Scampia: la speranza di cambiare


«Lo sdegno che provo nelle condizioni in cui sono costretto a vivere, insieme alla mia famiglia e con me la maggioranza dei cittadini-contribuenti onesti di Scampia, è inverosimile».

Questa toccante frase, rivolta da un cittadino partenopeo al giornalista-scrittore Corrado Augias, rappresenta una delle tante denunce di persone costrette a vivere in situazioni di emergenza, causate dall’elevata presenza di criminalità e da condizioni socio-economiche precarie nei quartieri più poveri di Napoli.

Scampia è un rione situato nell’estrema periferia nord di Napoli ed è uno dei più popolati: questa parte della città si distingue per gli alti tassi di disoccupazione che interessa quasi il 50% della popolazione attiva.

L’incremento dei flussi migratori negli ultimi decenni ha aumentato la presenza di persone appartenenti a fasce sociali svantaggiate, contribuendo ad accentuare le conseguenze di quello che il sociologo americano W.J. Wilson chiama “effetto concentrazione“.

Questa concentrazione genera ulteriori problemi, che finiscono per replicare il disagio sociale: la mancanza di reti informali solide, la presenza di servizi sociali malfunzionanti e una cattiva immagine della popolazione con effetti di discriminazione esterna e di autovalutazione negativa interna.

Mancano spesso iniziative per uscire da questa situazione d’emergenza: il Consiglio comunale di Napoli si è recentemente riunito per presentare un cronoprogramma dettagliato di interventi (soprattutto in ambito socio-assistenziale), ma la seduta si è interrotta per mancanza di accordi tra maggioranza e opposizione ed è stata rinviata.

Un’iniziativa interessante è stata la partita di calcio tra rappresentanti dell’Onu e giovani di Scampia: divulgata dalla televisione delle Nazioni Unite in tutto il mondo, può diventare per i giovani del quartiere uno strumento di promozione e un aiuto per sentirsi meno abbandonati.

La ripresa è impossibile? Il cambiamento è utopia? Nessuno può rispondere con esattezza a queste domande, ma evoluzioni del genere non sono senza precedenti.

Prendiamo l’esempio di Harlem, un quartiere di Manhattan (New York), per anni conosciuto come il più pericoloso, malfamato e decadente all’interno dell’isola.

Le difficoltà presenti in questo rione sono state per molto tempo simili a quelle di Scampia: a partire dalla metà degli anni novanta del ventesimo secolo però, il quartiere ha iniziato a cambiare faccia, grazie in particolar modo alla volontà dei suoi abitanti.

La rinascita si è basata sulla valorizzazione della cultura autoctona di cui sono esempio stili musicali come il jazz e l’hip-hop: il turismo ha avuto una crescita vertiginosa con l’arrivo di visitatori da tutto il mondo e anche l’edilizia, dopo decenni di stallo, ha ripreso a funzionare.

Alcuni problemi sono rimasti, come la discrepanza di reddito tra la popolazione bianca e quella di origine afro-americana, ma anche in questo caso c’è stato un livellamento verso l’alto.

Profonde differenze culturali, geografiche e storiche rendono complicato il confronto tra la situazione partenopea e quella di oltre oceano, tuttavia sembra vi sia un elemento comune a entrambe le realtà: l’orgoglio di un popolo che vuole rialzarsi valorizzando le sue qualità.

2 Commenti

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  1. Vanessa Pepoli

    Sento dire spesso che le cose che succedono in America da noi non potranno mai avvenire, semplicemente perché l’America è l’America. Quello che penso è che in America avendo una multi-etnia ci sono stati nel tempo numerosi scontri per i più disparati problemi e per questo sono abituati a combattere per avere i proprio diritti perché li vale in un certo senso la legge del più forte e se stai buono li senza fare nulla vieni schiacciato come un insetto. Qui purtroppo abbiamo l’abitudine di aspettare che qualcosa cambi senza fare nulla e la conseguenza per alcuni (pochi) può essere positiva, ma per la maggior parte della popolazione non fa altro che peggiorare la situazione. La chiara dimostrazione è Scampia o i quartieri come quello.

    Scusate le dilungaggini, ma sono di quegli argomenti di cui avrei tante di quelle cose da dire che potrei scrivere un libro.

    Bell’articolo comunque…. complimenti!

  2. morena

    Il percorso per il cambiamento può essere difficile, lungo e apparire a volte impossibile, è vero, non c’è certezza che i nostri sforzi trovino il meritato riscontro ma una cosa è certa: non provarci nemmeno o desistere pensando che “tanto non serve a niente” o che “tanto è sempre stato cosi” ci rende, da vittime, a complici/artefici del nostro disagio.
    Penso anche che ogni situazione vada analizzata in tutti i suoi aspetti, sociale e politico, economico. Se le prime persone a credere in ciò di cui si sta parlando fossero gli uomini/donne che si occupano di politica, i problemi di disoccupazione, corruzione disuguaglianza sociale non esisterebbero, almeno non a livelli cosi elevati.

    …..Nel frattempo abbiamo giovani che scrivono articoli molto interessanti, complimenti! 🙂

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