C’era una volta il vinile


«Tesoro, cosa facciamo stasera?»
«Non saprei… potremmo ascoltare un po’ di musica!»

Riuscite ad immaginarvi un dialogo del genere ai giorni nostri? Eppure c’è stato un tempo, non poi così lontano, in cui l’ascoltare musica era ancora un atto principale, e non un’azione di accompagnamento o di sottofondo. La sera ci si riuniva in salotto, in un angolo del quale risaltava trionfante un giradischi, vero e proprio oggetto di vanto; si sceglieva un vinile, lo si posizionava con cura e lo si faceva partire, assaporandolo dall’inizio alla fine insieme a tutta la famiglia.

L’ascolto richiedeva quindi uno spazio e un tempo dedicato, nonché una certa continuità, senza pause o zapping tra un brano e l’altro. Un ascolto attivo, insomma. Che cosa è cambiato oggi?

In un mondo in cui praticità, velocità e portabilità la fanno da padroni, pensare di ascoltare musica utilizzando un ingombrante giradischi è roba da pazzi. Soprattutto quando con un centinaio di euro o poco più ci si può concedere un pratico e semplice lettore Mp3, che di brani ne può contenere veramente tanti, per di più di ottima qualità (anche se, a voler essere precisi, essendo la digitalizzazione un’approssimazione dell’analogico, la qualità ne risente inevitabilmente).

Non solo: uno dei maggiori vantaggi che l’avvento del digitale ha portato con sé è la possibilità per chiunque possieda un computer di poter creare e diffondere musica, senza nemmeno la necessità di saper suonare uno strumento.

 A grandi linee, si possono individuare due schieramenti opposti a riguardo. Da una parte ci sono i paladini difensori della “vera” musica, che non scambierebbero il sapore del legno e il fruscio della testina per nessun Ipod al mondo. Dall’altra si schierano i fieri sostenitori dell’Mp3, della virtualità del supporto, dell’ascolto veloce e “parallelo” (da poco Federica Pellegrini ha lanciato una linea di lettori Mp3 subacquei).

Nel mondo della produzione musicale, dove regnano rapidità di esecuzione e precisione, il digitale ha ormai preso il sopravvento, tant’è che le rare volte in cui un artista decide di produrre un disco in analogico vengono scritte tonnellate di articoli a riguardo che lasciano a bocca aperta i lettori, come nel caso di Wasting Light, ultimo album dei Foo Fighters registrato interamente su bobine di nastro magnetico. Risultato di un produttore troppo alternativo e alle prime armi? Poco plausibile: Butch Vig è lo stesso produttore di Nevermind, uno dei best-seller per eccellenza degli anni ’90. Più probabile un ricercato ritorno all’essenza, al suono “nudo e crudo”.

In definitiva, non credo che in questa battaglia si possano facilmente decretare un vincitore e un vinto: è forse più logica una convivenza tra le due fazioni, ognuna con i suoi pregi e i suoi difetti. Possiamo pur sempre utilizzare un lettore Mp3 mentre facciamo jogging o siamo in metropolitana, cercando però di trovare anche il tempo per concederci una pausa di fronte a un buon vinile e alla naturalezza del suono analogico.

8 Commenti

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  1. Massi

    Beh guarda sembra un roba fuori dal tempo ma gli “audiofili” (quei pazzi fissati per l’audio di assoluta qualità) passano davvero le loro serate così.
    Si trovano tra di loro , portano i loro dischi e cd da casa, e passano la serata ad ascoltarli in rigorosa contemplazione.
    Molte anzi troppe volte oltrepassano il limite e passano in realtà il tempo ad analizzare i tecnicismi che ci sono dietro all’ascolto sia per quel che riguarda la registrazione che per l’impianto che la sta riproducendo.
    Però per fotuna c’è ancora che se la gode , ma gode veramente.

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