Giorgio La Pira e l’educazione alla politica, tra gli anni 60 e oggi


Che cosa ha fatto Giorgio La Pira?  Prima di tutto è stato membro dell’Assemblea costituente (con Dossetti, Fanfani, e Lazzati), poi sindaco di Firenze per due mandati.

Un “pesce rosso nell’acquasantiera”… Nel concreto:

Contro la disoccupazione…

Se oggi si discute sull’articolo 18 e la riforma del mercato del lavoro, nel ’53 La Pira si schierò dalla parte dei lavoratori della fabbrica Pignone, che rischiava  di chiudere per fallimento. Riuscì a far in modo che il Pignone fosse acquisito dall’imprenditore Enrico Mattei, salvando dalla disoccupazione circa 2000 famiglie.

A favore di chi era senza casa…

Sempre nei primi anni del dopo guerra, Firenze, come il resto della Italia era affetta dalla piaga del gran numero di sfollati. Ben pochi potevano permettersi di pagare un affitto con continuità, grandissimo era il numero degli sfrattati, intere famiglie rimanevano senza un tetto sulla testa.

La Pira cercò un accordo con i proprietari degli appartamenti. Questi rifiutarono qualsiasi collaborazione. Allora La Pira chiese ai proprietari di affittare i loro locali al Comune di Firenze. Questi rifiutarono nuovamente. A quel punto il sindaco si ingegnò, andò a cercare, aiutato dall’amico magistrato Meucci, una legge del lontano1850, invirtù della quale requisì “per motivi sanitari o di ordine pubblico” gli appartamenti non utilizzati. A quel punto poté ridistribuirli a chi ne aveva bisogno.

A coloro che lo criticavano disse:

“…io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia!
Ma non avete il diritto di dirmi: signor Sindaco non si interessi delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.).
È il mio dovere fondamentale questo: dovere che non ammette discriminazioni ….”

Il resto del mondo invece ricorda soprattutto il suo impegno per la pace: tra gli episodi simbolo quello del ’55, quando convocò a palazzo Vecchio tutti i sindaci delle capitali del mondo perché firmassero un accordo di amicizia.

Nel ’59, in piena guerra fredda, si è recò a Mosca per parlare con l’allora Soviet Supremo, e nel ’65, incontrò Ho Chi Minh in Vietnam, per lavorare sulle condizioni di un accordo bilaterale che potesse porre fine alla guerra con gli USA.

Personalmente, nonostante sia morto prima che io nascessi, sento la nostalgia di un politico come questo. Quando, un mese fa circa, sono stata all’opera per la gioventù La Pira mi hanno fatto vedere quella che è stata la camera di La Pira nei suoi ultimi anni di vita.

Una piccola stanza con il letto, la scrivania, l’armadio, il crocifisso.

“Una camera dove non c’è nulla” dice chi accompagna “ ma è un nulla che dice tutto.”

È proprio vero, mi dico, pensando alla politica di oggi. Chi tra i membri del nostro Governo potrebbe oggi vantarsi, e ripeto, vantarsi di avere una camera così?

Ecco, appunto, e oggi?

Oggi a Firenze rimane la Fondazione La Pira, e l’Opera per la gioventù La Pira. Quest’ultima è nata e continua ad essere uno studentato.

Ma,  oltre ad ospitare ragazzi iscritti all’Università di Firenze, è un’associazione di volontariato che lavora per l’educazione dei ragazzi. L’Opera dagli anni ’80 ha cercato di seguire – letteralmente- le orme di La Pira. Inizialmente ha organizzato viaggi scambio tra giovani italiani e russi, facendo incontrare  «cattolici e ortodossi, di Mosca e S.Pietroburgo, ed altri studenti universitari dell’Istituto per le Relazioni internazionali di Mosca – Mgimo University -, credenti e non credenti». Oggi i ragazzi arrivano anche dal Portogallo, dall’Albania, dalla Croazia, dall’Ungheria.

Chi partecipa è chiamato a confrontarsi su ciò che riguarda i valori della persona, la vita sociale ed economica, i rapporti tra i popoli e le nazioni, il dialogo tra le chiese cristiane e tra le religioni.

Dal 2004, una sensibilità in più per la pace a Gerusalemme «tra la “triplice famiglia di Abramo” – Ebrei, Cristiani, Musulmani -: in questa prospettiva  partecipano oggi al Campo internazionale anche giovani ebrei ed arabi, cristiani e musulmani, provenienti da Israele e dalla Palestina».

 

Quella che segue è l’intervista a Marina, membro attivo dell’Opera per la gioventù La Pira.

Marina ci tiene a cominciare spendendo due parole sul fondatore dell’Opera.

Pino Arpioni, fondatore dell’Opera per la Gioventù Giorgio La Pira, costretto a partire militare nel ’43, fu arrestato in Friuli dai tedeschi e deportato in diversi campi di concentramento. Fu quell’esperienza drammatica a far maturare in lui la vocazione di dedicarsi interamente all’educazione dei giovani. 

Che tipo di educazione portate avanti all’Opera per la gioventù La Pira? che cosa fate nel concreto?

Una metafora per descrivere il metodo educativo che portiamo avanti, cara a Pino Arpioni, è quella dello “sgabello a tre gambe”, le tre dimensioni che lo reggono sono: la dimensione della grazia, che sana, eleva e rinnova la persona; la dimensione della persona stessa, il suo valore, la sua realizzazione e la dimensione dell’impegno nel mondo.
Quello che proponiamo nel concreto ai giovani è di partecipare all’esperienza del “campo scuola” della durata di dieci giorni circa, durante i quali condivideranno tutti i momenti della giornata con i propri coetanei e con dei capigruppo più grandi di loro. Pensando ud un”educazione integrale”, è molto importante condividere ogni momento della giornata.
La nostra attività si svolge prevalentemente in tre centri, uno al mare e due in montagna. Sono dei luoghi belli, che permettono ai giovani di stare a stretto contatto con la natura; anche questo è un elemento fondamentale del nostro metodo educativo, crediamo infatti che la bellezza della natura serva all’uomo per maturare e crescere.
Quale buona politica sull’esempio di La Pira?

Sull’esempio di La Pira si educano i ragazzi ad esser parte attiva della società, cercando sempre di avere “in una mano la bibbia e nell’altra il giornale” per riuscire ad interpretare nel modo migliore il mondo che li circonda.

Quali sono i vostri “strumenti” educativi?

Come dicevo prima, il nostro principale strumento educativo sono i campi scuola estivi residenziali, scanditi da momenti di gioco, di riflessione e di preghiera.

I ragazzi come rispondono alle vostre proposte? cosa rifiutano più spesso, e cosa più spesso accolgono?

I ragazzi accolgono bene la nostra proposta, in particolare il fatto che proponiamo loro qualcosa di “straordinario”, un’esperienza al di fuori dell’ordinarietà e dalla frenesia del quotidiano.
In molti casi, l’aspetto più faticoso da vivere è quello della condivisione, del sapersi “mettere in gioco”, mostrando anche anche le proprie difficoltà e i propri limiti.

Secondo il tuo parere, le nuove generazioni sono educate alla politica?

Sicuramente i giovani di oggi sono consapevoli del sistema politico attuale, anche perché, nel bene e nel male, è un argomento sempre all’ordine del giorno nella vita di ognuno di loro. Non ho elementi per valutare se sono educati alla politica o no, sicuramente sono pochi i luoghi dove si propone loro un’educazione specifica alla politica, ma sono molti quelli dove hanno la possibilità di confrontarsi anche su questo tema. Pensandoci bene, concetti come quello del bene comune e l’idea di politica vissuta come servizio per gli altri, sono facili da capire…anche per un giovane!

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