Fusione dei Comuni: cosa dice il diritto?


Domenica 9 giugno i cittadini di San Mauro Pascoli e Savignano sul Rubicone sono chiamati a esprimere, mediante referendum, il proprio parere sulla fusione dei due comuni.
Ma quali sono le norme che si occupano di prevedere e regolare questo processo di unificazione, e cosa esprimono in concreto?

comuni_emiliaromagnaInnanzitutto, le principali fonti normative in materia sono cinque: la nostra Costituzione, la legge statale n. 142 del 1990, il Testo Unico sull’ordinamento degli Enti Locali (da ora in poi T.U.E.L.), la legge regionale n. 24 del 1996 e lo Statuto della Regione Emilia Romagna. Tralascio, per motivi di sintesi, le ulteriori leggi e regolamenti regionali che si occupano della questione.

Cominciamo dalla Costituzione e dai tre articoli che fanno al caso nostro. L’art. 5: La repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali“. Articolo che, in poche parole, ci fa già capire la grande volontà di apertura verso un’autonomia degli enti locali, tra cui i Comuni. Facciamo ora un salto in avanti fino alla parte II, titolo V dove dall’art. 117, che disciplina le competenze legislative dello Stato e della Regione: si ricava che la competenza in materia di fusioni è di quest’ultima, quindi non della legge statale ma di quella regionale. Arriviamo all’art. 133, norma cardine per il nostro caso poiché stabilisce chiaramente al suo secondo comma che “La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni“. Una volta sicuri che la Costituzione approva la possibilità di una fusione di Comuni, non resta che metterla in pratica tramite leggi che specifichino le concrete modalità di attuazione.

Innanzitutto la legge 142 del 1990. Ora abrogata, rimane tuttavia molto importante perché è la prima a individuare come funzione principale delle Unioni di Comuni quella di associazioni provvisorie tra enti per traghettare i territori coinvolti a una successiva fusione. Le Unioni di Comuni infatti (come l’Unione dei Comuni del Rubicone che raggruppa San Mauro Pascoli, Savignano sul Rubicone e Gatteo) sono forme di aggregazione tra comuni, i quali mantengono la loro autonomia e i loro organi di governo, pur devolvendo alcuni settori a una gestione centralizzata ed unitaria. Per incentivare la fusione, questa legge prevedeva l’erogazione per i dieci anni successivi alla fusione stessa di appositi contributi straordinari da parte dello stato, oltre ai contributi ordinari. Oggi ancora di più, tutti i Comuni nati da fusione possono godere di finanziamenti straordinari statali e regionali per quindici anni (in base alla popolazione e all’estensione) e per due anni sono esentati dai vincoli del patto di stabilità. Questa spinta verso la fusione è inizialmente andata persa nelle modifiche successive che hanno coinvolto il testo, tuttavia poi è stata ripresa ed è divenuta il principio ispiratore di un altro testo fondamentale: il T.U.E.L.

Approvato con il decreto legislativo n. 267 del 2000 ed entrato in vigore nello stesso anno, il T.U.E.L. all’art. 15 disciplina specificamente la fusione tra Comuni. Dopo aver richiamato la disciplina costituzionale vista sopra, assegna all’istituto della fusione la valenza di principale (ma non esclusivo) strumento per l’istituzione di nuovi comuni. La norma stabilisce poi che la legge regionale che istituisce nuovi comuni, mediante fusione di due o più comuni contigui, preveda che alle comunità di origine o ad alcune di esse siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi. L’art. 15 resta volutamente aperto per garantire un ampio margine di elasticità alle scelte che il legislatore regionale dovrà prendere. La norma infine, come dice anche il 133 Cost., rimette alla legislazione regionale il compito di disciplinare le modalità di consultazione delle popolazioni interessate. Nel nostro caso e come vedremo tra poco, il referendum consultivo.

Spetta dunque a ciascuna Regione adottare le leggi necessarie per dar vita a nuovi Comuni e per disciplinare il processo di fusione tra due o più Comuni. Rispondiamo quindi ora ad una domanda concreta: qual è il procedimento da seguire per giungere alla tanto agognata fusione? Le risposte ce le fornisce con precisione la legge regionale n. 24 del 1996 intitolata “Norme in materia di riordino terrritoriale e di stostegno alle Unioni e fusioni di Comuni”, coordinata con lo Statuto della Regione Emilia-Romagna, ovvero la legge fondamentale della Regione stessa, un po’ come la Costituzione lo è per lo Stato, ovviamente con le dovute proporzioni e nel rispetto delle gerarchie.

Questa importante legge prevede all’art. 8 che l’iniziativa per istituire nuovi Comuni è esercitata dai cittadini e dai Consigli Provinciali e Comunali coinvolti o anche, eventualmente, dalla Giunta Regionale. Generalmente tuttavia sono la maggioranza degli elettori residenti nei singoli Comuni o i Consigli Comunali a presentare la relativa istanza alla Giunta Regionale. La Giunta valuta la richiesta e se la ritiene praticabile elabora un progetto di legge regionale e lo presenta al Consiglio regionale. Parallelamente, questi progetti di legge sono trasmessi, entro otto giorni, ai Comuni e alle Province interessati per l’espressione di un parere di merito (art. 10).

Nello stesso si inizia a preparare il referendum consultivo, che verrà disposto con decreto del Presidente della Regione, con il quale la cittadinanza coinvolta potrà esprimere il suo parere sulla questione. L’art. 11 prevede alcuni casi in cui questo referendum è obbligatorio, tra i quali “quando la proposta di modifica sia conforme al programma di riordino territoriale”, che è il nostro caso. Attenzione, non si tratta del classico referendum abrogativo a cui siamo abituati, ma di una consultazione il cui risultato non è assolutamente vicolante per la decisione successiva della Regione. Tuttavia nella prassi il parere degli elettori, sopratutto in un contesto ristretto come quello dei nostri piccoli Comuni, avrà un peso determinante nel condizionare il prosieguo o meno dell’iter della fusione. Svoltosi il referendum, spetterà al Consiglio regionale decidere se deliberare definitivamente sul progetto di legge ed emanare la legge regionale che istituisce la fusione. A questo punto, i Comuni coinvolti decadono e si dovrà procedere all’elezione degli organi del nuovo Comune.

Per concludere, sono tante le norme e le regole che si celano dietro a questa fusione. L’emergenza economica che sta vivendo il Paese spinge sempre di più il legislatore nazionale e regionale a promuovere le fusioni tra piccoli Comuni, nella speranza di un risparmio di risorse e di una ottimizzazione dei servizi. Finalità lodevoli, senza dubbio, ma che spesso cozzano contro i particolarismi culturali che riempiono l’Italia e portano con sé un lungo strascico di proteste e lamentele, fondate più su un generico timore di perdere le proprie, piccole identità culturali che su oggettive valutazioni di politica e gestione amministrativa.
La parola al popolo, in ogni caso, confidando sempre e comunque nella sua lungimiranza.

Licenza Creative Commons
Fusione tra Comuni: cosa dice il diritto? by Fabio Pirola is licensed under a Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Unported License.

5 Commenti

Aggiungi
  1. Fabio Pirola

    Grazie Ringhio! Sì l’idea era proprio questa, rendere comprensibile qualcosa di non immediato! È ora che si fonda anche Sarsina! 🙂

  2. klement

    Fondere i comuni piccoli ha vantaggi economici immediati, e non stravolge le conoscenze geografiche. Con comuni più grossi le province saranno meno essenziali, comunque si può lasciarle come sono, ma trasformando il COnsiglio provinciale in un’assemblea permanente dei Sindaci, che sono eletti dal popolo e già stipendiati

+ Lascia un commento