Spunti da Erice per un nuovo rapporto fra scienza e politica


Si è svolta dal 20 al 23 agosto scorsi a Erice (Tp) la quarantacinquesima sessione dell’ International seminar on nuclear war and planetary emergencies, evento al quale hanno preso parte un centinaio circa di scienziati provenienti da ogni angolo del globo. Promossa dal Emfcsc, fondazione presieduta da Antonino Zichichi, l’iniziativa nasce con l’obiettivo di riunire le competenze di alcune delle menti più brillanti del pianeta attorno alle tematiche più rilevanti e delicate del panorama socio-scientifico, quali ad esempio le nanotecnologie o il sempre più concreto rischio di una guerra informatica.

Oltre ad eminenti luminari di diverse discipline, per l’occasione sono intervenute anche alcune autorità internazionali, quali il presidente della Repubblica Ceca Vaclav Klaus ed il mnistro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, nel segno di uno stretto legame fra scienza e politica. Gli interventi di questi ultimi, seppur con alcune differenze, hanno posto enfasi sulla necessità di mitigare l’influenza che le più disparate ideologie e dogmatismi esercitano sull’opinione pubblica dando vita, nelle parole della Cancellieri, ad una società antiscientifica. In particolare, il ministro ha severamente ammonito quella corrente di pensiero che vede nella scienza una fonte di dogmi assoluti ed incontrovertibili, corrente che trova sovente “cassa di risonanza” nel linguaggio mediatico, sia per quanto concerne l’informazione che il marketing.

Una simile concezione contravviene al metodo scientifico stesso, che per sua stessa natura fin dai tempi di Galileo “procede per funerali”, per dirla alla maniera dello scrittore inglese Ian Mc Ewan. Coniugando sensate esperienze a necessarie dimostrazioni, esso utilizza induzione e deduzione quali strumenti fondamentali per giungere alla conoscenza della realtà naturale. Tale conoscenza non è però mai definitiva: le teorie scientifiche così costituite sono sempre falsificabili, in quanto – come sostenuto dall’eminente epistemologo Karl Popper – non è possibile effettuare esperimenti che tengano conto di tutte le infinite variabili che correntemente influenzano i fenomeni osservabili. Da ciò consegue l’esigenza di riconoscere i progressi scientifici per la loro natura, ossia quali congetture create allo scopo di descrivere con maggior precisione possibile la realtà naturale, senza pretesa di incontrovertibilità.

Elevare esperimenti e leggi fisiche al rango di dogmi, dunque, non solo rivela una profonda ignoranza, ma paradossalmente ostacola il sapere scientifico stesso, celando nella maggior parte dei casi secondo fini di natura economico-politica. Secondo il ministro Cancellieri, il nostro Paese è particolarmente esposto al suddetto rischio, data una realtà storica di discriminazione delle discipline scientifiche a vantaggio di quelle umanistiche, conseguenza in particolare della riforma scolastica gentiliana, che nel segno dell’idealismo di Benedetto Croce contribuì a mettere in luce gli studi “classici”. Solo in tempi recenti, sostiene la Cancellieri, il liceo scientifico sembra essersi affrancato dalla presunta superiorità del classico.

Meno convincente è apparso invece il discorso del presidente Klaus. Il presidente della Repubblica Ceca si è focalizzato sulla condanna delle ideologie politiche quali strumenti di influenza dell’opinione pubblica riguardo alla tematica del cambiamento climatico. Il suo ragionamento, però, è ricaduto nella stessa logica – per l’intrinseca fragilità delle motivazioni apportate – nel tentativo di argomentare a favore di politiche “lassiste” in materia di emissioni di gas serra, servendosi di strumenti tipici della scienza economica difficilmente applicabili alla climatologia. Il discorso di Klaus, inoltre, rimandava alle difficoltà di comunicazione spesso presenti oggi fra esperti nei vari campi del sapere.

Tale problematica, unita alla “mentalità antiscientifica” di cui sopra, costituisce uno dei principali ostacoli alla pubblica diffusione di informazioni corrette ed esaurienti su tematiche sempre importanti per l’umanità intera.

Il dibattito di questi ultimi anni sulla questione energetica (tematica vastissima, oltre che di assoluta rilevanza, alla quale si legano questioni come quella dell’energia nucleare, oltre al già citato riscaldamento globale) ha dimostrato che la scarsa qualità delle informazioni disponibili, unita alla mancata volontà di ricercare nozioni veritiere ed esaurienti da parte dei più, rende l’opinione pubblica facilmente malleabile e sensibile ai richiami di chi si appella a ideologie dal contenuto ben poco scientifico.

Incontri come quello di Erice, che promuovono un’interdisciplinarità di elevato livello e contribuiscono a mantenere vivo il dialogo fra i massimi esperti di diverse discipline, favoriscono una condivisione delle conoscenze sempre più indispensabile per affrontare le sfide che il terzo millennio ci porrà davanti. Non solo scienziati, ma anche autorità e capi di Stato hanno più volte ricordato (si veda il recente summit Rio+20) come sia indispensabile una stretta collaborazione fra tutte le forze politiche, mediatiche e scientifiche per indirizzare l’umanità verso un futuro sostenibile.

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