Across the Universe: ribelli a tempo di musica


Quando avrai la mia età, capirai. Anch’io sono stato giovane, una volta.

Sono frasi che ci sentiamo ripetere di frequente da chi è più grande di noi. Il tono infastidisce più delle parole in sé: non possono conoscere i nostri sentimenti, non sanno come ci sentiamo, se loro hanno fallito, noi riusciremo.Quanto poco si ascolta la saggezza di chi è più maturo, ma allo stesso tempo, chi è adulto tende a generalizzare, senza comprendere che l’esperienza è si un valido metro di giudizio, ma non è un dogma. Potrebbe allora fare bene guardare insieme, giovani e meno giovani, Across the Universe, film – musical del 2007, diretto da Julie Taymor, già regista di Broadway.

Toglietevi dalla testa Hair, ma anche Moulin Rouge: Across the Universe è un viaggio psichedelico, un vortice colorato, una caramella frizzante che ci trascina negli anni ’60 a ritmo delle musiche dei Beatles. I Fab Four diventano i nostri compagni di viaggio, perché canzone dopo canzone, raccontano una storia giovane e romantica,  ma dal sapore un po’ retrò: i moderni animi ribelli ne apprezzeranno forse gli arrangiamenti, e i cameo di Bono degli U2 e Salma Hayek, mentre chi era ragazzo in quegli anni ruggenti, forse potrà snocciolare qualche ricordo a ritmo di All you need is love. E avere il piacere di cogliere e spiegare le mille citazioni degli Scarafaggi che segnano la pellicola.

La storia ha un che di bohèmienne: Jude (come Hey Jude, interpretato da Jim Sturgess), lascia la sua città natale, la fredda Liverpool, e si reca negli Stati Uniti per cercare il padre, che non ha mai conosciuto. Lo troverà, ma lo spunto  familiare, altrimenti banale, viene abbandonato presto:  seguiamo  invece le mirabolanti avventure di Jude  e dei suoi amici, in particolare Max (come Maxwell’s silver hammer, ha il volto di Joe Anderson), ribelle di buona famiglia, e sua sorella Lucy (come Lucy in the sky with diamonds, la bella e brava Evan Rachel Wood). Tra il nonsense dei trip a base di acido, il dramma della guerra in Vietnam, le proteste studentesche, ma anche le lotte quotidiane, Jude affronta una realtà completamente diversa da quella che conosceva e per questo cresce.

Conoscenza ed esperienza, quindi, portano a maturità e comprensione, ma ciò non significa abbandonare arrendersi ed abbandonare i propri sogni: al contrario, ciò che conta è scoprire se stessi, senza lasciarsi influenzare da ciò che gli altri vogliono da noi.  Quindi no ai condizionamenti di chi ci vuole inquadrati in una società, ma non ci sentiamo nemmeno di aderire alla ribellione a tutti i costi: oggi in effetti c’è chi si ribella per moda,per  un puro esercizio estetico privo di sostanza.  A cantare è la voce, bella e sorprendente di Jude, ma le parole sono sempre dei Beatles (dici che vuoi cambiare la costituzione /beh, sai tutti vogliamo cambiare la nostra testa/ dici che è l’istituzione /ma faresti meglio ad aprire la tua mente…. )

La ribellione di Across the Universe è la naturale spinta della gioventù verso la vita e il cambiamento. Diventa tragedia, quando la violenza la vuole reprimere ed imbrigliare, ma anche quando è guidata da un cuore ed un animo disposti all’odio. Con le bombe, e aggiungiamo noi, con gli estintori, non si fa una vera rivoluzione, si finisce solo per perpetuare i mali del nostro pianeta. (Tutti vogliamo cambiare il mondo/ ma quando parli di distruggere /sappi che puoi tenermi fuori)

Il vulcanico Max, pone una domanda, che in qualche modo abbraccia tutto il film: è ciò che sei che determina ciò che fai, o ciò che fai che determina ciò che sei? Jude dà la sua risposta, ma, forse, il senso andrebbe ricercato nelle bizzarre parole pronunciate da Lucy qualche scena più avanti:

Se nessuno è tutti, allora qualcuno può diventare chiunque.

A ciascuno il suo significato. Intanto, buona visione  e buon ascolto.

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