Ricorda per sempre il cinque novembre


Tutti hanno visto almeno una volta la maschera. Molti hanno guardato il film scritto dai fratelli Wachowski. Pochi hanno letto il fumetto di Alan Moore e David Lloyd. Quasi nessuno conosce la storia di Guy Fawkes, da cui tutto è cominciato.

Le grandi storie hanno sempre qualcosa da dire, anche attraverso le epoche più diverse. E quella della Congiura delle Polveri non fa eccezione.

Siamo all’alba del XVII secolo nell’Inghilterra del re anglicano Giacomo I Stuart. Guy Fawkes, nato a York nel 1570, è un fervente cattolico in una nazione dove le discriminazioni sono all’ordine del giorno per chi non è anglicano. Per porre fine a questa situazione e riportare sul trono un re cattolico, Fawkes e altri dodici cospiratori progettano un attentato dinamitardo, guidati da Robert Catesby.

È il 5 novembre 1605 quando gli attentatori entrano in azione: il piano è far esplodere la House of Lords di Londra nel giorno dell’apertura dei lavori, alla presenza del re. Ma Guy Fawkes, incaricato di piazzare la polvere da sparo sotto al Parlamento attraverso un tunnel sotterraneo, viene scoperto e arrestato grazie a una lettera anonima.

Quasi quattro secoli dopo, è il 5 novembre 1997 nell’Inghilterra post-apocalittica partorita dalla mente di Alan Moore e dai disegni di David Lloyd. Un terrorista anarchico che si fa chiamare V è l’unico a resistere alla dittatura di stampo fascista che ha preso il sopravvento nell’isola britannica dopo che la terza guerra mondiale ha annientato l’Europa, gli Stati Uniti e la Russia.

V, che nasconde il suo volto dietro una maschera con le fattezze di Guy Fawkes, compie spettacolari attentati esplosivi per risvegliare le coscienze degli inglesi, soffocate da anni di oppressione e oscurantismo. Scritto nel corso degli anni ’80, V for Vendetta è un fumetto pienamente figlio delle inquietudini della sua epoca, dalla guerra fredda al governo Thatcher.

Passano vent’anni e i fratelli Wachowski, registi tra l’altro della trilogia di Matrix, traggono dal fumetto una sceneggiatura che affidano al regista James McTigue. V per Vendetta esce nelle sale nel 2006, adattando la trama originale allo scenario contemporaneo e ai gusti del pubblico hollywoodiano.

La dittatura dei fratelli Wachowki è meno oscura e violenta di quella di Alan Moore, ma più subdola e menzognera. Come il fumetto, anche il film è prodotto del suo tempo: il governo oppressore va al potere inscenando un attentato, tema che riecheggia minaccioso in tutta la trama sull’onda lunga dell’11 settembre 2001.

Anche V subisce un’importante metamorfosi, mostrandosi decisamente più umano della sua controparte di carta. Ma il messaggio di fondo non cambia: la ribellione violenta alla dittatura del governo sul popolo è il filo conduttore che lega Guy Fawkes alla versione di V aggiornata al XXI secolo.

La violenza è un elemento che caratterizza profondamente il personaggio di V, il cui obiettivo è distruggere la tirannia per permettere a chi verrà dopo di costruire una società più giusta. «Ora il popolo si trova tra le rovine della società, una prigione intesa perché gli sopravviva. La porta è aperta. La scelta è sua, e così sempre sia. È terminata l’età degli assassini. Non c’è un posto per loro nel nostro nuovo mondo».

Ma l’aspetto che più di ogni altro è attuale, in V come in Guy Fawkes, è la ferma volontà di ribellarsi ad uno status quo ritenuto ingiusto, contro cui nessuno osa alzare la testa per paura di ritrovarsi solo o peggio subire ritorsioni.

Cambiano società ed epoche, ma questo messaggio conserva tutta la sua potenza. Dove un tempo c’erano re o dittatori c’è oggi il potere economico-finanziario di una ristretta cerchia di persone, e dove c’erano cospiratori e anarchici oggi ci sono indignati e contestatori di Occupy Wall Street.

La crisi economica ha ridato vigore a due personaggi che non sembrano accusare il passare del tempo, capaci come sono di adattarsi a circostanze storiche profondamente differenti. A dimostrazione che una grande storia ha sempre qualcosa da dire, anche attraverso le epoche più diverse.


Remember, remember
The Fifth of November
The Gunpowder Treason and Plot
I know of no reason
Why Gunpowder Treason
Should ever be forgot

8 Commenti

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  1. Matteo

    …che il cinema sia morto lo dice l’uscita del film V for Vendetta, in una Italia sotto Berlusconi, sotto un dittatore, un film del genere è stato proiettato nelle sale, senza che nessuno abbia colto il messaggio che spingeva all’oltraggio e alla scesa in campo, contro quel dittatore di Berlusconi…. segno che il cinema ha perso valore, non fa neppure più paura, nemmeno intimorisce, nemmeno è più intellettuale, tanto che è uscito con nonchalance, in un periodo nel quale un film del genere, avrebbe dovutoinvece spingere alla lotta, alla rivolta, all’attentato, contro quell’inidividuo losco che ci ha praticamente precipitato in una dittatura…

  2. Luca Rasponi

    Il cinema – almeno quello hollywoodiano – è stato svuotato del suo contenuto da una commercializzazione sempre crescente, che ne ha fatto nel tempo solo e soltanto una merce a scapito della qualità artistica del prodotto. è una banalità ma è vero: lo dimostra il recente addio al cinema di un mostro sacro come Lynch, stufo di dover combattere con produttori che ormai pretendono solo grandi numeri al botteghino. Di certo, questo film non ha avuto l’impatto del fumetto alla sua epoca; ma questo è anche logico, facendo le debite proporzioni tra ciò che è Alan Moore per il fumetto e quello che sono i Wachowski Bros per il cinema (detto da uno il cui film preferito è Matrix, sia chiaro).

    Quanto all’Italia ormai ogni stimolo culturale o presunto tale ha lo stesso effetto sul Paese di una scarica di defibrillatore su un cadavere. Nel resto del mondo anche un film come questo ha dato una marcia in più dal punto di vista simbolico alle proteste, ma da noi… per fortuna qualcosa si muove, ma sempre e solo quando di mezzo c’è il portafogli. Se consideriamo quasi vent’anni di pseudo-dittatura senza uno straccio di reazione, direi che non c’è da essere molto contenti.

  3. Luca Rasponi

    Sinceramente, non mi pare di aver dimenticato questo aspetto. Ho scritto che il film adatta “la trama originale allo scenario contemporaneo e ai gusti del pubblico hollywoodiano” e che bisogna fare le debite proporzioni tra “ciò che è Alan Moore per il fumetto e quello che sono i Wachowski Bros per il cinema” (ovvero probabilmente il miglior sceneggiatore di fumetti di tutti i tempi contro due registi bravi, ma tutto sommato niente di che).

    Certo, nell’articolo ho cercato di individuare i punti di contatto tra tre storie diverse tra loro, ma so benissimo quel che pensa Alan Moore di Hollywood (il suo nome non compare nei credits di nessun film tratto da sue opere, non solo in quelli di V) e anche se non l’ho esplicitato nel pezzo, mi pare di essere stato abbastanza chiaro sulle differenze che separano il film dal fumetto…

  4. Santiago

    Oh, se vuoi faccio il cagacazzo e te la dico in modo schietto:
    No, non hai detto che Moore si dissociò del film in modo chiaro. E ancora, No, non hai specificato che il film finisce in un modo diverso dal fumetto in modo chiaro

    Ma preferisco dirti che la mia non era un’accusa o una lamentela. Niente di che ho voluto aggiungerlo nei commenti in modo più chiaro. Forse perché dire che
    «il film adatta “la trama originale allo scenario contemporaneo e ai gusti del pubblico hollywoodiano” e che bisogna fare le debite proporzioni tra “ciò che è Alan Moore per il fumetto e quello che sono i Wachowski Bros per il cinema”» a mio parere non era abbastanza chiaro o schietto. In altre parole avrei riassunto con “a Moore fa schifo Hollywood”.

    E ad ogni modo quello che volevo sottolineare era la fine diversa, molto diversa. Credo sia un particolare da non tralasciare, siccome avevi scritto che alla fine il messaggio di fondo non cambia, io trovo che invece cambi, o almeno mi trovo d’accordo con il link che ti ho passato dei Wu Ming. Tutto qui. Saluti.

  5. Luca Rasponi

    In effetti hai ragione, ad Alan Moore Hollywood fa proprio schifo! Però non mi sembrava il caso di presentare la questione in questi termini nell’articolo:-)

    Sul finale, che dire? Anche in questo caso ciò che dici è vero e il link che proponi analizza la questione in modo molto approfondito e corretto anche secondo me.

    Per esigenze di sintesi ho dovuto ricomprendere il finale lieto, chiuso e non problematico del film tra i gusti del pubblico hollywoodiano, però è anche vero che il finale si sarebbe potuto trattare con un’importanza differente.

    Ciò che trovo profondamente diverso è l’atmosfera che si respira nel corso del film, rispetto al fumetto, di cui il finale è una naturale conclusione. Il novel ha un respiro culturale (come esprime bene il terzo paragrafo dell’articolo che hai linkato) che il film si può solo sognare… detto questo, non so quanto sia responsabilità della volontà dei Wachoski o del tentativo di adattarsi ai gusti del pubblico hollywoodiano… non sono un esperto in materia e di certo non ho la pretesa di fingermi tale!

    Ciao e grazie, a presto!

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