Il cielo diviso – Christa Wolf


[…] ‘you and I shall be friends’. ‘Why can’t we be friends now? ’ […]‘ It’s what I want. It’s what you want.’[…] But the horses didn’t want it […] the earth didn’t want it […] they didn’ want it, they said in their hundred voices, ‘No, not yet, ’ and the sky said, ‘No, not there.’

(E. M. Forster, A Passage to India)

[…] Un tempo le coppie d’ amanti prima di separarsi cercavano una stella, su cui i loro sguardi la sera potessero incontrarsi. Che cosa dobbiamo cercare noi? – Il cielo almeno non possono dividerlo, – disse Manfred beffardo. Il cielo? Tutta questa cupola di speranza e anelito, di amore e di tristezza? – si invece, – disse lei piano. – Il cielo è sempre il primo a essere diviso.

(Christa Wolf, Der geteilte Himmel).

 

Sin dall’antichità gli uomini hanno osservato il cielo per comprendere i fenomeni naturali e si sono rivolti al cielo alla ricerca di un’Entità superiore da invocare; viaggiatori e marinai hanno seguito le stelle per trovare la via e la direzione giuste. Il cielo sovrasta la terra e sembra un osservatore indifferente a cosa accade sotto di esso e alle emozioni degli uomini.

Il cielo di Forster prende la parola ed esprime un’idea, un monito: non è ancora possibile costruire una società unita sotto lo stesso cielo, troppe sono le differenze che dividono, sarebbe contro natura, e così si esprimono anche le centinaia di voci delle forze e gli elementi della natura stessa.

Il cielo di Christa Wolf è una cupola pulsante di vita ed emozioni che rappresenta l’appartenenza interiore degli uomini a sfere ideali opposte[1], dunque mondi opposti, divisi dalle più diverse motivazioni: ancora prima della costruzione del muro – 13 agosto 1961 – la divisione è tra i singoli individui, il tema della scelta pro o contro il sistema è il filo rosso che percorre la letteratura della RDT negli anni cinquanta.

Il cielo è sempre il primo ad essere diviso, una metafora che esprime quanto il cielo in realtà non sia altro che una proiezione degli stessi protagonisti, del loro vissuto quotidiano, delle loro concezioni, idee, modi di essere frammentati anche senza la pressione della Storia e la comparsa di muri: una metafora che può essere estesa anche a noi stessi e contestualizzata nella nostra epoca.

copertina del libro Il cielo diviso - Christa WolfIl cielo diviso, pubblicato nella DDR nel 1963, narra la storia d’amore tra Rita e Manfred: Rita ha diciannove anni, studia per diventare insegnante e durante la pausa estiva lavora in una fabbrica di produzione di vagoni ferroviari (gli studenti oltre allo studio dovevano imparare a conoscere la realtà sociale e politica attraverso l’esperienza lavorativa); Manfred ne ha trenta, è un chimico. I due giovani provengono da ambienti diversi: Rita da un paesino di campagna, Manfred da un ambiente borghese ed è sempre vissuto in città; sono caratterialmente diversi e affrontano la vita in modo diverso. All’inizio della loro storia d’amore proprio per queste differenze si completano a vicenda; immaginano una vita insieme, sogno che però non realizzeranno, perché pian piano si allontaneranno fino a lasciarsi.

Il cielo diviso di Christa Wolf è molto di più di una storia d’amore, ci offre un quadro della società tedesca negli anni tra il 1959 e il 1961, anno in cui fu eretto il Muro di Berlino. Molti sono i personaggi significativi che ruotano attorno a Rita e Manfred e ognuno a modo suo, rispecchia situazioni e contesti sociali differenti; essi compiono percorsi di vita diversi e riportano successi o insuccessi nel raggiungimento dei propri obiettivi. L’autrice li dipinge con pochi tratti, schizzi che portano alla luce le sfaccettature dei loro caratteri, li identificano come figure positive o negative e lasciano trasparire la realtà sociale e politica nella quale si muovono; essi racchiudono in sé l’essenza e l’esemplificazione di tante altre storie e personaggi simili che si ritrovavano nella vita reale nella Germania di quel periodo storico. La società tedesca e il muro di Berlino costituiscono una scenografia invisibile all’interno della quale Rita e Manfred vivono la loro storia d’amore. La società tedesca, con la sua pesante eredità dalle vicende del recente passato, i conseguenti problemi e il disagio delle giovani generazioni alla ricerca di risposte per capire le scelte delle generazioni precedenti, le difficoltà di una nazione divisa in due – Est ed Ovest – che riflette profonde differenze; il muro  non è descritto né mai apertamente richiamato, quasi come se non esistesse, tuttavia la sua è una presenza incombente, una barriera terra-cielo all’ombra della quale i protagonisti compiono le loro scelte di vita.

La città, la natura, il cielo, i fenomeni atmosferici e soprattutto il vento sono una presenza costante e sottolineano vari momenti nella vita di Rita e Manfred; sono elementi umanizzati, protagonisti secondari, personaggi pulsanti di vita che in punta dei piedi accompagnano i due giovani nel loro percorso di formazione, crescita e metamorfosi, nei momenti romantici e in quelli di crisi. Rita compie il suo percorso di trasformazione, attraverso delusioni e sofferenze: diventa una giovane donna, con coraggio e determinazione compie le sue scelte sia riguardo alla sfera intima dei sentimenti, sia alla sfera sociale e politica. Manfred è un giovane uomo che affronta ogni giorno – oltre ai problemi legati alla sua professione – una realtà familiare densa di conflitti, tensioni e priva di serenità; il rapporto con entrambi i genitori è difficile: la madre ha un carattere forte e predominante, il padre, uno dei tanti reduci di guerra, è un individuo accasciato, dall’orgoglio mortalmente ferito (pag. 46).

Manfred ama Rita ma si percepisce anche un sentimento possessivo; egli realizza la trasformazione che avviene in Rita e il reciproco allontanamento: qualcosa si è spezzato nel loro rapporto di coppia. Manfred compie la sua scelta e si trasferisce a Berlino ovest, Rita lo va a trovare, trascorrono del tempo insieme ma capiscono che non riescono più a comunicare. La loro storia è finita, proveranno dolore ma sarà l’inizio di una vita nuova che entrambi affronteranno in modo diverso, hanno compiuto un percorso di formazione interiore e in loro è avvenuta una metamorfosi: Conoscevano entrambi, adesso, il proprio cammino, ma ne ignoravano il prossimo passo (pag. 194).

La storia ha un andamento circolare, l’inizio e la fine rappresentano la chiusura del cerchio, un punto di arrivo e un punto di partenza evidenziati dalle medesime parole: Ci abituiamo di nuovo a dormire tranquilli. Viviamo senza risparmiarci, come ce ne fosse anche troppa di questa strana sostanza ch’è la vita, come se non dovesse avere mai fine (pag. 7 – pag. 210 con la variante Pareggia tutto il fatto che ci abituiamo […]).

La narrazione ha inizio dal momento finale, dalla conclusione In quegli ultimi giorni di agosto dell’anno 1961 (pag. 8) quando Rita è in ospedale in seguito ad un infortunio avvenuto nella fabbrica dove lavora. Tale episodio accade circa due settimane dopo la fine del rapporto con Manfred. L’autrice non rivela apertamente se Rita subisce realmente un infortunio e insinua il dubbio di un tentativo di suicidio, è il lettore che lo deve scoprire tra le righe: la ragazza si trova sui binari dove sono in transito dei vagoni provenienti da opposte direzioni, perde i sensi e fortunatamente non riporta lesioni: le vere ferite sono la sofferenza per la fine della storia con Manfred e il tormento di non essere rimasta con lui, Rita ha provato a vivere , al suo fianco […]. Ma l’estraneità di quel luogo straniero era rimasta dentro di lei e tale sensazione l’aveva portata alla scelta di ritornare dove sentiva che intorno a lei tutto è calore e intimità.

La narrazione termina con l’immagine di Rita che compie un lungo giro per le vie della città, osserva le finestre illuminate e talvolta guarda attraverso ad esse e coglie i momenti di intimità di vita familiare, è quasi sera e La giornata, la prima giornata della sua nuova libertà, è quasi finita.

Il racconto della Wolf è denso di imagery e simboli. Ad esempio i vagoni che Rita vede arrivarle addosso possono essere interpretati come uno scontro tra forze antagoniste come quelle storiche che annientano un individuo. Sono anche rappresentativi dell’amore e del lavoro e contrappongono sfera privata e sfera pubblica. Le scelte che un individuo compie implicano il cedere una parte di sé stessi per non soccombere allo scontro. I luoghi dove si svolge la storia non sono mai definiti in modo esplicito, ma si intuiscono attraverso le descrizioni: in particolare la città di Berlino è identificata con espressioni come e qui, talvolta descrizioni che esprimono curiosità, stupore ed evidenziano un mondo diverso, o solo con la lettera iniziale (la città di B. – pag. 67).

La trama della storia è lineare ma allo stesso tempo complessa e ciò è evidenziato con la tecnica del flashback: memoria e ricordi sono gli elementi fondamentali della narrazione e riportano sempre al punto di inizio ed essi costituiranno un tratto distintivo nelle opere successive di Christa Wolf, quasi assimilabile ad una narrazione dove predomina il flow of consciousness.

Il cielo diviso, come accennato prima, può essere definito un bildungsroman dove i protagonisti compiono un percorso di crescita e metamorfosi al termine del quale ognuno di essi compie una scelta. Un punto di arrivo che segna la fine dell’adolescenza per Rita e la sua scelta di non rimanere accanto a Manfred implica il dissolversi dei suoi sogni di una vita insieme a lui; Manfred lascia libera Rita senza tentare di trattenerla e forse questo significa il superamento di un sentimento possessivo; la scelta di Manfred di rimanere a Berlino ovest segna anche il distacco dalla famiglia. Per entrambi il punto di partenza significa un nuovo inizio, una nuova vita con la consapevolezza di essere capaci a superare le incertezze e le proprie paure.

Christa Wolf attraverso Rita e Manfred ha voluto rappresentare non solo l’Est e l’Ovest ma anche le tante realtà diverse e opposte dove tuttavia è possibile superare il passato e dare inizio ad un futuro diverso e migliore.


[1] Chiarloni, Anna (1988), Christa Wolf, Tirrenia Stampatori, Torino p.21. La Chiarloni cita il pensiero di A. Stephan in Christa Wolf,  München, 1976, p. 34.

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