La dipendenza sportiva: I campioni che non sanno smettere…
Lo Sport ha sempre conosciuto diverse forme di “dipendenza”, sia positive che negative. Da un lato, conosciamo una dipendenza “positiva” dell’attività sportiva che genera benessere psicosomatico in chi la pratica, sia per finalità agonistiche che ludiche, riassumibile in maniera sufficientemente esaustiva dal motto olimpico “citius, altius, fortius” (più veloce, più in alto, più forte); dall’altro, tuttavia, abbiamo la dipendenza “negativa”, quella generata dall’uso delle droghe e del doping.
Chiaramente, trattare un argomento così vasto sarebbe fuori luogo, per cui mi concentrerò sull’effetto “dopante” dello sport stesso, vale a dire una dipendenza sportiva che lo sport genera in chi lo pratica, portando gli esempi di alcuni campioni dello sport, della Formula 1 in particolare.
Sport, doping e dipendenza sportiva sono concetti strettamente collegati.
Spesso le gesta “eroiche” dei grandi campioni vengono macchiate da episodi di doping: ormai è diventata un’amara realtà. Basti pensare alle imprese di Lance Armstrong, pluricampione del Tour de France, o di Alex Schwarzer, campione olimpico di marcia. Curiosamente, l’etimologia stessa del termine “doping” denota questo carattere ambiguo e “drogante”: secondo alcuni, deriverebbe dal fiammingo “doop”, ovvero miscela, miscuglio, mentre altri individuano l’origine nel termine sudafricano “dope” con il quale si indicava la bevanda che veniva assunta prima di riti primordiali.
Tuttavia, al netto del doping, lo sport stesso ha, come detto, un effetto unico su chi lo pratica, poiché rende dipendenti dall’adrenalina che si sprigiona durante la gara. L’esempio perfetto per delineare tale concetto è dato dai grandi campioni dello sport: Michael Jordan nel basket, Ian Thorpe nel nuoto e, per avvicinarci al mondo della Formula 1, Michael Schumacher e Alain Prost.
Quando i campioni soffrono di dipendenza sportiva e non sanno smettere.
I campioni appena citati, autentiche leggende nelle loro specialità, sono accomunati da un unico filo conduttore: sono atleti che, dopo aver preso la decisione di ritirarsi, sono tornati dopo poco tempo a disputare gare, con fortune alterne. Ecco una carrellata di esempi di autentica dipendenza sportiva.
Michael Jordan ha vinto sei anelli, legando il proprio nome ai Chicago Bulls. Il primo ritiro per Sua Maestà è avvenuto nel 1993 a seguito dell’omicidio del padre; il secondo ritiro avviene nel 1998 dopo le roboanti vittorie con i Bulls di Pippen e Dennis Rodman, mentre il terzo e definitivo ritiro è avvenuto nel 2003, quando vestendo i panni di presidente/giocatore dei Washington Wizards, decide di appendere le sue Nike al chiodo.
Alain Prost ha vinto quattro titoli mondiali. I primi tre prima del suo ritiro, negli anni compresi tra il 1985 ed il 1989, mentre il quarto ed ultimo nel 1993, dopo il suo primo ritiro avvenuto nel 1992. Il Professore, così era soprannominato, aveva infatti deciso di ritirarsi nel 1992 perché non aveva trovato alcun sedile libero per la stagione successiva, diventando commentatore sportivo per TF1. Poiché nel 1993, Patrese aveva abbandonato la Williams per accasarsi presso la Benetton, per Prost fu l’occasione ideale per tornare in Formula 1 su un sedile di prima fascia. La Williams di quell’anno non aveva praticamente rivali poiché lo stesso Senna era sostanzialmente rimasto incastrato a rimanere in McLaren, motorizzata Ford e non più Honda. Il successo del 1993 lo convinse al ritiro definitivo, lasciando quel sedile allo stesso Senna, la cui rivalità si era trasformata in sincero e reciproco rispetto.
Michael Schumacher si era ritirato la prima volta nel 2006, dopo aver vinto sette titoli mondiali. Nel 2010, dopo anni come consulente, torna a calarsi in una monoposto accettando la scommessa Mercedes: fino al 2012, il Kaiser cercherà di migliorare il proprio palmarès, ma il suo difficile adattamento con il simulatore di Brackley e la scarsa competitività della monoposto, lo relegheranno nelle retrovie. Il suo secondo ritiro avviene nel 2012, un anno prima del suo sfortunatissimo incidente sugli sci.
La dipendenza sportiva.
Con questi pochi esempi, si può notare non soltanto l’amore per una disciplina, ma anche la dipendenza che la stessa crea nei suoi praticanti. Se il doping crea una dipendenza negativa, la passione e l’agonismo sono il miglior rovescio della medaglia: la ricerca di un piacere fisico e psicologico che avviene attraverso lo sport sono espressione di ogni individuo, un luogo dove ogni atleta può trovare stimoli e momenti idonei per trasformare e canalizzare positivamente tali energie.
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