3 film sulla dipendenza dalla Comfort Zone


Comfort Zone

Il Cinema è un grande specchio dell’umanità: tutto ciò che di bello o di terribile abbia trovato posto sotto il nostro sole è stato ormai rappresentato nello schermo della Settima Arte. Persino le dipendenze: di film sulle droghe ne troverete tantissimi (Trainspotting, Requiem for a dream), così come sull’alcolismo (A Star is Born), sulla dipendenza da sesso (Nymphomaniac) o sulla dipendenza da una relazione (Twilight?). Oppure la dipendenza dai revival Disney…quella è incurabile!

La dipendenza di cui vorrei parlarvi io, invece, è una dipendenza totalmente interiore: la dipendenza dalla COMFORT ZONE.

La comfort zone è uno stato psicologico in cui ci si circonda da persone o cose familiari poiché in questo modo si è in totale controllo dell’ambiente circostante e si hanno, quindi, bassi livelli di ansietà e stress. Questa bolla sicura è il luogo dove si può agire senza l’ansia dell’incertezza, della propria vulnerabilità o dei propri difetti.

È stata sufficiente una ricerca nei principali motori di ricerca per articoli scientifici per confermare quello che il mio relatore continuava ad affermare mentre scrivevo la tesi: “siete gente con i nervi a pezzi”.
A quanto pare, noi Millennials siamo una generazione particolarmente esposta all’ansia: percepiamo dalla società la necessità di essere sempre perfetti e tra noi non è rara la sindrome dell’impostore – che sostanzialmente ci fa sentire inadeguati per qualsiasi mansione e terrorizzati dall’idea di venire smascherati; siamo immersi in un flusso comunicativo continuo e incessante che ci porta ad avere la FOMO (Fear of Missing Out – il terrore di restare esclusi); l’incertezza economica stride con le categorie di autoaffermazione sociale con cui siamo cresciuti (grazie, BabyBoomers).

Questa ansia sociale ha delle conseguenze: l’ansia può portare a comportamenti anti-sociali a diversi livelli.
C’è chi inventa scuse creative per non partecipare a quel dato evento (“ho il gatto sul fuoco” è ormai un classico degno della Treccani), chi evita di dare esami, chi ha veri e propri attacchi di panico alla sola idea di mettere il naso fuori di casa. I casi più gravi sono gli Hikikomori (引き籠もり – dal giapponese, coloro che si ritirano), ossia persone che non lasciano mai la propria stanza e spesso vivono la loro esistenza esclusivamente online. Il fenomeno degli Hikikomori si estende dal Giappone a tutto il resto del mondo con maggiore concentrazione nei giovani maschi della nostra generazione.

Si potrebbe, per esempio, vivere una vita come Walter Mitty (I sogni segreti di Walter Mitty – film del 2013 recensito da Lucia qui): Walter è un impiegato riservato, insicuro e ben barricato nella sua comfort zone di banalità imperturbabile, dove le uniche avventure che può vivere arrivano dalle fotografie che deve pubblicare nella rivista per cui lavora, finché questa bolla non si rompe e si ritrova a vivere la sua personale avventura dal vivo.
(Vi prego ascoltate la colonna sonora di questo film, è straordinaria).

Film Comfort Zone

“La vita è avere coraggio e affrontare l’ignoto.”

 

Oppure si può prendere esempio da un grande classico della nostra infanzia: The Pagemaster! Il protagonista di questo capolavoro dell’animazione anni 90, Richard, è un bambino davvero fifone. La sua comfort zone viene a mancare quando si ritrova bloccato in una biblioteca – il nido delle finestre sul mondo!

Film Comfort Zone

“Se ti avessi portato qui fin dall’inizio non avresti mai trovato il coraggio di affrontare tutte le tue paure.”

Il terzo film che vi lascio per riflettere su questo tema è Castaway on the moon, un film coreano del 2009 che parla di due persone di nome Kim, entrambe in fuga dalla società: il primo, Kim Seong-geun è un uomo d’affari reduce da una bancarotta e dalla fine di una relazione tossica che tenta il suicidio gettandosi nel fiume Han, che attraversa Seul. Il suo tentativo non va a buon fine e si ritrova, moderno Robinson Crusoe, in un isolotto in mezzo al fiume. Presto si stanca di cercare di essere salvato e inizia a crearsi la sua vita lontano dalla società utilizzando mezzi di recupero. L’unica persona che si accorge di lui è Kim Jung-yeon, una ragazza hikikomori che scopre Kim-Crusoe attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica – che utilizza per fotografare la luna e la città negli unici giorni dell’anno in cui è deserta. Incuriosita dall’ “alieno” che abita l’isolotto, Kim-Hikikomori decide di rompere la sua bolla e uscire per mandare un messaggio in una bottiglia all’altro Kim – però indossando un casco, che non si sa mai.

Film Comfort Zone

“Non c’è nessuna necessità di uscire dalla mia stanza. Con un paio di click, tutto può essere mio facilmente. Non importa se è reale o no. Le risposte sul mio sito decideranno se è reale o no.”

In tutti questi esempi, la routine viene spezzata e la vita dei personaggi fa un salto nel vuoto, oltre la paura, per scoprire che c’è molto di più al di là della nostra bolla personale. Come diceva un certo Einstein:

“Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi.”

Così l’unico modo per rompere questa dipendenza dalla zona sicura è quella di cambiare qualcosa. Può essere un passo piccolo come una tessera della biblioteca, o un grande salto verso un elicottero.

 

E ora vorrei sapere da voi: quale film è riuscito a spronarvi ad uscire dalla vostra comfort zone? Ne ho citati tre, ma il tema è presente in tantissime pellicole! Ora, se non vi dispiace, mi rimetto le pantofole e aspetto che domani qualcuno mi canti Space Oddity di David Bowie, magari spiccherò un balzo verso un elicottero anche io! 😊 Al prossimo speciale Discorsivo!

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