funzioni?

Rimuovere temporaneamente l’ostacolo – o credere di rimuoverlo – non è mai una soluzione. Questo non significa lasciare internet accessibile, assolutamente. Nemmeno mollare tablet o telefoni in mano a bambini piccoli (cosa che mi fa orrore, ed è fortemente sconsigliato da pediatri e psicologi). Significa, però, dare gli strumenti necessari affinché il bambino non sviluppi una serie di domande che non hanno avuto risposte dirette e chiare.

Background familiari diversi, una sola domanda: “Come nascono i bambini?”

Come nascono i bambini? Illustrazione di Carola Astuni

Come nascono i bambini? (Credits: Carola Astuni)

Da docente, come è ovvio che sia, pur nella libertà d’insegnamento, non posso scegliere di parlarne liberamente come ho deciso di fare con mia figlia.

Vedendo, appunto, le criticità di questo approccio (a mio parere) tardivo, da genitore ho optato per una strada per me nuova, perché da figlia non l’ho vissuta nello stesso modo.

Mio marito è nato e cresciuto in Mozambico, arriviamo da contesti culturali diversi fra di loro. Tuttavia, nonostante abbiamo ricevuto educazioni differenti, ci siamo trovati d’accordo sul parlare apertamente di sessualità con nostra figlia, fin da piccola.

Una nuova gravidanza è stata l’occasione giusta per iniziare il discorso. Ma come?

Giacomino, dobbiamo parlare

In molti criticheranno questa scelta educativa. Alcuni diranno che i bambini piccoli non sono pronti, che è troppo presto, che può rappresentare uno shock.

Allora, immaginiamoci Giacomino: un bimbetto di otto anni, straconvinto che i bambini nascano sotto un cavolo già nutriti, lavati, stirati e, perché no, anche svezzati e vaccinati.

Di punto in bianco, mamma e papà si rendono conto che è arrivato il momento fatidico: Giacomino, dobbiamo fare un discorso!

Così, due imbarazzatissimi genitori, che fino ad allora avevano alimentato le leggende di cicogne, api e fiori, si ritrovano a sbrodolare e riversare sul povero Giacomino lo scibile umano su apparati riproduttori, spermatozoi, tube di Falloppio ed endometrio. Il tutto condito da un eloquio simil censurato a mo’ Anna Marchesini, nella sua magistrale interpretazione della fantomatica sessuologa Merope Generosa.

Sipario su Giacomino e il suo copioso sudore in viso che, di fronte a tale sbrodolamento di nozioni, sviene.

Sedimentare nel tempo

Spesso succede così: siamo noi genitori che, per primi, abbiamo difficoltà a instradare l’argomento. Dobbiamo fare i conti con i nostri tabù, i nostri vissuti familiari e culturali.

Ma (credetemi) parlarne con bambini molto piccoli è decisamente più semplice: facilita la vita anche ai genitori più timidi e intimoriti da queste tematiche.

I bimbi piccoli non hanno sovrastrutture, ascoltano e recepiscono serenamente senza malizia e nella più totale semplicità. Tutto ciò contribuisce a costruire il “famoso discorso”, evitando di doverlo pronunciare sotto forma di editto più avanti, senza che i bambini abbiano il tempo di digerirlo.

Intervenire su alcuni argomenti in età così precoce ha molteplici benefici.

Vagina e pene, scandalo a corte

Una questione su cui ho particolarmente insistito, è che nostra figlia chiamasse gli organi genitali con i loro veri nomi. Patatina, pisellino, quella-cosa-lì, non sono termini che usiamo in casa: non sono scientifici, contribuiscono a creare un’aura di malizia che negli anni, posso assicurare, viene fuori.

Provate a fare una lezione di scienze in una qualsiasi classe elementare. Al primo cenno della parola “vagina”, ghignetti e sorrisetti imbarazzati faranno capolino sulla quasi totalità dei bambini.

Questo perché succede?

Perché non sono parole a cui i bambini sono abituati: rientrano in un lessico proibito, nascosto e di cui bisogna anche vergognarsi. Quasi fosse una parolaccia. Se direte “vagina” in classe, avrete la stessa reazione dai bambini come se diceste “merda”.

E allora, perché non normalizziamo questi vocaboli? Perché non far entrare queste parole nel linguaggio comune dei bambini?

Mia figlia, due anni e mezzo, dice vagina e pene come se dicesse stomaco o cuore. Sa che sono parti intime, e che differenziano il corpo delle femmine da quello dei maschi. Questo ha generato molto scandalo intorno a noi, perché non sta bene che una bambina dica “certe parole”.

Non è una cosa scandalosa, è scienza. Senza malizia, senza tabù.

"Tutte le femmine hanno la vagina", dice la piccola, scandalizzando la tavolata dei parenti (illustrazione di Carola Astuni)

Una tavola di parenti scandalizzata. Ma la nonna prova a salvare la situazione (Credits: Carola Astuni)

Qualche suggerimento

1. I bambini sono naturalmente curiosi: è importante non smorzare le loro domande, sperando che non le ripropongano prima dei 16 anni. Se non lo faranno, è perché avranno trovato risposte in altro modo, e non è detto che siano informazioni corrette.

2. Non mostratevi imbarazzati di fronte ai loro quesiti. Da veri segugi, i bimbi fiutano lontano un miglio le nostre difficoltà e faranno di tutto per metterci alla prova. Vi faranno le domande più assurde nei momenti più impensabili: in coda al supermercato, prima di spegnere le candeline del compleanno, durante la veglia funebre di nonna Giuditta. Per cui, siate pronti!

3. Se si vuole introdurre l’argomento, si possono cominciare a proporre degli albi illustrati. Ce ne sono di molto belli. Quando i bimbi avranno delle domande, saranno loro a porle.

4. Un altro modo per cominciare a parlarne è utilizzare come pretesto la gravidanza di una persona vicina alla famiglia, se non direttamente della mamma. O, in alternativa, partire dal racconto del viaggio dei famosi nove mesi del bambino stesso.

5. Siate chiari: non usate metafore o immagini astratte. Il neonato non esce dalla pancia così, a caso. Il neonato esce dalla vagina; possiamo dirlo senza tanti giri di parole? Se poi il medico decide, per il bene della mamma e del bimbo, che questo debba nascere dalla pancia, verrà fatto un taglietto. Allora sì che uscirà dalla pancia: ma solo in quel caso!

6. Per citare i miei alunni “Come esce l’ho capito, ma come fa a entrare?”. Ecco, nuovamente un invito alla chiarezza e alla semplicità. Questo benedetto girino che incontra l’ovetto della mamma… possiamo spiegare davvero come? “Mamma e papà si abbracciano tanto/Mamma e papà si stringono forte sotto le coperte/Mamma e papà si amano profondamente” non sono spiegazioni esaustive. Così confonderete ancora di più i bambini. Parliamo serenamente di incontro di pene e vagina.

Per concludere

Le cose da approfondire sarebbero tantissime. Per quanto possibile, ho cercato di tratteggiare una panoramica di quello che vedo e affronto a scuola e in casa. Probabilmente verrò presa per una hippie strampalata, ma il punto è proprio questo: parlare apertamente di una questione considerata tabù renderà libera mia figlia. Libera davvero di scegliere perché avrà gli strumenti per comprendere. Oscurare, negare, zittire e posticipare non sono mai soluzioni, ma tapulli, per dirla in genovese (per i non liguri, significa all’incirca “metterci una pezza”, ma più contorto).

Parlare di sentimenti è forse più semplice: il romanticismo aiuta a mitizzare e a creare immaginazione. Parlare di sesso, quello è difficile. Ci mette di fronte a noi stessi, alle nostre origini. Ci mette di fronte al luogo da cui proveniamo tutti.

E non è per niente facile.

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