Viaggio nella tradizione romagnola: dal dialetto ai “zug d’una volta”
«La tradizione è una bellezza da conservare, non un mazzo di catene per legarci».
Ezra Pound, Saggi letterari, 1968
La cultura italiana è sicuramente tra le più antiche del mondo, e all’interno dei suoi territori regionali proliferano numerose tradizioni che rendono caratteristico ogni angolo del Paese.
Un esempio lampante dell’eterogeneità culturale del nostro Paese sono i dialetti, che variano non solo a livello regionale ma anche da un Comune all’altro.
Il dialetto romagnolo è purtroppo a rischio estinzione: soprattutto i giovani infatti, si interessano sempre più al linguaggio globale e sono sempre meno attratti delle radici linguistiche locali, quando invece questi due apprendimenti non dovrebbero escludersi a vicenda.
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La Romagna è ricca di storia, pregna di tradizioni e di valori antichi che la distinguono da qualsiasi altro luogo al mondo: obiettivo importante delle comunità locali deve essere quello di far convivere tradizione e progresso.
Diventa quindi fondamentale valorizzare le proprie caratteristiche per farle conoscere alle nuove generazioni, sia a scopo turistico che per mantenerle in vita.
Molti Comuni del territorio si adoperano in questo senso: Santarcangelo di Romagna non è nuovo a iniziative che richiamano la tradizione.
Spicca la famosa Fiera dei Becchi (i caproni), ovvero la festa dei cornuti, che ricorre ogni anno nel giorno di San Martino (11 novembre). La Fiera ricorda la giornata in cui si celebrava la scadenza e il rinnovo dei contratti di mezzadria, quando per l’occasione veniva allestito un grande mercato dove si svolgevano scambi ed incontri di ogni tipo.
Un’altra iniziativa interessante nasce dalla partecipazione del Comune alla Giornata Nazionale del Dialetto: ogni 17 gennaio infatti la biblioteca comunale Baldini organizza laboratori e giochi per tutte le età dedicati alla lingua romagnola.
Anche in ambito ludico/sportivo il paese rivive la sua storia: l’antico gioco del pallone col bracciale, diffuso in Italia già dal 1500 d.c., da circa 200 anni viene praticato a Santarcangelo, anche se ad oggi è spesso sostituito dal simile gioco del tamburello.
Un’iniziativa relativamente recente è la riproposizione dei zug d’una volta (i giochi di una volta), che ogni estate dal 2005 rivivono nel cuore del paese ricordando i divertimenti della tradizione romagnola.
La competizione vede fronteggiarsi una decina tra i principali bar di Santarcangelo in una gara ad eliminazione, il tutto nella stupenda cornice dello sferisterio monumentale ai piedi delle mura cittadine.
Tra i giochi principali troviamo la corsa con i sacchi, il gioco delle sedie e la gara delle carriole: le quattro squadre semifinaliste si sfidano a rubabandiera e le due finaliste si contendono il primato fronteggiandosi nel tiro alla fune.
Il merito dei zug d’una volta è non solo quello di unire il paese in una serata di festa e divertimento, ma anche quello di rivitalizzare giochi ormai lontani dall’esperienza ludica odierna, insegnando a grandi e piccini a divertirsi in modo semplice, genuino e soprattutto “sociale”.
Ben detto, bell’articolo, W la Romagna e le sue tradizioni!!!
Bravo Ste, sono totalmente d’accordo con te! Il patrimonio culturale della Romagna è troppo prezioso per andar perduto, e le iniziative di Santarcangelo sono assolutamente lodevoli.
Ahah giusto, vai di campanilismo! 😉
Grazie Mike…La cosa che mi colpisce di più è che spesso si crede che tradizione e progresso siano in antitesi, invece possono e devono assolutamente trarre benefici l’una dall’altro!