Autorità
Rientrati dalle ferie, la sera torniamo a cenare di fronte al telegiornale. I vari servizi omettono di spiegarci nei dettagli cosa è stato ratificato dal Parlamento quando l’opinione pubblica era in vacanza. In compenso ci mostrano folle oceaniche in tumulto, volti che urlano rabbia e ribellione, parlamentari che lasciano il proprio schieramento, giudici che emettono sentenze. Abbiamo paura a farci coinvolgere – anche solo emotivamente – da queste cose. Ci distraiamo al pensiero di tornare a studiare in vista degli esami, pronti a sostenere lo sguardo inquisitorio del professore. Ci prepariamo ad assecondare le visioni che il nostro capo ha avuto mentre era al mare. I pensieri vanno al compleanno dell’amico, alle tasse da pagare, all’istruttore della palestra che ci spezzerà costringendoci a interminabili serie di addominali.
Diamo quasi per scontata la necessità di sottometterci ad un’autorità. Qualche volta si annida in noi la convinzione che accettare un’autorità sia inevitabile e che sfuggire alle autorità fondamentali sia impossibile. Un figlio non può sottrarsi all’autorità dei genitori, lo studente non può sottrarsi al giudizio del docente, il cittadino non può sottrarsi all’autorità dello Stato. Eppure non sono rari i casi in cui l’autorità viene contestata, disobbedita e rovesciata. Ma anche quando un’autorità viene misconosciuta, non si può eliminarla: occorre invece sostituirla. Già, perché alla fine di un’autorità non si può fare a meno.
Il flusso delle convenzioni sociali in cui siamo immersi dalla nostra venuta al mondo ha anestetizzato la consapevolezza dell’individuo che il sottomettersi ad un’autorità sia una scelta. Conclusione alla quale giungono tutti coloro che decidono di violare le imposizioni di un’autorità. Se voglio, posso dire di no all’autorità. Perché dovrei dire di no quando, per quieto vivere, la maggioranza annuisce inconsapevolmente? Forse per un tornaconto personale superiore a quello garantito dalla sottomissione, oppure perché sento oppressa la mia libertà di individuo.
Scelgo di sottomettermi ad un’autorità se posso fidarmi di lei. Se ho la ragionevole certezza che essa agirà per tutelare anche i miei diritti. Chi esercita un’autorità si muove sulla linea sottile sospesa fra il prendere le decisioni giuste e il mantenere la fiducia delle persone che le sono affidate.
Questo mese approfondiamo le autorità messe in discussione: nel corso delle ultime settimane abbiamo assistito alle rivolte contro i governi di Egitto, Turchia e Siria; abbiamo visto rappresentanti che scelgono di non agire secondo le indicazioni ricevute dal proprio leader o dal proprio partito; continuiamo ad osservare tentativi di opporsi alle sentenze della magistratura. Non abbassiamo la guardia nemmeno su chi invece continua ad abusare del proprio potere, e su chi si sente legittimato ad imporre un Grande Fratello per garantire la sicurezza di tutti. Ci interroghiamo sui motivi che spingono alcuni a non riconoscere le autorità che costituiscono le fondamenta della collettività. Guardiamo la preoccupazione di chi sente il proprio Paese cedere gradualmente la propria autorità a enti sovranazionali.
Dedicato a tutti coloro che, come Antigone, scelgono di sottomettersi all’autorità divina e seguire le inclinazioni della propria individualità. E anche a chi, come Socrate, sceglie invece di sottostare al volere della collettività e all’autorità degli uomini. A tutti coloro che scelgono consapevolmente quale autorità riconoscere.
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