Tu vuo’ fa’ ll’americano – Le primarie di Matteo Renzi


Sono molte le informazioni reperibili su un personaggio pubblico, specialmente quando fa il mestiere più apprezzato dagli italiani: il politico. Al momento Matteo Renzi è il sindaco di Firenze, ma il 13 settembre si anche è candidato ufficialmente alle primarie del Pd.

Quando aveva 19 anni (era il 1994), Renzi è andato dall’italiano più americano dell’epoca – Mike Bongiorno – a girare la Ruota della Fortuna per quattro puntate consecutive, portandosi pure a casa 48 milioncini. Ma non è questo quello che colpisce. Sorprende che a meno di quarant’anni uno abbia fatto per cinque il presidente della provincia di Firenze e per tre il sindaco della stessa città? Magari un segno dei tempi che cambiano, forse.

Sorprende che abbia lavorato per la ditta di famiglia, la Chil srl (che poi è diventata Eventi6), che si occupa di comunicazione? Di qualcosa si deve pur campare. Stupisce che il giovane sindaco sia anche andato a trovare l’ex premier Berlusconi ad Arcore – episodio che gli ha causato non poche polemiche dagli irreprensibili alleati?

Quello sorprende di più è che Renzi sia stato capo scout. Non un’esperienza giovanile di qualche anno, ma un impegno continuativo che lo ha portato a dirigere la rivista scout per ragazzi dai 16 ai 21 anni, la fascia alla quale si presta più attenzione nell’associazione. Proprio per questo, Renzi  ricorderà bene il giorno in cui ha promesso di fare del proprio meglio per lasciare questo mondo migliore di come l’ha trovato. Un’ulteriore responsabilità nei confronti di un’associazione con più di 175mila iscritti.

Finito il tempo dell’amministrazione, Renzi è partito con il camper per l’avventura politica. Nella grande campagna elettorale US-style tutto ricorda i congressi  americani prima delle elezioni: tante persone in piedi ai comizi di paese, in sale alle volte sottodimensionate, A4 plastificati dai colori rosso e blu sventolati dalla gente, infografiche accattivanti che spiegano quanti soldi arrivano dalle donazioni dei cittadini e tante promesse di un cambiamento radicale.

Qualcuno penserà che in Italia le novità americane arrivano sempre qualche anno dopo: ed ecco qui il nostro Obama all’italiana, l’outsider che fa battere i cuori ai disillusi. Sicuramente tanti italiani si entusiasmano quando vedono un po’ di sano show business a stelle e strisce. Certamente, però, Renzi e il suo entourage di esperti comunicatori sanno che gli italiani non sono americani. Gli italiani che Renzi incontra in questi mesi sono anche signoroni coi baffi che cuociono le salsicce alla Festa Democratica convinti ancora di essere alla Festa dell’Unità del Pci. Sono anche signore impellicciate che borbottano «se non si vogliono sposare perché riconoscere loro dei diritti?».

Matteo Renzi ha costruito la sua campagna in equilibrio sul filo sottile sospeso sopra il rischio di scimmiottare le primarie americane: calare uno stile d’oltreoceano nella realtà italiana non è una sfida semplice, ma il primo cittadino fiorentino non sembra intimorito. A contorno di tutto, poi, ci sono le chiacchiere da bar: «Se non vince le primarie non va mica a scaldare la sedia in Parlamento»; «Sì ma alla fine non ha un programma: ha idee più di destra che di sinistra»; «Ce lo vedi te ad un incontro con la Merkel?».

Forse quest’ultimo punto crea un po’ timore anche nei progressisti più infervorati. La schiettezza di Renzi fa molto “uno dei nostri”, ma potrebbe risultare un po’ provinciale per l’affettato mondo della politica internazionale. Qualcuno obietta che anche Obama aveva un’aria da provinciale quando nel 2003 girava gli States in macchina per  convincere gli abitanti delle cittadine a votarlo come senatore dell’Illinois. Forse però è bene trattenersi dai paragoni con il presidente della nazione più potente del pianeta. Tu vuo’ fa’ ll’americano, ma si’ nato in Italy! Renzi sembra averlo capito, e questo è sicuramente il miglior viatico per una buona strada.

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