La versione di Alessandro Fiori


Tante piccole particolarità sorprendono in un suo concerto.
L’originalità nel modo di presentarsi, la genuina bizzarrìa, gli intermezzi tra una esecuzione e l’altra; la sensazione che tutto sia spontaneo e non ci sia nulla di calcolato; le reazioni ed espressioni di ogni viso presente tra il pubblico, tanto interessanti da poterci allestire una mostra fotografica.
Stupefacente però è che Alessandro Fiori non ha alcun problema a definirsi un artista.

Perché, di fatto, lo è.

Alessandro Fiori è voce e fantasia dei Mariposa, band di spicco dell’underground italiano. Ma è anche pittore, scultore, violinista, attore. E da un anno e mezzo sta portando in tour per l’Italia il suo primo album da solista, “Attento a me stesso“.

Il 22 settembre è passato anche dal Nero su Bianco di Cesena, per accompagnarci lungo le rotte intime e suggestive tracciate dal suo disco, in una serata organizzata da Monogawa Back to Gawa.

Dopo il concerto, gli abbiamo chiesto di aiutarci a dipingere il quadro del periodo in cui stiamo vivendo.
Abbiamo vissuto una seconda Belle Époque?
Ecco la sua versione.

Considerato il momento di crisi generale che stiamo vivendo, e la spirale di buio che sembra ci abbia risucchiati, siamo davvero nel baratro come se avessimo vissuto una seconda Belle Époque?

Credo che Belle Époque sia un concetto fallace di partenza.
Se vogliamo parlare di “bella epoca”, usando i parametri grammaticali della finanza, allora per l’Italia possiamo pensare agli anni ‘60 e ’80. Ma in questo momento viviamo un’altra  Belle Époque, perché solo in “belle epoque” si può vivere: non si può nascere né vivere in una “brutta epoque”, perché si vive nell’epoca concessa a ciascuno di noi dal destino.
Noi, in questo momento, viviamo.
E credo che vivere sia già una questione oggettivamente rassicurante.

Bisogna guardarsi intorno e sviluppare un senso critico su  quelle che sono le proposte. Oggi abusiamo del web, che, di per sé, è uno strumento importantissimo, perché dà la possibilità di farsi conoscere, ma è fondamentale fare attenzione per capire ciò che è buono e ciò che non lo è e individuare cosa dovremmo salvare nella prossima epoca.

L’arte risente della negatività di questo periodo?

L’arte vive di dribbling, di smarcamenti.
Nel momento in cui un paese è in difficoltà a livello di responsabilità, di etica, l’arte, come la storia ci insegna, tira fuori l’asso nella manica. È il momento in cui l’artista prova, per reazione, a tenere vivo un sistema culturale che sta morendo. Quindi, è paradossale, ma se un paese si sta inabissando, il sistema culturale generico è vivissimo.

È davvero così in Italia, in questo momento?

Non lo so. Io sto aspettando una figlia e non so cosa stia accadendo in Italia in questo momento. Ma credo sia così. Nel momento in cui le cose stanno andando male da un punto di vista socievole più che sociale, nell’ABC della relazione,  io credo che l’arte stia lavorando nella migliore delle sue possibilità.

Parlo dell’arte, non degli artisti. Ci sono artisti che assecondano i meccanismi contemporanei e quindi riscuotono, ottenendo frutti che sono gli stessi risultati della globalizzazione, del capitalismo o della finanza: fittizi sul piano artistico. Ma se si guarda tra le piaghe di questa società, gli artisti che stanno investendo su un processo di ricerca puro sono attivi. E credo di rappresentare uno di questi esempi.

Ti piace la musica italiana di oggi?

Ho vari difetti, tra questi non conosco quel che accade nel mio paese, purtroppo. Però sono sicuro ci siano tantissime cose che mi piacerebbero.

Ora amo alcune mie tecniche di disegno, amo la mia compagna, amo mia figlia che sta per nascere, e amo degli amici che lavorano con integrità da decenni, come Marco Parente e Paolo Benvegnù. Ma son sicuro ci siano tantissimi giovani che stanno facendo cose strepitose: non sono solo i giovani americani a fare grandi cose ed esibirsi nei festival internazionali indie spagnoli. Se andassimo a scavare troveremmo cose meravigliose nel nostro paese.

Questa è una Bella Époque, perché basta venire a vedere un concerto di Alessandro Fiori per accorgersi che è diverso dal notiziario di Radio Popolare. Figuriamoci da quello dei canali televisivi.

Basta andare nei luoghi fisici a conoscere le persone per accorgersi che questo è un periodo fertile, tant’è che ho degli amici che stanno aspettando dei gemelli. Non bisogna credere che questo sia un momento di depressione per un paese, perché il PIL – come affermava Beppe Grillo quando ancora diceva cose sensate – non è altro che il prodotto interno lordo, ovvero: la merda. Quindi se il PIL  va male, allora l’arte sta andando bene. C’è sempre questa contropartita, ne sono sicuro.

Basta buttarsi in locali dove c’è grossa umidità, tipo a Cesena, per accorgersene.

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