Quando il Romanticismo europeo affascinò il Giappone


Il romanticismo e l’effimero è un piccolo libro, che contiene la cosiddetta «trilogia tedesca», scritta da Mori Ōgai.
Lo scrittore si laureò in Medicina nel 1881 ed entrò nell’esercito come medico militare. Tre anni dopo fu inviato in Europa per un approfondimento sulle tecniche mediche occidentali.

Era il periodo Meiji. Il Giappone era in pieno fermento politico e culturale.
Gli intellettuali del tempo aderivano a movimenti di rinnovamento come il Jiyū Minken Undō (Movimento per la libertà e i diritti civili) e le donne iniziavano a riunirsi attorno alle riviste progressiste, favorevoli ad un ruolo più attivo della donna all’interno della società.

Mori Ōgai, dopo l’esperienza all’estero, divulgò la sua conoscenza del Romanticismo in Giappone, sviluppando tematiche tipicamente romantiche nei racconti e dedicandosi alla traduzione di alcune opere straniere del periodo.

Il Romanticismo con cui venne a contatto l’artista giapponese fu quello più tardo, con ideali già solidi e ampiamente diffusi.

Il suo primo contributo fu Omokage (Vestigie), una raccolta di poesie; poi Shiragamisōshi (I quaderni della graticciata), pubblicato su una rivista e, dal 1890, la trilogia tedesca.

In Maihime (La Ballerina – primo libro della trilogia tedesca) Ōta Toyotarō, il protagonista, viene mandato in Europa a svolgere un incarico e qui incontra Elise. Una notte, vagando per le strade di Berlino, realizza che il vero se stesso è quello scoperto in Germania: un ragazzo di venticinque anni, trasformato dalla madre in un’enciclopedia vivente e dal suo superiore in un depositario della legge, ma che in realtà sente sempre più forte dentro di sé la vocazione per la storia e la letteratura.
Mentre riflette sulle sue propensioni, vede accanto ai battenti chiusi della chiesa di Kloster una donna molto bella, dalla “triste espressione interrogativa”. Piangeva perché il padre era morto e sia lei che sua madre non avevano i soldi per offrirgli una degna sepoltura. Il ragazzo, colpito da queste complicate vicende familiari, decide di riaccompagnare a casa la ragazza e di prestarle il denaro necessario al funerale. Ben presto, i due diventano amici e poi amanti. Il rapporto si fa sempre più stretto, finché Toyotarō non inizia a sentire il peso di tutte le maldicenze dette sul suo conto dai conoscenti di Berlino, dato che aveva abbandonato l’incarico ricevuto dal governo e non seguiva più i corsi di legge all’università.
Se da una parte poteva dirsi felice per l’amore appena sbocciato, dall’altro percepiva il pericolo di non avere più un appiglio al mondo in cui era cresciuto e che lo faceva sentire protetto. Mosso da questa inquietudine, quando il Ministro Amagata, conosciuto attraverso un amico comune, gli offre un impiego in Giappone, egli sceglie d’imbarcarsi e di lasciare definitivamente non solo la Germania, ma anche Elise, innamorata e incinta.
I temi centrali del racconto sono l’individualismo e la presa di coscienza della propria infelicità, entrambi in contrasto con ciò che restava del passato premoderno della letteratura giapponese, che aveva decretato la superiorità del giri (l’obbligazione sociale) rispetto al ninjō (sentimento), tant’è che gli stessi personaggi creati da Ōgai vivono in un perenne conflitto interiore.

L’Europa diventa, quindi, il luogo in cui Toyotarō, Kobayashi e Kose (i tre protagonisti dei tre racconti della trilogia tedesca) sondano la dimensione individuale, che hanno sempre dovuto tralasciare perché cresciuti con l’idea che il senso del dovere dovesse prevalere sulla libertà personale.

Il Romanticismo esaltava l’unicità dell’individuo, che si manifestava attraverso la soggettività dei sentimenti ed una specifica condizione esistenziale, guidata dalle emozioni. Si lasciava spazio all’impeto scatenato dalle forze della natura anziché alla razionalità esaltata dall’Illuminismo.

Il personaggio femminile più interessante è quello di Marie di Utakata no ki (Ricordi di vite effimere – secondo libro della trilogia tedesca): è una donna indipendente, sopravvissuta ad una serie di abbandoni familiari, che grazie ai soldi offertile anni addietro da un gentile signore giapponese di nome Kose, era riuscita a far trascorrere serenamente gli ultimi quattro giorni di vita della madre. Quando, tempo dopo, incontrerà nuovamente il suo benefattore, gli offrirà non solo il suo amore, ma anche la sua visione positiva dell’esistenza, in grado di risvegliare in lui un entusiasmo mai provato prima del soggiorno a Monaco.

Marie, figlia di un pittore, frequenta il circolo degli studenti di Belle Arti, ma nessuno conosce le sue doti artistiche e viene considerata pazza per le sue graffianti affermazioni. Rivolta a Kose, dice: “Gli artisti che mi deridono definendomi pazza, dovrebbero in realtà rattristarsi di non esserlo. Che per diventare eroi superbi o grandi maestri sia necessario essere un po’ matti, lo teorizzava nei suoi scritti Seneca e lo affermava anche Shakespeare”. 1

La lettura procede veloce e leggera e si arriva alla fine dell’ultimo racconto con ancora l’eco delle parole di Marie a ricordare l’importanza di ogni attimo, dato il carattere effimero della vita: “Oggi, non c’è che oggi. Cosa potrei farmene di ieri? Domani, dopodomani, sono parole prive di significato, del tutto vuote”.2

1: Mori Ōgai, Il Romanticismo e l’effimero, 2007, Go Book Editore, Merate (Lc), pg. 79.
2: Mori Ōgai, Il Romanticismo e l’effimero, 2007, Go Book Editore, Merate (Lc), pg. 84.

Testo di riferimento per nozioni e informazioni su vita e opere dello scrittore:
La narrativa giapponese moderna e contemporanea, Luisa Bienati e Paola Scrolavezza, Marsilio Editori, Venezia, pp. 38-43.

+ There are no comments

Aggiungi