I Padri Fondatori: visione e ideali
«Quando, nel corso degli umani eventi, diviene necessario per un popolo spezzare i legami politici che lo hanno unito ad un altro, ed assumere, fra le potenze della terra, la posizione distinta e paritaria a cui le leggi della Natura e di Dio gli danno diritto, il giusto rispetto dovuto alle opinioni dell’umanità esige che esso dichiari le ragioni che lo costringono a separarsi».
Questo è l’inizio della di dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, il documento che sancisce nel 1776 la nascita dello Stato che più di ogni altro è presente nella storia del XX e XXI secolo. Gli eventi li conosciamo. Ma quali sono gli ideali, i principi alla base di essi? Cosa muoveva gli uomini che hanno combattuto per l’indipendenza delle tredici colonie? Cos’era ciò in cui essi credevano, quali i valori che ora impregnano con veracità o ipocrisia l’equilibrio della nostra geopolitica?
Ora, se non possiamo fare un affresco completo del pensiero dei Padri Fondatori degli Usa, possiamo tuttavia tentarne almeno uno schizzo, guardando a cosa si ispiri la Dichiarazione e soffermandoci su alcuni degli uomini-chiave della rivoluzione.
Nel monumento del Monte Rushmore, uno dei più significativi dell’America, sono scolpiti i volti dei presidenti George Washington, Thomas Jefferson, Abraham Lincoln e Theodore Roosevelt. Washington è il primo presidente, Thomas Jefferson il principale redattore del documento su cui ci soffermiamo. All’interno dello scritto troviamo i valori fondamentali della rivoluzione: vi si dichiara che «per verità di per sé evidenti» gli uomini sono uguali, e dotati del diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità.
Per conseguenza, nel documento si sostiene il diritto all’autodeterminazione dei popoli laddove questi diritti vengano lesi. Alla base di queste tesi, la fede in Dio, i valori dell’illuminismo e del giusnaturalismo. Cosa comporta tutto questo? Che gli Stati Uniti d’America, nati nel contesto di un Nuovo Mondo estraneo agli equilibri machiavellici dell’Europa, costruiti dalle speranze dei coloni, fin dalla nascita si ergono non a baluardo degli americani, ma dell’Uomo in quanto tale, sostenuto in una visione fatta di principi ritenuti inconfutabili ed evidenti.
Certo, gli ideali della Rivoluzione del ’77, sorella maggiore di quella dell’89, fanno sognare. Tuttavia, prima ancora di chiedersi se essi siano stati rispettati nel corso della storia degli Usa, si può muovere una duplice osservazione di apprezzamento e critica. I valori illuministici hanno tentato l’impresa dolcemente folle di dare uno statuto all’umanità (si pensi alla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino): facendo questo, hanno impostato la dottrina di dialogo e democrazia su cui si basano gli Stati in cui viviamo.
Oltre ad averla impostata, però, essi in un certo modo l’hanno anche imposta: perché se nessuno di noi (si spera!) disprezza libertà e uguaglianza, tuttavia gente maturata in un’esperienza differente dalla nostra potrebbe non comprendere le modalità in cui esse vengono proposte dall’Occidente – si pensi ad alcuni paesi islamici. I valori fulgidi dei Padri Fondatori, di fatto, fanno una petizione di principio. Liberté, Egalité, Fraternité, si sarebbe detto poco dopo. Ma che genere di libertà, quale uguaglianza, che tipo di fraternità? E perché?
Proseguiamo tratteggiando rapidissimamente le figure George Washington, Thomas Jefferson, Benjamin Franklin, John Adams. I quattro citati sono forse le figure più note e tra le più importanti fra i Padri. Washington, primo presidente, cristiano e benevolo – secondo alcune fonti – con gli schiavi, nonché artefice dell’isolazionismo della neonata repubblica. Jefferson, più idealista in politica estera, vagheggiava la figura del proprietario terriero come modello di indipendenza: è sua la concezione per cui libertà è libertà di fare quel che si vuole, che finisce dove inizia quella degli altri. Adams, fieramente repubblicano, sostenitore di uno Stato che assicuri l’ottenimento dei fini tipici dell’uomo (felicità e virtù). Franklin, illuminista, teista, come gli altri quattro massone. Quest’ultimo è forse particolarmente indicativo, in quanto vedeva nelle virtù umane il collante e il sostegno della società. Fece benedire suo figlio da Voltaire: il francese, per la benedizione, disse: “Dio e libertà”.
Ciò che accomuna queste figure ci rimanda a ciò che abbiamo già detto: questi uomini erano fautori di uno Stato monumento di libertà, patria di tolleranza. Essi pretendevano – non senza grandezza d’animo – di vedere i valori propri dell’uomo. È importante però riconoscere che anche le loro convinzioni fanno pur sempre parte di una visione particolare, quella illuministica. Il Gran Sigillo d’America, ad esempio, elaborato da Adams, Jefferson e Franklin, ha su un lato l’aquila americana e sull’altro la piramide onniveggente, simbolo massone.
Infine, per avere davvero una visione consapevole sui Padri, bisogna anche guardare a come i loro valori sono stati declinati nella storia: e se Wilson era sostenitore a spada tratta dell’autodeterminazione dei popoli, Lincoln non esitò a fare una guerra per soffocare l’indipendenza dei pur schiavisti stati del sud. E diffondere la democrazia è bello, ma sorge qualche dubbio quando farlo coincide fortuitamente con interessi economici…
+ There are no comments
Aggiungi