Autorità politica: Buono e Cattivo Governo negli affreschi di Ambrogio Lorenzetti


Nel 1338-1339 Ambrogio Lorenzetti, noto pittore senese, realizza gli affreschi nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena, la cosiddetta Sala della Pace e della Guerra. Secondo gli storici dell’arte si tratta del più pregiato esempio di pittura profana del Trecento, ammirevole sia per i particolari artistici che per la complessità contenutistica. Gli affreschi furono commissionati al pittore dai Nove, magistrati provenienti da famiglie borghesi e mercantili, che desideravano qui esprimere attraverso le immagini la supremazia politico-morale dell’autorità repubblicana senese nei confronti delle altre forme di governo.

Il programma iconografico, infatti, prevedeva sulla parete nord l’Allegoria del Buon Governo, sulla parete est gli effetti del Buon Governo e sulla parete ovest l’Allegoria del Cattivo Governo con i relativi effetti sulla città e sulla campagna. Il racconto pittorico si articola su tre registri: la parte centrale presenta le allegorie di concetti filosofici e politici della cultura comunale del XIV secolo, intrisi di riferimenti al pensiero di Aristotele e dei filosofi cristiani (Tommaso d’Aquino soprattutto), accompagnati da scene di vita urbana e campestre da pregevoli dettagli naturalistici; la fascia superiore è occupata da una serie di medaglioni con le personificazioni dei pianeti e delle stagioni, mentre nella fascia inferiore si vedono iscrizioni in latino e in volgare (a illustrare le immagini sovrastanti), alternate a medaglioni con ritratti di uomini famosi e personificazioni delle arti liberali.

La lettura inizia dalla parete del Buon Governo su cui domina la Giustizia in trono e, sopra di lei, la Saggezza. Buon GovernoSui due piatti della bilancia sono poste figure alate che, sulla scia del pensiero aristotelico, rappresentano la Giustizia Commutativa (a sinistra, intenta a premiare i giusti e punire gli empi) e la Giustizia Distributiva (a destra, regola gli scambi tra i cittadini). Tali figure sono cinte alla vita da una fune che viene impugnata dalla Concordia, figura di donna seduta con in grembo una pialla, perché è la virtù che garantisce l’uguaglianza dei cittadini e il livellamento dei contrasti. La corda passa poi nelle mani di una serie di cittadini in corteo e l’altra sua estremità è retta da un anziano signore dalla barba bianca. Questi, seduto su un trono in posizione ieratica, è affiancato da sei donne (ovvero le allegorie di Pace, Forza, Prudenza, Magnanimità, Temperanza e Giustizia) e sovrastato dalle virtù teologali (Fede, Carità e Speranza). L’anziano barbuto è la chiave di lettura dell’intera parete: con tutta probabilità egli rappresenta il Bene Comune al quale il Buon Governo deve tendere attraverso l’esercizio della Giustizia e la partecipazione attiva e concorde dei cittadini. Allo stesso tempo, il vecchio è anche personificazione di Siena (e, conseguentemente, del suo Governo). Si noti, infatti, il richiamo ai colori e al simbolo della città nelle vesti e nello scudo del personaggio. Si aggiunga a ciò che ai piedi del trono c’è la lupa con i figli di Remo, mitici fondatori di Siena. Insomma, l’affresco è una vera e propria propaganda pro-repubblicana e un’auto-legittimazione dei Nove che si presentano come immagine del Buon Governo.

Lo sguardo della Pace, semidistesa su un ampio cuscino che schiaccia i frammenti scuri di un’armatura, si rivolge serenamente alla parete est con gli effetti del Buon Governo. A sinistra si osserva la “dolce vita” che si svolge in città, evocata attraverso luoghi topici (strade, palazzi, botteghe), attività della vita civile (corteo nuziale, danzatori, attività commerciali ed edili) e scorci di più intima quotidianità (figure alle finestre, un gatto su un balcone, un maestro con i suoi allievi). A destra, fuori dalle mura, si apre la campagna che brulica di vita e di lavoro. In tale frammento Lorenzetti non trascura il naturalismo delle singole scene, tuttavia predilige una sintesi che rafforzi il messaggio (ad esempio, condensa nella stessa campagna la semina e la raccolta del grano che avvengono in momenti dell’anno differenti). SecuritasAl centro troneggia una figura alata di ascendenza classica, la Securitas, portatrice di un cartiglio che spiega come con il Buon Governo regnino anche la sicurezza e la tranquillità per i cittadini.

La quiete che traspare dalle pareti del Buon Governo trova la sua controparte diretta sulla parete sud, oggi fortemente danneggiata, che è un monito contro i rischi di un governo dispotico e tirannico. In trono siede infatti la Tirannide nelle sembianze di un sovrano diabolico con corna, zanne ed abito scuro. Ad attorniarla ci sono le allegorie di Frode, Inganno, Crudeltà, Furore, Discordia e Guerra. Su tutto vegliano Avarizia, Superbia e Vanagloria. Ai piedi di questa grottesca corte la Giustizia giace legata e inerme tra i piatti della sua bilancia spezzata. Gli effetti nefasti di questo Governo si manifestano sia nella città ingiusta, dominata da violenze e abusi, sia nella campagna devastata da incendi e scorrerie di soldati. Fuori dalle mura, al posto della Securitas, vola la figura spettrale del Timor sul cui cartiglio si leggono i mali derivanti dal dominio della Tirannide.

Lorenzetti dimostra in queste pareti tutto il suo talento. Innanzitutto come abile artista, degno erede della lezione di Giotto nella rappresentazione dettagliata e sensibile della realtà (sia nei personaggi che nei paesaggi). Inoltre, anche come “grande ingegno” con attitudini filosofiche, capace di tradurre in immagini efficaci dottrine e pensieri astratti, conciliando pittura e parola scritta.

Una dettagliata analisi sembra suggerire che gli affreschi non si limitino alla semplice realtà comunale senese, ma si facciano portavoce di valori più universali, per esempio l’ambiguità semantica del concetto di autorità politica. Quando il potere politico si incarna nella Giustizia, l’autorità è accompagnata da una serie di virtù e si identifica con le idee di autorevolezza, ordine, equilibrio, ma anche pace, libertà e prosperità per i cittadini. Quando, al contrario, l’autorità cede alla Tirannia, alle brame di potere di un solo individuo o di ristrette caste, diventa sinonimo di repressione, coercizione e sopruso, prevaricando i diritti e le libertà dei cittadini che dovrebbe difendere.

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