La trappola della nostalgia – Il reminiscence bump e la musica nei nostri ricordi


Chi ha mai sentito parlare del reminiscence bump?

In italiano si potrebbe tradurre come “sobbalzo del ricordo”, quella reazione che alcuni stimoli provocano facendo riaffiorare memorie appartenenti a un determinato periodo della propria vita.

Ma questo cosa c’entra con la musica? In realtà, molto. Ma facciamo un passo indietro.

Il reminiscence bump affonda nella nostalgia

La musica, e tutta l’arte in generale, vive di evocazione; evoca emozioni che possono appartenere alla sfera dell’oggi oppure al mondo dei ricordi. E il mondo dei ricordi è da sempre una delle chiavi emotive che ispirano le composizioni in tutte le culture, in ogni parte del mondo.

A tutti gli effetti, nostalgia e malinconia del passato sono, insieme all’amore, i temi e le sensazioni più ricorrenti al centro delle opere artistiche, praticamente senza distinzioni di genere. Già nella musica del passato, grandi compositori come Schubert, Tchaikovsky o Chopin attinsero a piene mani nei territori della nostalgia e nelle tonalità malinconiche, facendone la loro cifra stilistica.

La nostalgia nella musica di oggi

Questa tendenza è arrivata sino a noi, passando attraverso tutto il pirotecnico Novecento e coinvolgendo pressoché tutti i generi e sottogeneri conosciuti. Addirittura esistono veri e propri filoni della musica che vivono di rievocazione: basti pensare per esempio al blues, a un certo tipo di folk americano, per non parlare del tradizionalista e a volte retrivo metal.

Ma se l’arte è da sempre l’altare della libertà per antonomasia, perché questa tendenza a restare legati a riferimenti del passato? E perché sembrano non tramontare mai quei filoni che fanno proprio della rievocazione la propria identità? Non dovrebbe essere naturale l’attrazione verso la novità?

In risposta a queste domande può venirci in aiuto proprio la teoria del reminiscence bump.

Reminiscence bump, “il sobbalzo del ricordo”

Secondo questa teoria, suffragata da diversi studi anche recenti, le nostre preferenze in termini di gusti sono determinate – quando non addirittura condizionate – dalle cose con cui siamo venuti a contatto in un determinato periodo della nostra esistenza. La musica non fa eccezione.

In tal senso, il sobbalzo del ricordo si può definire come quel fenomeno per cui gli eventi e le informazioni che abbiamo incontrato e appreso tra la tarda adolescenza e la prima età adulta (insomma, tra i 15 e i 30 anni) si fissano in maniera più profonda nella memoria e nella sfera emotiva di un soggetto.

Alcuni esperimenti effettuati su diversi campioni di individui hanno utilizzato canzoni e film con diverse date di pubblicazione e di diffusione per vedere quali di questi “accendessero” il sobbalzo del ricordo negli individui selezionati. In quasi tutti i casi questo avveniva nell’ascoltare canzoni o vedere scene di film riconducibili all’infanzia o all’adolescenza.

Inoltre questo fenomeno di reazione avveniva in collegamento di due tipi di ricordo: quello specifico (episodico) e quello generale (semantico), cioè non personale ma legato al vissuto collettivo.

Bitter Sweet Symphony - La canzone dei Verve garantisce un reminiscence bump a molti della nostra generazione

Una scena del videoclip Bitter Sweet Symphony dei Verve, quasi certamente motore di un reminiscence bump per molti millennial (Credits: Hut)

Una sensazione che conosciamo bene

Tutto ciò, a ben pensare, è una dimostrazione sperimentale di qualcosa che conosciamo tutti molto bene. Nella nostra società, musica e cinema sono due componenti praticamente onnipresenti, che ci accompagnano nel quotidiano tingendo con i loro colori ogni momento; ed è assolutamente chiaro che nell’età che va dai 15 e i 30 anni accadono i più grandi cambiamenti della vita: è in quel periodo che formiamo davvero ciò che saremo e l’esistenza che condurremo.

Per questo motivo è chiaro che, al di là delle cause “biologiche” che hanno a che fare con i nostri meccanismi di crescita emotiva, esiste anche una forte componente di costume; è normale restare in qualche modo legati affettivamente alla musica che avevamo nelle orecchie nel periodo nel nostro primo bacio, del giorno dell’esame di maturità o di laurea, di quando siamo andati a vivere da soli.

Ed è quindi sensazione comune di sentirci un po’ più al sicuro quando passa alla radio la intro tamarra di Paradise City dei Guns n’ roses, oppure la stucchevole Bitter Sweet Symphony dei Verve; brani che magari nemmeno mi piacevano quando sono stati pubblicati, ma che ora suonano comunque famigliari e mi fanno canticchiare in macchina.

La musica delle prime volte

Un altro esperimento del genere è stato condotto da Bbc radio 3 sotto la guida della neuropsicologa cognitiva Catherine Loveday, con la partecipazione di numerosi ascoltatori. Un esperimento che ha dimostrato come una specifica musica si fissa più profondamente nella nostra memoria emotiva se ha accompagnato la nascita o la rottura di legami personali. E questo spiegherebbe anche perché proprio la fascia di età tra i 15 e i 30 anni sia quella centrale nella fissazione dei ricordi: semplicemente perché in quel periodo certe cose accadono più frequentemente. O, spesso, per la prima volta.

Ancora: la psicologa della musica Carol Krumhansl ha cercato anche di spiegare il perché di alcuni fenomeni musicali che, nonostante abbiano avuto luogo diverse decadi fa, non smettono di fare parte della memoria delle nuove generazioni. Un caso lampante di ciò continuano a essere i Beatles, per esempio.

Il reminiscence bump intergenerazionale

Ebbene, parrebbe che esista anche un fenomeno di reminiscence bump “a cascata”, cioè in grado di effettuare salti di generazioni, una volta entrati nel tessuto sociale di una collettività: in altre parole, quando un fenomeno culturale diviene intergenerazionale, riesce a riproporsi in maniera indiretta anche per le generazioni successive.

In tal modo, i miei genitori che hanno vissuto l’epoca dei Beatles hanno continuato ad ascoltare (e farmi ascoltare) la loro musica quando io ero nella fascia di età indiziata, facendo sì che i loro ricordi di gioventù diventassero anche i miei ricordi di gioventù, e così via.

Stabilito quanto sia determinante la componente nostalgica legata al ricordo e quanto essa sia più forte in relazione alla fase cui ci riconduce quel ricordo, ci troviamo davanti a un fatto: la rievocazione è una tecnica presente nella produzione musicale dall’alba dei tempi ed è frequentissima.

E come sempre queste tecniche hanno rappresentato sia innovazioni rivoluzionarie, quanto (in altri casi) biechi strumenti per fare facile breccia sulle momentanee voglie di passato del popolo degli ascoltatori.

Nostalgia e innovazione: il caso dell’hip hop e della dance

Fatto salvo lo sconfinato oceano di esempi di quanto la rievocazione del passato sia presente nella discografia mondiale, prendiamo ad esempio un caso estremamente innovativo dell’utilizzo di queste tecniche: il campionamento nel mondo dell’hip hop.

L’hip hop è un genere nato nelle sale da ballo e nelle feste private della East Coast statunitense; pertanto è una musica che nasce innanzi tutto dall’ascolto. I primi dj – da Dj Kool Herc ad Afrika Bambaataa e Grandmaster Flash – inventarono la tecnica del break, con la quale potevano ripetere per un numero di volte indefinito una porzione del brano, solitamente per dare spazio ai ballerini.

Una scena del video di Three Mc's and one dj, dei Beastie Boys

Una scena del video di Three Mc’s and one dj, dei Beastie Boys (Credits: Capitol Records)

Il campionamento

Da qui nasce l’utilizzo creativo del campionamento, che diviene il marchio di fabbrica del genere: si prendono una o più parti di un brano già esistente, o di diversi brani, per “montarli” di modo da creare un nuovo prodotto. Questo concetto ha dato il via a una vera e propria razzia di musica del passato utile al richiamo, alla citazione, alla mescolanza di sonorità, che è tutt’oggi il tratto distintivo del genere.

Un altro esempio riguarda la musica dance; fatto proprio il meccanismo del campionamento, esso viene portato su un piano strettamente funzionale al generare loop e interi brani incentrati sulla ripetizione circolare di una porzione di brano oppure l’intreccio tra diversi di essi.

La trappola della nostalgia

Il fatto è però che, se da un lato l’approccio citazionista è stato di stimolo per invenzioni e innovazioni che hanno dato grande slancio creativo, la rievocazione è stata spesso strumento per “agganciare” l’ascoltatore come un pesce all’amo, proprio sfruttando i meccanismi subconsci come il reminiscence bump.

Il revival è pratica ormai nota. Si tratta di un fenomeno sociale che sfrutta stili ed estetiche appartenenti a decenni precedenti, e che ottiene un successo praticamente automatico. Spesso indipendentemente dalla qualità del prodotto.

Un articolo di Repubblica che parla di revival (quindi, un tema molto legato al nostro reminiscence bump)

Articolo di Repubblica del 1999 (Credits: La Repubblica)

Solitamente l’oggetto del revival è qualcosa di avvenuto 20/30 anni prima, ovvero quando i quarantenni di oggi – che sono quasi sempre il target del revival – avevano vent’anni. Guarda caso proprio la fascia d’età individuata come centrale dagli studi sul reminiscence bump.

Allo stesso modo, nell’era delle playlist, spopolano quelle che ripropongono i successi commerciali degli anni 90.

Il reminiscence bump e la circolarità

E questo gioco di rincorsa circolare non è una novità: lo scorso decennio è stato quello dell’improvvisa rivalutazione dei tanto bistrattati anni 80, come gli anni 90 sono stati il decennio del ritorno di moda dei 70. E questo sembrerebbe un tratto comune che, grossomodo, accomuna musica, cinema, serie tv, moda, e così via.

L’idea di questo argomento mi è venuta qualche settimana fa, quando ascoltando la radio in macchina, passava l’ultimo brano di Tommaso Paradiso, dal titolo (secondo me non casuale) Ricordami.

Tommaso Paradiso e altri nostalgici

Ebbene, il brano – palesemente brutto, non ispirato e vacuo – ha avuto molto ritorno radiofonico: il motivo è che si tratta di un unico grande “richiamo” (per essere buoni) a sonorità trash familiari un po’ a tutte le orecchie – da Mamma Maria dei Ricchi e Poveri alla sigla del cartone animato È quasi magia Johnny.

Senza la rievocazione questo brano sarebbe passato completamente inosservato, ma il ricondurre a melodie, tematiche e passaggi armonici ormai così innervati nelle radici di ciascuno ha sicuramente dato una decisa spintarella ai passaggi radio.

Ora, Tommaso Paradiso si è sicuramente dimostrato seriale in questa tendenza a infarcire di cliché post adolescenziali i suoi brani, ma è di certo in buona e numerosa compagnia (vedi per esempio alla voce Max Pezzali).

Per restare nell’ambito nostrano, esistono poi anche artisti che con le reminiscenze hanno costruito, ieri e oggi, opere di altissimo livello, ma a questo punto arriva la domanda cruciale…

Schiavi del ricordo: perché ci piace… quello che ci piace?

Cosa ci spinge a provare qualcosa ascoltando una canzone? Ciò che stiamo amando lo avremmo amato ugualmente se fossimo cresciuti in un’epoca diversa e con un bagaglio esperienziale diverso? Non esiste una risposta a questa domanda.

Nessuno (nemmeno gli studiosi che si sono occupati del reminescence bump) potrà mai arrivare a una risposta inopinabile al perché ci piace quello che ci piace, perlomeno quando c’è di mezzo il linguaggio artistico. E probabilmente è giusto che sia così. Quello che forse per spirito critico ci si dovrebbe sforzare di fare, è tentare sempre di capire quanto genuinamente stiamo avendo un rapporto emozionale con una canzone, un disco, un film…

Il mercato discografico è, per l’appunto, un mercato. Con le proprie leggi e i propri professionisti, che conoscono benissimo i meccanismi di reazione che genera il nostro ascolto; e il confine tra arte e produzione industriale si fa sempre più labile.

Per lo stesso motivo, anche il confine tra ascoltatori e consumatori va sempre più sfumando. E, talvolta, porsi una domanda può essere utile: “Caro autore, chiunque tu sia, perché stai frugando tra i miei ricordi?”.

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