«Al dottor Frankenstein interessa solo la vita umana: la sua distruzione e la sua creazione»


Nessun ufo, nessun alieno o marziano. Solo il desiderio di oltrepassare i limiti delle possibilità umane e plasmare una nuova vita.

La ricerca di una conoscenza proibita si trasforma, nel 1818, nel più significativo e popolare dei moderni simboli del terrore: Frankenstein. Lo scienziato che gioca a fare Dio, anzi lo sfida apertamente come un Prometeo moderno.

È l’aspirazione settecentesca a trasformare il mondo, addirittura crearlo: la stessa Mary Shelley potrebbe essere stata influenzata dalla figura dell’alchimista Konrad Dippel, personaggio quasi leggendario che aveva dedicato la propria esistenza alla ricerca dell’elisir di lunga vita. L’esperimento, tentato anche da altri studiosi, non è mai stato mai portato a termine, ma potrebbe essere stato da ispirazione per la creazione del dottor Frankestein.

Il protagonista del romanzo è uno scienziato ansioso di dominare i fenomeni della vita e della morte; per soddisfare la propria ossessione, si chiude in laboratorio e, pezzo per pezzo, costruisce un individuo con parti di vari cadaveri trafugati dai cimiteri e dagli obitori, riuscendo ad animarlo con la scarica elettrica di un fulmine.

Come il ribelle Prometeo ruba il fuoco dall’Olimpo e lo dona all’umanità, così Victor cerca di dare all’uomo la possibilità di annullare la morte, di creare dal nulla un nuovo essere umano con l’ausilio della scienza. Purtroppo, il suo tentativo si rivela un fallimento.

La Creatura è una tabula rasa priva di anima: non si crede capace di sentimento, emozione o immaginazione. Il mostro è una somma di tendini, muscoli e ossa, un insieme di organi che funzionano secondo una meccanica impeccabile. Ma la componente imprevedibile, fatta di pulsioni, istinti e sentimenti, c’è e si trasforma in una forza dirompente.

Cieco ai richiami della ragione, lo scienziato non percepisce né la potenza della propria creazione, né la rovina che può derivarne. I personaggi che tentano di utilizzare per i propri fini la conoscenza finiscono quasi sempre per affrontare un triste destino: a volte la loro attività attira l’attenzione di esseri malevoli; altre volte, nello spirito di Frankestein, vengono distrutti da ciò che loro stessi hanno creato.

La rivolta del mostro riprende il tema faustiano della punizioneFaust viene castigato perché aspira a travalicare i limiti naturali e le leggi divine, macchiandosi così del peccato di orgoglio. In Frankenstein, lo scienziato sfida Dio e viene colpito dalla sua stessa creazione, che uccide uno dopo l’altro i suoi amici e parenti. «Considerai l’essere che avevo gettato tra l’umanità quasi come il mio stesso vampiro, il mio stesso spirito lasciato uscire dalla tomba e costretto a distruggere tutto ciò che mi era caro». Come Frankenstein, che al pari di Prometeo e di Faust ha osato ribellarsi a Dio e alla natura, così la Creatura insorge contro il suo crudele padrone.

È grazie alla figura del mostro che il romanzo è divenuto immortale. Oltre ai dubbi che l’autrice mette in evidenza circa il progresso scientifico e le sue eventuali responsabilità, emerge un aspetto altrettanto importante: la paura del brutto e dell’imprevedibile. Nonostante tutto, infatti, Mary Shelley accetta gli errori commessi da Frankenstein, ma non può accettare il “diverso”.

L’influenza del libro è stata dirompente: forse non vi è altra opera della tradizione gotica che sia penetrata più profondamente nell’immaginazione culturale.

Il titolo è una citazione dal film Frankenstein, 1931.

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