La Maschera del Dragone: capodanno cinese in Italia


Come succede che mi ritrovo a pelare carote, lavare germogli di soia, sedano, ed una strana verdura che sembra un incrocio tra un cavolo e un finocchio, in una cucina che è un locale della parrocchia del mio paese, Savignano sul Rubicone, tra pentoloni che ribollono di brodo, in compagnia di due autentici cuochi cinesi?

È perché il 23 gennaio è iniziato l’anno del dragone, che tutto l’oriente celebra. Si tratta di una festività importantissima per il popolo cinese.

Il centro Italia Cina, di cui faccio parte, ha organizzato i festeggiamenti per l’occasione.

 

Ci è voluto tempo, e cura…

La preparazione della cena, ha richiesto per due giorni interi l’impegno di Paolo Huang, cuoco di un rinomato ristorante cinese di Roma, aiutato dalle mamme della comunità cattolica cinese. Ma per la festività hanno lavorato anche tanti altri volontari, tra cui molti italiani. Lo stesso Paolo è rimasto stupito nel vedere un gruppo di ragazzi italiani dare una mano per lavare la montagna di piatti e pentoloni a fine serata.

Questo spirito è stata la componente fondamentale, frutto dei gruppi pomeridiani Centro Italia Cina, presenti sia a Savignano sul Rubicone, sia a Rimini. Nascono come centri pomeridiani dove volontari italiani aiutano i ragazzi cinesi nel recupero scolastico. Ma oggi quello che li lega è soprattutto un rapporto di amicizia. E di questo rapporto forte hanno beneficiato tutti. Il centro Italia Cina, infatti, ha aperto le porte al crearsi di una vera e propria rete di famiglie cinesi, ed ha permesso loro di aprirsi e farsi conoscere ai cittadini italiani. Cose semplici, come la festa del capodanno. La convivenza fraterna passa attraverso queste.

 

In Cina, il  governo, tramite pubblicità, tv, invita sempre i suoi cittadini a tornare a casa per la festività. E funziona, tanto che chi vuole viaggiare in questo periodo è costretto a prenotare i biglietti aerei molto tempo prima.

Addirittura un blog denuncia: «Il periodo prima del Capodanno cinese, di solito in tutte le città della Cina aumenta la criminalità, tutti affermano che gli sfortunati non hanno abbastanza soldi per tornare a casa per cui derubano e rapinano». Esagerazione?

Di certo, per questa data ci sono in giro, su aerei e mezzi di trasporto, circa un miliardo e mezzo di persone, che si muovono da nord a sud, sud nord est ovest, ovest est: sono i migranti interni ( cioè da una regione all’altra della Cina) e quelli esterni. In qualsiasi caso si tratta di lavoratori che aspettano questo periodo dell’anno per poter ritrovare genitori, figli ed amici. Il dramma cinese della migrazione è infatti il letterale spappolamento delle famiglie: quante madri e padri a causa del lavoro lasciano il proprio figlio in patria, educato dai nonni?

Anche nel caso in cui tutta la famiglia si trasferisca all’estero, ad esempio in Italia, può avvenire che la madre, sia con i figli a Milano, e il padre a Napoli. O addirittura che entrambi i genitori si spostino a Roma, e lascino i figli ad amici e conoscenti.

Per questo il capodanno cinese si carica di importanza. È innanzi tutto una data da festeggiare in famiglia. È quello che abbiamo voluto fare a Savignano. Per questo la cena ha avuto così tanta importanza. Il piatto principale, il rombo, è un pesce che per i cinesi simboleggia l’unità nei legami.

E quello che è stato più importante è che la famiglia si è allargata, e siamo riusciti a stipare nella sala addobbata con lanterne rosse, tra bambini che saltavano dappertutto, circa 200 persone per la cena. In gran parte orientali, ma non solo. Ha partecipato il sindaco, che ha dato supporto notevole all’iniziativa, così come negli anni precedenti; gli impiegati dello sportello intercultura; e ovviamente la comunità di Montetauro, che gestisce il centro Italia- Cina con l’aiuto del sacerdote cinese Don Giuseppe Tong, responsabile della comunità cattolica cinese.

La danza del dragone.

Il momento più affascinante è stata la sfilata del grande dragone di cartapesta (foto a fianco). Contro il cielo scuro della serata, si è stagliata la sagoma del drago, con la sua testa dondolante, e, al suono del tamburo, ha iniziato la sua danza sinuosa per le vie del centro. Al seguito del drago, in corteo, tutti i partecipanti.

I cittadini curiosi si fermavano a guardare, chi per strada, chi dalla finestra della propria casa.

La tradizione vuole che il drago insegua la perla, simbolo di saggezza. Questa è una sfera rossa montata su di un’asta, portata da un ragazzo che balla davanti alla bocca del dragone.

Questa danza è diffusa in tutto l’oriente, si organizzano competizioni, con artisti e ballerini di altissimo livello. ( il video a fine articolo ne è esempio!)

Una normale esibizione prevede oltre ai danzatori anche musicisti, che accompagnano il drago con tamburi e campanelli. Talvolta i draghi sono più di uno, e nelle danza si intrecciano fra loro. Nelle esibizioni più spettacolari possono essere addirittura nove. Il drago non è associato al serpente, come in occidente, bensì è simbolo del cielo, della pioggia che nutre il terreno, della longevità. Col passare dei secoli, la simbologia del drago si è arricchita di vari influssi provenienti da differenti spiritualità di diverse culture, dal  taoismo, al buddismo, al confucianesimo, fino allo sciamanesimo siberiano e medio-asiatico.

A Prato si è svolto un corteo simile, certo più sontuoso, d’altronde nella città toscana la comunità cinese è più numerosa e presente da più vecchia data. Ciò che è importante, è che anche qui la festa è stata frutto della collaborazione tra la comunità buddista cinese, e la popolazione e le istituzioni italiane. Il corteo è stato organizzato da gruppi cinesi, insieme agli sbandieratori della Signoria di Firenze, e alla filarmonica verdi di Lucciana. E’ stato per tutti un segno di dialogo ed integrazione, salutato con entusiasmo.

Il grande show.

In Cina è tradizione assistere al grande show televisivo dell’emittente CCTV1, che prevede canzoni pop e tradizionali, ballerini, show di cabaret con artisti famosi.  A Savignano, abbiamo cercato di ricreare uno spettacolo tradizionale, certo più in piccolo. Tra i balletti di danza classica cinese, e i bambini delle elementari hanno intonano 小草, Xiao Cao, cioè filo d’erba; e sono spiccate le voci di cantanti lirici cinesi studenti in Italia, presso il Conservatorio Arrigo Boito di Parma.

A chiudere, la canzone 龍的傳人 , lóng de chuán rén, ovvero i discendenti del drago, titolo con cui si identifica il popolo cinese.

Il giorno dopo.

Il giorno dopo, sono a caricare i tavoli usati per la serata, sul pulmino di un mio amico, Y. Fu. Una volta finito, stanchi, sotto una pioggia, che ancora non era neve, Y. Fu mi saluta, e mi dice:

– grazie, grazie per tutto quello che avete fatto per noi.

Sorrido imbarazzata. L’impegno è venuto da entrambe le parti, sia da italiani che cinesi.

– Grazie a te, Y. Fu.

L’integrazione è così difficile?

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