L’ansia di essere mamma
La nascita di un figlio rappresenta un evento di assoluta rilevanza nella vita emotiva di ogni donna. Diventare madre significa rivestire un nuovo ruolo e prendersi cura di un piccolo essere umano che dipende integralmente dalla neo-mamma.
Gioia e gratificazione, le sensazioni comunemente vissute dalla madre in seguito al lieto evento, non sono però le uniche emozioni che possono avere un impatto sul suo stato emotivo.
Spesso infatti si possono presentare sentimenti contrastanti come labilità emotiva, tristezza, sensazione di inadeguatezza, irritabilità ed ansia: quadro che delinea il cosiddetto baby blues, un disturbo emotivo descritto dallo psicanalista Donald Winnicott che colpisce il 70% delle neo-mamme.
Questo stato solitamente perdura per pochi giorni e deriva in parte da una componente biologica legata al calo repentino degli ormoni in circolo che si verifica dopo il parto.
Il baby blues è collegato anche alla nuova situazione di responsabilità che la madre si trova a dover gestire, quindi ha anche una base socio-emotiva; di fatto è una condizione benigna che non richiede interventi, se non le rassicurazioni e la vicinanza dei propri familiari.
Considerazioni opposte valgono invece per quel che riguarda la depressione post partum vera e propria, che colpisce circa il 10% delle madri. In questo caso il disturbo può presentarsi anche più tardivamente e quindi non in stretta prossimità del parto. Anche la durata dei sintomi è molto variabile: essi si possono manifestare per settimane o mesi.
Talora possono presentarsi episodi di ricaduta, soprattutto se lo stato depressivo non è stato identificato ed affrontato con il giusto approccio: in questo caso la depressione tende a diventare cronica.
Il quadro clinico è generalmente caratterizzato da esaurimento fisico e mentale, disturbi del sonno, sbalzi di umore, calo dell’appetito (accompagnato a volte da perdita di peso), ansia e tristezza.
Ma non solo: la depressione post partum può avere un impatto significativo sul rapporto madre-figlio, che si trova alle primissime fasi di sviluppo. La madre infatti può percepire sentimenti di colpa e inadeguatezza, o addirittura completo disinteresse nei confronti del figlio.
Altro fenomeno psichiatrico che colpisce il 3-5% delle neo-mamme è il disturbo ossessivo-compulsivo, nel quale la madre è continuamente ossessionata dall’angoscia di ferire o uccidere in maniera involontaria il proprio figlio.
Queste idee e pensieri deliranti la costringono a mettere in atto una serie di comportamenti compulsivi o rituali di controllo come per esempio un’igiene maniacale di tutte le superfici e gli oggetti che possono avere a che fare con il neonato.
Sia il disturbo depressivo che quello ossessivo-compulsivo possono sfociare in una vera e propria psicosi post partum: una condizione di estrema urgenza clinica e terapeutica caratterizzata da agitazione, confusione, idee paranoiche e deliranti, allucinazioni, tendenze autolesionistiche, suicide e omicide nei confronti del figlio.
In questo caso la madre dev’essere al più presto allontanata dal figlio e trattata urgentemente in un ambiente protetto, in quanto può rappresentare un elemento di pericolo nei confronti del neonato e di sé stessa.
Ma chi è più a rischio di sviluppare tali disturbi? Fattori di rischio accertati sono una pregressa storia di depressione o di ansia, così come il disturbo disforico premestruale. Ma non solo: anche un contesto sociale disagiato e la presenza di conflitti famigliari favoriscono lo sviluppo di questi disturbi.
Com’è possibile intervenire? Occorre prima di tutto identificare la gravità della condizione psichiatrica per valutare se è necessario che la madre sia parzialmente o totalmente allontanata temporaneamente dal proprio figlio, ciò soprattutto per quanto riguarda la forme di psicosi severa o di atteggiamenti ossessivo-compulsivi.
È fondamentale apportare un giusto supporto psicologico alla neo-mamma: per questo l’ausilio di personale dedicato (psicologi e psichiatri) è assolutamente di primaria importanza, così come il coinvolgimento attivo della famiglia.
Occorre intervenire prontamente in maniera dedicata: ciò è essenziale, per permettere che la relazione madre e figlio si sviluppi al meglio e poter giovare sull’equilibrio psicologico di entrambi.
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