La versione di Barney: ricordarci di noi stessi


Alle volte nella vita, è faticoso guardarsi indietro. Più si diventa grandi, meno ci si rivolge al passato, poiché  i ricordi, che siano felici o tristi, finiscono per provocare solo sofferenza e rimpianto. E soprattutto, perché ci costringono a confrontarci con noi stessi: non c’è giudice più severo del nostro animo. Tuttavia, forse è ancora più difficile raccontare il nostro passato. Oggi come spiegheremmo  la nostra vita ad un estraneo, se ci venisse chiesto ? E fra dieci anni? E fra cinquanta? Che versione daremmo della nostra storia?

Il regista Richard J. Lewis ha dovuto affrontare un uomo che racconta se stesso, nella trasposizione cinematografica de La Versione di Barney, stupendo romanzo dello scrittore Mordecai Richler. Chi ha amato il libro , il più delle volta giudica con severità la sua trasposizione cinematografica per la mancanza di quell’ironia corrosiva tipicamente yiddish che caratterizzava l’autore. Tuttavia, a giudizio di chi scrive, la Versione di Lewis merita invece di essere vista e rivista più volte.  Paul Giamatti è uno splendido, a tratti esilarante Barney, mentre Dustin Hoffman, finisce a volte per rubargli la scena, incarnando proprio lo humour alla Richler,nel personaggio di Izzy Panofsky, padre del protagonista.

La storia di Barney  è divertente e commovente allo stesso tempo, acida  e senza sconti, ma anche dolce, colma di grandi gioie e immensi dolori: è vita.  Le luci e le ombre che si allungano sul protagonista, non sono poi tanto diverse da quelle che potremmo attribuire anche a noi stessi.

A che genere appartiene La versione di Barney? Per rispondere bisognerebbe sapere quale genere appartiene la vita. Meglio descriverla allora, come un’opera dolce amara sulle vicende di un uomo: a partire dalla giovinezza rocambolesca e sregolata, passando per un matrimonio di convenienza, fino alla scoperta dell’amore. Di mezzo, la morte di un amico, per il quale Barney viene indicato come possibile colpevole. Se Panofsky evita la galera, paga il prezzo della libertà: dovrà infatti confrontarsi ogni giorno con lavoro, figli e matrimonio, e soprattutto con la consapevolezza di non essere all’altezza della propria compagna, una donna meravigliosa, sobria e intelligente. E quando i suoi limiti bussano alla porta, Barney non fa che aprire: alcool e gelosia, infine ,distruggeranno i suoi sogni.

Eppure un Panofsky non è capace di arrendersi. Neppure quando l’età arriva a reclamare il suo prezzo. Gli anni annebbiano i ricordi, li trasformano, forse li addolciscono. Probabilmente finiamo per credere alle nostre stesse bugie. E così forse non sapremo mai se La versione di Barney sia veritiera, e in che misura: la malattia alla fine, cancella ogni traccia della memoria, le immagini si confondono nella mente, e non vi è differenza fra sogno e realtà. Ma di noi e per noi, ricorderanno le persone care, coloro dei quali ci piace circondarci: e così vediamo i figli di Barney prendersi cura amorevolmente del padre, e l’ex moglie, ormai risposata, incapace di abbandonarlo fino all’ultimo.

Ciascuno di loro, ha una sua versione dello stesso Barney: il padre, l’amico, l’amante. E ciascuno la custodisce con cura, nel proprio cuore, per non dimenticare: e forse è proprio questo il senso del trascorrere del tempo. Riuscire a farsi ricordare con amore, nonostante i propri difetti e i propri limiti: e non rimanere soli. Nella solitudine la memoria svanisce.

When my time comes, forget the wrong that I’ve done, help me leave behind some reason to be missed…

(Quando il mio tempo arriverà, dimentica il male che ho fatto, aiutami a lasciare agli altri qualche ragione per sentire la mia mancanza…)

Linkin Park, Shadow of the day

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