Che sport è la vita! Automatismi e d’intorni


Lo sport è vita in miniatura! Sano e nutriente, fisico e mentale, lo sport è tutto meno che un movimento coordinato fine a se stesso. È un’interazione fra la nostra psiche e il nostro fisico che può innescare un circolo virtuoso anche una volta che l’esercizio si è concluso.

La vita di ogni essere umano è il connubio perfetto tra una lunga serie di automatismi e un vivace soliloquio di sottofondo che accompagna le nostre giornate in uno sciame sismico di pensieri e scelte emesse senza sosta. E lo sport non è tanto differente.

L’automaticità con cui le prassi motorie prendono posto nella nostra vita assume la caratteristica di memoria procedurale, forma di memoria non-dichiarativa o implicita che coinvolge l’apprendimento di un’abilità gestuale e motoria, inconsciamente gestita con uno sforzo di coordinazione sempre minore da parte del soggetto grazie all’esercizio. Rientrano in questa categoria sia abilità motorie come andare in bicicletta, sia abilità cognitive come l’esercizio nella lettura [M. Gazzanica, 2005]. Una volta appreso il movimento, paradossalmente, lo sforzo intellettivo diminuisce, si ottimizzano le risorse energetiche e l’utilizzo del corpo diventa mirato e minimale.

Eppure tutta l’abilità appresa da un costante esercizio non può essere sufficiente a rendere un corpo uno spettacolare esemplare di perfezione umana, quale i migliori sportivi ci offrono. Il vero motore è una mente sana e controllata.

Pensare positivo: non importa come, non importa cosa, non esistono canoni, non esistono consigli, iniettarsi di forza e di coraggio è una questione tutta personale «Pain is inevitable. Suffering is optional. […] Il dolore non si può evitare, ma la sofferenza è opzionale. Supponiamo per esempio che correndo uno pensi: “Non ce la faccio più, è troppo faticoso”. La fatica è una realtà inevitabile, mentre la possibilità di farcela o meno è ad esclusiva discrezione di ogni individuo. Credo che queste parole riassumano alla perfezione la natura di quell’evento sportivo che si chiama maratona» dice nella sua prefazione a L’arte di correre Haruki Murakami;

Pensarsi attori, creatori attivi del proprio destino, dotati di un Locus of Control esterno. Il LoC costituisce da qualche decennio un interessante costrutto psicologico [Rotter, 1966] per identificare la tendenza dei soggetti a vivere la propria condizione esistenziale, quindi i propri successi e insuccessi, come conseguenza del proprio agire (LoC interno) o come fatalistico e inevitabile susseguirsi di eventi piacevoli o spiacevoli  (LoC esterno). Ovviamente l’una o l’altra posizione determinano l’assunzione di atteggiamenti diametralmente opposti. Da attori pensanti, strateghi della propria esistenza a spettatori passivi della continua irruzione di disturbanti ed incontrollabili elementi esterni. In uno studio recente [Pignatti, 2010] si è analizzato il LoC in relazione alla tipologia di sport e a specifiche dimensioni della personalità, riscontrando alti livelli di LoC interno in soggetti che praticano uno sport individuale di contatto, il Qwan-Ki-Do, in cui la responsabilità personale viene maggiormente stimolata  e resa evidente rispetto a sport quali il calcio o il tennis «Un giocatore di uno sport individuale dovrebbe avere nella propria mentalità la responsabilità diretta su quanto accade e un’accresciuta sensibilita al feed-back, tale che gli permetta di ritenersi l’unico artefice del cambiamento della propria strategia e del successo o dell’insuccesso della stessa» [Pignatti, 2010].

Forse da bambini avevamo capito bene quanto ci stavano insegnando i tiri al campo, forse da adolescenti il nostro egocentrismo aveva un senso e magari oggi sentirci padroni delle nostre ore, come suggeriva il buon vecchio Baden Powell, ci aiuterà a lasciare questo mondo un po’ migliore.

 

Bibliografia

Rotter, J.B. (1966), Generalised expectancies for internal versus external control of reinforcement. Psychological monographs, 80, 1-28

M. Gazzanica, R. I. (2005), Neuroscienze cognitive, Zanichelli

Murakami, H. (2007). L’arte di correre, Einaudi

Riccardo Pignatti, F. G. (2010), Personalità, Locus of control e tipo di sport: Un gioco interattivo, Giornale di Psicologia, 49-58

 


La memoria procedurale ed altri tipi di memoria, come quella autobiografica, vennero inizialmente studiate grazie alla presenza di singoli casi, ovvero pazienti con lesioni dell’encefalo a seguito di danni cerebrali di varia natura, in cui determinate abilità venivano meno. Oggi è possibile osservare in screening come l’encefalo si attiva durante i vari compiti mnestici.

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