Dalla campagna alla piazza: i mercati degli agricoltori


Ci sono le zucchine biologiche arrivate fresche fresche dalla Val Ceno. Poco più in là, le pesche provenienti da San Secondo, raccolte già mature e pronte per essere consumate. Lo sguardo passa ad alcune forme di Parmigiano-Reggiano: arrivano dalla zona di Collecchio, direttamente dalla cantina di stagionatura. Non sono le uniche: un’altra bancarella propone quelle prodotte con il latte delle pregiate vacche rosse reggiane. Scivoliamo tra la folla, alla ricerca di patate novelle insaporite dai grassi terreni della zona di Traversetolo, non senza esserci fatti distrarre, almeno per un attimo, dal profumo fragrante del pane della bassa, impastato con farine grezze e cotto nel forno a legna, come tradizione vuole. Non è il paese dei balocchi: è il “Mercato degli agricoltori” riuniti nel Consorzio “La corte – Dalla terra alla tavola”, che si tiene a Parma ogni sabato nella piccola piazza situata all’imbocco di via Imbriani e ogni mercoledì in piazzale Lubiana.

Un doppio appuntamento ormai irrinunciabile per i parmigiani, che porta in piazza prodotti freschi e di stagione, in molti casi biologici, sempre e comunque di qualità, valorizzando le eccellenze di un territorio che per il mangiar bene pare del resto avere una vera e propria vocazione. E a dimostrarlo ci pensano i numeri, con una percentuale di clienti fidelizzati superiore all’ottanta percento e un intero quartiere, quell’Oltretorrente teatro della stoica resistenza parmigiana agli assalti delle squadracce fasciste, che del mercatino settimanale ha fatto un vero e proprio simbolo di rinascita.

L’esperienza parmigiana è tutt’altro che un caso isolato. Sono infatti moltissimi i comuni italiani che a oggi ospitano con successo crescente iniziative analoghe – almeno 200 delle quali sotto il marchio “Campagna amica” di Coldiretti – rendendo giustizia a un’agricoltura che per l’infinita varietà e l’elevatissima qualità dei prodotti non ha eguali nel resto del mondo. Denominatore comune di tutte queste esperienze è la volontà di valorizzare il lavoro degli agricoltori, proponendo un circuito di vendita alternativo rispetto a quello della grande distribuzione. Con alcuni innegabili vantaggi, in primis per gli agricoltori stessi, che attraverso la vendita diretta dei loro prodotti vedono il proprio lavoro remunerato in modo equo. Non solo: sottratti alle pressioni e alle “logiche” di mercato dettate dai grandi gruppi commerciali, gli agricoltori possono orientare la produzione nel modo più opportuno, senza inutili forzature e in modo rispettoso della fertilità del terreno e dei cicli stagionali.

I vantaggi sono evidenti anche per i consumatori. Azzerare i passaggi di filiera consente infatti di portare i prodotti direttamente dal campo alla tavola: in parole povere, significa poter consumare frutta e verdura raccolte solo una volta raggiunto il giusto grado di maturazione, senza alcun passaggio in cella frigorifera che, oltre a “rovinare” gli alimenti in termini di gusto e consistenza, comporta anche una certa perdita del loro valore nutritivo. Tutto questo a prezzi nella media, o in alcuni casi solo di qualche centesimo superiori rispetto a quelli di un supermercato: pochi spiccioli, che non pesano certo sul bilancio famigliare e che la gente sembra essere ben disposta a spendere, se può ottenerne in cambio un deciso guadagno in termini di qualità di ciò che finisce nel piatto.

A guadagnarci è – ultimo ma non meno importante – infine anche l’ambiente. Azzerare i passaggi di filiera significa, evidentemente, eliminare quasi completamente il trasporto su gomma: meno camion in circolazione, quindi minori emissioni di gas serra. Non solo: viene meno la necessità di utilizzare celle frigorifere per la conservazione dei prodotti deperibili, pratica notoriamente energivora. E ancora: un’agricoltura “a km zero” e a vendita diretta dal produttore al consumatore è un’agricoltura dal minore impatto ambientale: la migliore resa economica rende sostenibili pratiche agricole meno “stressanti” per il terreno, e – come detto poc’anzi – può essere rispettata la stagionalità delle colture. Con implicazioni anche culturali: abituati a disporre di zucchine nordafricane in pieno inverno o di pere sudamericane in piena estate, possiamo ristabilire un rapporto meno “mediato” con la natura, riscoprirne i ritmi e apprezzarne la ciclicità. Come facevano i nostri nonni.

Vedere ogni sabato la piazza riempirsi di gente sempre più consapevole che con una spesa “a km zero” compie una scelta ecologicamente ed eticamente sostenibile, oltre che gustosa e salutare, farebbe pensare a tutto fuorché a un’iniziativa a rischio. E invece, almeno a Parma, anche il mercato degli agricoltori vive sul filo della precarietà. Perché dopo cinque anni di rinnovi straordinari delle concessioni questo doppio appuntamento settimanale è ancora relegato al rango di iniziativa a carattere “sperimentale”, e viaggia quindi in assenza di una regolamentazione ufficiale che ne definisca lo statuto e, soprattutto, ne stabilisca una volta per tutte la sede, scacciando il timore, diffuso tra gli agricoltori, di un suo trasferimento nei freddi e anonimi spazi del “nuovo” mercato coperto di Piazza Ghiaia.

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