S.O.S. servizi sociali: tante necessità, poche risorse


«L’arte del progredire sta nel preservare l’ordine in mezzo ai mutamenti e nell’attuare i mutamenti in mezzo all’ordine» (Alfred North Whitehead, Processo e realtà).

Nel nostro Paese si stanno susseguendo numerosi cambiamenti dal punto di vista dei bisogni sociali, ma le risposte in termini di interventi ed erogazione di servizi faticano a raggiungere un’elasticità tale da far fronte alle diverse esigenze emergenti.

I servizi sociali vengono messi in ginocchio da un insieme di fattori tra cui l’invecchiamento della popolazione, l’aumento del debito pubblico e la crisi della famiglia.

È innegabile che in quest’ambito siano stati fatti passi da gigante dall’inizio del ‘900: le uniche forme preesistenti di lotta all’emarginazione e al disagio sociale erano legate infatti all’istituzionalizzazione di persone nullatenenti, per evitare che potessero causare problemi di ordine pubblico.

Col passare dei decenni e la nascita del welfare state, l’obiettivo dei servizi sociali e sanitari si è spostato verso la garanzia di un benessere personale non coincidente col solo concetto di salute ma con quello più ampio di buon funzionamento dell’individuo.

Questi cambiamenti hanno portato ad un sistema di servizi sociali sempre più gravoso per il bilancio dello Stato, che ha aumentato i propri oneri nei confronti del cittadino.

La legge quadro per i servizi sociali è la 328/2000, modificata nel 2001 dalla Riforma costituzionale del Titolo V: questa revisione ha portato una grande ambiguità nel coordinamento dei servizi, soprattutto dal punto di vista della ripartizione delle responsabilità tra Stato ed enti locali.

Uno dei punti cardine della “legge quadro” è la promozione della partecipazione attiva dei cittadini alle attività sociali, espressa dal principio di sussidiarietà orizzontale. Questo principio risulta fondamentale anche perché prevede l’integrazione tra soggetti pubblici e privati (il cosiddetto Terzo settore) nell’erogazione delle prestazioni.

Questo cambiamento è necessario per sgravare le istituzioni pubbliche dal peso della totalità del sistema sociale e predisporre servizi flessibili, mettendo il cittadino nella condizione di poter scegliere in maniera adhocratica l’aiuto a lui più congeniale, non più come utente ma come cliente.

Uno dei principali dubbi riguardo la compartecipazione dei soggetti privati all’erogazione dei servizi risiede nel rischio che ci sia un’offerta al ribasso e che in tal modo vengano violati i livelli essenziali di assistenza sociale previsti dalla legge 328/2000.

Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione paradossale nella quale lo Stato da una parte vuole salvaguardare il benessere personale della popolazione con standard rigidi ma dall’altro, dovendo far fronte alle difficoltà economiche, destina a tali fini sempre meno risorse.

Un’indagine della Cgil mostra che negli ultimi 5 anni il fondo per le politiche sociali ha subito un taglio del 75%, passando da una dotazione originaria di 923,3 milioni di euro a soli 69,95 milioni.

È comprensibile che in una società governata dalle leggi del mercato, anche i servizi sociali risultino fortemente collegati ad esso, ma non è tollerabile che settori come quello sanitario, scolastico e sociale siano bersagliati da riduzioni sistematiche dei fondi monetari.

Costituzione della Repubblica ItalianaQueste politiche finanziarie contraddicono infatti il comma 1, art.1, della legge 328/2000, il quale rifacendosi agli artt. 2, 3 e 38 della Costituzione, sottolinea che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo in ambito economico, sanitario e sociale.

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