Il prezzo dei brevetti


Da Roma a Reggio Calabria, passando per Saragozza, Lecce, Ancona, Napoli e Madrid. La campagna Sblocchiamoli – Cibo, salute e saperi senza brevetti porta per l’Europa seminari, concerti, mostre, proiezioni e spettacoli per sensibilizzare la popolazione sugli effetti dei diritti di proprietà intellettuale (Dpi) sulla vita quotidiana, soprattutto in materia di brevetti su farmaci e semi.

Nonostante si parli spesso degli effetti negativi della globalizzazione, difficilmente si tiene conto del problema dei Dpi, questione sconosciuta per i non addetti ai lavori sia per la sua complessità che per il suo essere riferita a un quadro generale dominato da considerazioni di natura economica e commerciale.

Eppure i brevetti sono un punto fondamentale per quel che concerne lo scambio tra Sud e Nord del mondo, e scavano una trincea tra coloro che sostengono uno sviluppo economico basato sull’accumulazione e la monetizzazione delle competenze per non rischiare un’ulteriore riduzione delle risorse dedicate alla ricerca e chi pensa che i suoi risultati debbano circolare liberamente, per offrire maggiori possibilità di progresso a tutto il mondo.

I Dpi sono i diritti che spettano ai creatori o inventori di beni immateriali: per le opere artistiche e letterarie essi vengono tutelati tramite il diritto d’autore, mentre nel caso delle invenzioni nel campo della tecnica sono tutelati dai brevetti. I brevetti conferiscono il monopolio temporaneo – solitamente per vent’anni – sullo sfruttamento dell’invenzione e dei suoi benefici, tra cui la commercializzazione, allo scopo di incentivare e promuovere l’innovazione tecnologica.

Oltre alle normative di proprietà intellettuale dei singoli Paesi, che proteggono l’invenzione brevettata all’interno del territorio nazionale, vi sono sistemi di tutela della proprietà intellettuale a livello internazionale, come la Wipo/Ompi e il Wto/Omc.

La situazione, però, è divenuta più complessa da quando le grandi multinazionali hanno cominciato a brevettare specie vegetali e semi in quanto aventi  naturali proprietà curative. La creazione di monopoli su piante e semi impedisce lo scambio informale di questi prodotti, che ha permesso la creazione e il mantenimento della grande biodiversità presente nei Paesi del Sud del mondo e non solo.

Gli strumenti di protezione della proprietà intellettuale, nati e pensati per proteggere l’innovazione industriale nei Paesi avanzati, non sono adatti a proteggere l’innovazione in campo agricolo che avviene tradizionalmente attraverso lo scambio informale di semi e germoplasma.

Nei Paesi del Sud del mondo, i brevetti sulle specie vegetali vengono generalmente imposti attraverso gli accordi Trips o Trips plus in cambio dell’apertura dei mercati del Nord ai prodotti agricoli del Sud. Ma questi accordi minacciano il diritto alla salute e l’esistenza stessa di molti individui, mettendo seriamente a rischio la biodiversità del pianeta.

Il fenomeno, che impoverisce le società locali, contadine e indigene, è stato definito “biopirateria” o “bioprospezione”.

Durante il convegno di apertura della campagna Sblocchiamoli, tenutosi a Roma l’11 ottobre scorso, Mira Shiva, membro dell’associazione Navdanya ha spiegato che: «in India, per esempio, vi sono varietà di grano che resistono a tutte le intemperie, che sono quindi fondamentali per la vita di milioni di persone. Tutte le grandi multinazionali hanno fatto richiesta di brevetto su queste varietà del cereale. Se questi brevetti venissero accordati, come in alcuni casi sta accadendo, si arriverebbe alla fame per moltissime persone». Il rischio che si corre, dunque, è molto alto.

«È un furto e un crimine privatizzare i beni coltivati per secoli dai contadini e poi metterli in commercio in regime di monopolio – ha concluso Mira Shiva – Dobbiamo combattere a diversi livelli: da un lato educando i giovani, dall’altro facendo pressione sulle istituzioni per ottenere leggi che tutelino i semi impedendo che siano brevettati».

Proprio per questo è nata la campagna di informazione e advocacy Sblocchiamoli, a cui aderiscono diverse ong, associazioni e università di tutta Europa: per far conoscere gli effetti che i diritti di proprietà intellettuale hanno sulla vita di ognuno, e sensibilizzare le istituzioni, alle quali verrà data la possibilità di impegnarsi firmando una mozione a sostegno della campagna e una dichiarazione di intenti per la promozione della diffusione di farmaci generici e sementi libere da brevetto nei propri territori.

6 Commenti

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  1. Lucia Pugliese

    Fanno qualcosa del genere anche in America. Ad esempio c’è una ditta, la Monsanto, che detiene la proprietà intellettuale di alcuni tipi di sementi e la esercita con metodi pressochè mafiosi. I contadini non possono conservare la semenza per l’anno successivo perchè non gli appartiene: non solo, ma si rischiano multe salatissime(ma anche minacce, boicottaggi ecc) anche solo se il tuo vicino di campo ha i semi della Monsanto e disgraziatamente il tuo raccolto ne viene “contaminato”. Certo in America il problema non concerne la fame per milioni di persone, ma è comunque, a mio giudizio, allucinante..

    • Alessandra Modica

      E’ esattamente di questo infatti che si parla [solo che per citare anche la Monsanto avrei dovuto scrivere almeno un altro articolo =) ]. Comunque Mira Shiva [sorella di Vandana Shiva, presidentessa di Nadvaya e della banca dei semi, ha parlato proprio di questa multinazionale…che ha brevettato anche sementi indiane, e del sud america, dove il problema esiste eccome! Anche in Italia non siamo esenti…difatti l’Università del Salento sta portando avanti un bel progetto al riguardo, su alcuni prodotti tipici…ma come sempre…la storia è molto più lunga di quel che si può dire in un articolo!

  2. Lucia Pugliese

    ..ma che è un bellissimo articolo 🙂 Ma in Italia che vogliono brevettare, il basilico per fare il pesto? Credo che sia il momento di fermare questa gente -.-

  3. Francesco

    Bell’articolo!
    Però non parli di ogm, mi pare, fai un discorso allargato alle piante in generale (io sapevo che il dibattito sui brevetti fosse legato alle “nuove” piante). Su quale assurdo principio giuridico può appellarsi un’industria per brevettare una pianta esistente di per sé in natura?

  4. Alessandra Modica

    In questo caso non c’entrano gli ogm, nel senso che le multinazionali [tra cui la Monsanto] cercano di brevettare alcune piante o i loro semi, semplicemente facendo delle piccole modifiche a esse, per poi farle passare come “modificazioni genetiche”…lascio due link, esempio di due casi indiani:

    http://archivio.dirittiglobali.it/articolo.php?id_news=18925

    http://www.ilmanifesto.it/archivi/terra-terra/nocache/1/pezzo/3b289456cd140/

    e il link al sito in cui si trovano alcune notizie legislative chiarificatrici:
    http://www.sblocchiamoli.org/

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