Le mafie in giacca e cravatta: il Nord e la globalizzazione della criminalità organizzata


«E ora vorrei vedere i visi, ascoltare le parole di chi per decenni ha nascosto la testa nella sabbia, ha fatto finta di niente, ha permesso che il Nord diventasse parte fondamentale dell’economia mafiosa. E chiedere: perché?»

Si conclude così l’intervento di Roberto Saviano La maschera caduta su Repubblica del 1° dicembre 2011, seguìto alla sentenza del Tribunale di Milano del 19 novembre scorso: sedici mesi per arrivare al primo grado di uno dei processi di ‘ndrangheta p iùgrandi e complessi nella storia giudiziaria italiana. Un anno e mezzo dopo il maxi blitz del 13 luglio 2010 sull’asse Calabria-Lombardia, il processo Infinito – andato alla sbarra nel gennaio 2011 – ha raggiunto il traguardo: 110 condanne.

Le indagini dell’estate scorsa hanno aperto analogo squarcio nei loschi affari tra una certa Calabria e pezzi di Liguria e Piemonte: ad Alessandria è stato arrestato il Presidente della commissione territorio del comune; a Leinì, in provincia di Torino, due sindaci chiedevano voti in cambio del permesso di costruire; nella Riviera dei Fiori la giunta del comune di Bordighera è stata sciolta per mafia.

Queste operazioni, come molte altre, costituiscono un’ulteriore conferma della necessità di tenere gli occhi ben aperti sul territorio, sensibilizzando la cittadinanza sulla capacità della ‘ndrangheta di radicarsi ovunque. La capacità delle ‘ndrine di operare si manifesta in modo strutturato, riproponendo l’organizzazione classica dei paesi di origine con i quali gli uomini del sodalizio criminale mantengono rapporti e relazioni.

Giulio Cavalli, nel 2010, ha presentato A cento passi dal Duomo. Lo spettacolo, scritto in collaborazione con Gianni Barbacetto, direttore di Omicron, ha inizio con l’assordante silenzio milanese che ha accompagnato l’omicidio di Giorgio Ambrosoli. Il capoluogo lombardo non percepisce i nuovi mafiosi in giacca e cravatt: non solo i cittadini non avvertono la gravità della situazione, ma anche la politica sembra sottovalutarne la diffusione e la potenza economica. E potrebbe essere proprio il potere economico ad accompagnare la criminalità organizzata alle porte dell’Expo 2015.

È proprio questa l’essenza della mafia al Nord: la collusione con la politica e la grande capacità di infiltrarsi nei gangli di potere. Come nel profondo Sud, come a Gomorra. Un gioco velenoso di relazioni pericolose, con imprenditoria e politica in primo piano. Il pm Antimafia Vincenzo Macrì nel 2008 ha affermato che «Milano è la vera capitale della ‘ndrangheta e, tuttavia, la politica sembra non accorgersene».

La novità oggi è che si parla di Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna, non solo di Lombardia. Giovanni Tizian non ha ancora trent’anni, è un giornalista precario della Gazzetta di Modena e da un mese vive sotto scorta perché il crimine organizzato vuole la sua testa: la ’ndrangheta non ha gradito le sue inchieste (come quella su Reggio Emilia per Narcomafie) e soprattutto il suo Gotica, libro dedicato alla penetrazione delle mafie al Nord.

Alessio Pecoraro, coordinatore regionale giovani ApI Emilia Romagna, è chiaro al riguardo: «l’infiltrazione della criminalità organizzata nelle regioni settentrionali è una realtà purtroppo evidente, c’è da tanto tempo e spesso si fa finta di non vederla. Nel Sud del Paese la mafia agisce nelle modalità più violente e i boss considerano il mezzogiorno come un territorio a loro disposizione. Il Nord, invece, è il luogo degli affari redditizi, dove muoversi nei processi economici e sociali, sfruttando una cultura antimafia ancora da costruire e una robusta omertà».

Tutte le ultime inchieste gettano luce su una realtà che tanti non vogliono vedere, ma che c’è: business del traffico di droga, del gioco d’azzardo, delle estorsioni e, soprattutto, infiltrazioni negli appalti pubblici. Sentiamo come nostre le parole di Gian Carlo Caselli, Procuratore Capo di Torino: «Stupisce e amareggia che ci siano numerosi casi singoli che riguardano politici e amministratori usi a intrattenere rapporti d’affari e di scambio con persone riconducibili all’entourage mafioso».

È importante segnalare alla coscienza civile la concreta e reale esistenza di un fenomeno criminale che si muove silenziosamente anche nel Nord Italia.

Il punto è: come ha fatto la ‘ndrangheta a infilarsi nella vita di tranquille e operose città settentrionali? E, soprattutto, la politica locale davvero non si è mai accorta di qualcosa e davvero non ha mai avvertito qualche sospetto? «Ogni volta che si considera il problema mafioso come un problema lontano da noi, ogni volta che si dice la frase: “Tanto si ammazzano tra loro”, si sta facendo un grande regalo alla mafia. […] Ma quando senti che stai agendo perché queste storie sono le tue storie, allora qualcosa sta cambiando», Roberto Saviano in Vieni via con me.

«Adesso che abbiamo appurato che nel Nord la mafia c’è – e ci sono voluti decenni di allarmi inascoltati – è venuto il momento di conoscerla». Marta Chiavari, La Quinta mafia.

Saviano racconta la mafia al Nord

2 Commenti

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  1. Arianna

    Ricordo ancora perfettamente le parole di Saviano a Vieni via con me. E allo stesso modo ricordo il vergognoso intervento di Maroni nella puntata successiva per smentire la presenza della mafia al nord. Il potere sa, altrimenti non si impegnerebbe così tanto a nascondere.

    • Manuela Gualtieri

      “Esattamente un anno fa La Lega e l’ex ministro Maroni rimasero scandalizzati quando denunciai in tv che le mafie al Nord interloquivano con i poteri, con tutti i poteri, nessuno escluso. Domandavo cosa facesse la Lega mentre dilagavano, e dilagano, i capitali criminali. Cosa facesse mentre gli imprenditori lombardi messi a dura prova dalla crisi economica entravano in rete con le ‘ndrine. Il quotidiano della famiglia Berlusconi lanciò addirittura una campagna e una raccolta di firme contro di me, reo di “dare del mafioso al Nord”.
      Io non ho mai detto né pensato che “il Nord è mafioso”, naturalmente. Ma bisogna riconoscere che, oltre le fiaccolate contro il soggiorno obbligato e qualche iniziativa simbolica tesa ad aumentare la repressione, gran parte della politica e della cultura del settentrione italiano(con alcune coraggiose eccezioni, per fortuna) è stata silente sul potere delle cosche.”_ Roberto Saviano

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