Che Genere di idea è questa?! 5 serie cult di una generazione
Le serie cult considerate tali sono molteplici e variegate come lo sono i componenti della Generazione Y che s’inscrivono in questa macro categoria che comprende un arco temporale piuttosto ampio generalmente indicato con i nati tra i primi anni ’80 e il 2000 per intenderci abbiamo qui individui che ricordano il segnale acustico del modem ( il famosissimo DialUp) che si connette in Rete tramite Internet Provider, che mantiene occupata la linea per telefonica per tutta la durata della connessione, con la conseguente zia che si lamenta di non aver potuto telefonare a casa per tutto il pomeriggio e chi invece non ha mai conosciuto attese di ore per vedere un video di un minutino scarso.
Di conseguenza serie cult per alcuni diventano un culto sconosciuto per altri ma vi sono prodotti televisivi del nostro recente passato che si sono intessuti in ciò che ci piace guardare oggi in Tv e che in qualche modo stiamo ancora guardando in una loro forma più evoluta al passo con i tempi, che però ripercorre percorsi tracciati dai propri antenati.
Questi antenati, queste serie cult che continuiamo a ritrovare nelle nostre spasmodiche maratone televisive da ingurgitatori folli di cultura popolare, perché se vi è un carattere comune ai Millennials è quello di commisurare il sentimento nostalgico a valore estetico, ecco che allora si potrebbe rintracciare, utilizzando alcuni generi televisivi, dei capostipiti o quantomeno delle forme originarie che ci piace intravedere in quello che oggi appassiona la nostra visione.
Il genere è un sistema di convenzioni, di norme strutturali, che servono ad inquadrare un determinato prodotto culturale all’interno di generalizzazioni che ne rendono più facile il collocamento sia sul piano della produzione che del consumo e questo non solo a livello di mercato ma anche a quello della nostra comprensione individuale e sociale. Ovviamente come ogni cosa che ha a che fare con l’estetica, le serie tv hanno il potenziale di acquisire queste norme per poter poi destrutturarle e rinvigorire il processo creativo con lo sviluppo di nuove convenzioni, a volte sovversive, a volte evolutive, persino regressive, rispetto a quelle precedenti.
Le serie cult, qui prese ad esempio, rappresentano sia questo potenziale sia il modello da superare.
ER (1994-2009)
Serie cult tra gli appassionati del medical drama, uno dei generi portanti della serialità televisiva da rintracciarne le radici nel radiodramma, quando per la prima volta apparve sul piccolo schermo, ER, prendeva subito le distanze dalla sua matrice, trascurando la tendenza alla soap opera e affinando il suo raccontare condendolo con un certo realismo, la crudezza del pronto soccorso nel suo operare frenetico veniva resa immediata da un utilizzo della macchina da presa dinamico e diretto, le immagini sfrecciavano sullo schermo ed erano prive di mediazione anche nelle scene più cruente. L’aspetto del trauma era ben reso ed evidente, un approccio questo che permetteva di concentrarsi più sull’operato dei medici che dei pazienti, che risultavano così espedienti, casi, per poter approfondire le personalità del cast corale che andava a formare il nucleo narrativo. Lo sviluppo di un gruppo di personaggi centrali e delle relazioni tra loro ha costituire il tessuto della serie ci rimanda ad un altro prodotto di questo genere Grey’s Anatomy che pare per alcuni aspetti l’erede di questo filone.
Sicuramente Grey’s perde la vena realistica di ER, alcuni casi e vicende che accadono al Memorial appaiono surreali, ricordiamo il leone in giro per Seattle e la voragine che si apre nella città , o l’insistente e percentualmente improbabile fila di sfighe che perseguita i suoi protagonisti.
È innegabile che però il melodramma presente nella creatura di Shonda Rhimes debba qualcosa alla serie cult creata nel ’94 da Micheal Crichton, che non solo ha il merito di aver portato all’ossessione molte madri all’epoca sulla figura del pediatra con la faccia di George Clooney, ma di aver anche donato spunti con la coppia Doug/Carol per la nascita dell’epopea Meredith/Derek.
Buffy The Vampire Slayer (1997-2003)
20La serie cult. Origine dell’ossessione collettiva di un’intera fascia d’età che ha passato con lei la fase dalla preadolescenza all’adolescenza, rappresenta al meglio il teen drama nel suo pieno potenziale, perché non è solo un teen drama, Buffy è un’opera di formazione, è un racconto esistenziale per ragazzi e non solo, racchiude in sé un universo di senso così compiuto che rispecchia sullo schermo tutto lo Weltschmerz del mondo adolescenziale, quel dolore cosmico così romantico che accomuna le figure dei giovani sin dall’800. Dal genio di Whedon l’associare la mostruosa adolescenza al soprannaturale, all’alterità di questo momento topico della vita umana, da qui si possono tracciare tutti i derivati come Teen Wolf, la figura romantica del vampiro The Vampire Diaries,e innumerevoli altri teen drama a tema mostri. Per non dire della commistione di generi che questa serie cult opera nel suo linguaggio, il tema dell’ibridazione assume la sua forma più compiuta, metaforicamente parlando, nelle serie recenti come Inhumans e The Gifted dove gli adolescenti sono mutanti.
CSI: Crime Scene Investigation (2000-2015)
Quello messo in piedi da Anthony E. Zuiker a inizio anni zero è l’impero della prova, della traccia, dell’evidenza ad ogni costo. Il crime come genere non è più lo stesso dopo la messa in onda del pilota di questa serie cult, CSI trasforma il mistero da una domanda complessa e spirituale sul perché dell’azione, le ragioni profonde dell’atto criminale, ad una dettagliata e minuziosa disquisizione scientifica su come si è agito, sul piccolo schermo appare in diretta la vivisezione di un crimine. L’importanza del corpo del reato diventa un vero e proprio corpo da indagare, da mostrare e mai da interrogare, poiché è la traccia che va seguita e non il ricordo di ciò che rappresenta. Quest’agire scientifico sulla dimensione umana, rappresentato all’interno della narrazione dalla figura di Grissom, diventa emblema per la credibilità di un intero ramo narrativo, nessun procedural o crime ormai sfugge alla prova dell’evidenza e soprattutto non si fa scappar occasione di avere almeno un’immagine della Scientifica al lavoro.
X Files (1993-2002)
Creata da Chris Carter per la Fox, questa serie cult ha sviluppato fin da suoi primi inizi una buona fetta di pubblico di fedelissimi, tipico dei prodotti fantascientifici fin dai loro inizi sulle riviste di Hugo Gernsback con le colonne dedicate agli appassionati lettori, inoltre X Files riusciva ad incarnare un atteggiamento tipico del genere fantascientifico, e non solo, americano: la paura dell’invasione che sfocia in apocalisse e soprattutto “l’alieno nascosto tra noi”( questo dirompente nel periodo maccartista) coniugato con le teorie cospirazioniste che in quegli anni avevano trovato terreno fertile e tutto ancora da esplorare delle community online. L’universo di X files è quello americano del pre 11 settembre dove la minaccia rimane ignota ed oscura. L’inspiegabile con venature paranormali e minacciose strutture governative nascoste verrà poi ripreso da Fringe e volendo è quello anche alla base di Stranger Things.
Lost (2004-2010)
La serie cult che forse ha più giocato col suo pubblico e si è resa ben consapevole delle potenziali interattive dell’allora in fasce Web 2.0. La struttura a puzzle, che Lost si è data, è stato lo strumento del suo successo planetario ma lo sviluppo per concatenamenti e il modello a matrioska che questa serie ha perseguito per appassionare e innervosire i suoi spettatori, rappresenta un’inedita formulazione per la narrazione in serialità che ha fornito un buon esoscheletro per numerosi, successivi prodotti televisivi. Non si può fare il nome di Lost senza citare il flashback, da sempre utilizzato come mezzo per inspessire l’intreccio della storia, questo, nella sopradetta serie, diviene una vera e propria arma a volte a difesa della struttura narrativa a volte per demolizione del fino allora narrato. Probabilmente sarebbe stato molto difficile concepire e rendere così avvincente la prima stagione (per me l’unica) di True Detective, sarebbe risultata molto più ostica la costruzione della profondità di personaggi come Rust e Martin senza il loro racconto-intervista-interrogatorio e a rendere la linea d’azione dei due così ricca e frastagliata.
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