Changeling, l’époque corrotta


Christine Collins  è una madre single. Determinata e intelligente, ha successo nel lavoro e mantiene il figlio Walter  senza alcun aiuto. Un giorno, il piccolo scompare misteriosamente. La sua vicenda commuove una nazione intera. Ne parlano i giornali, e la gente comune le dà il suo appoggio. Per Christine inizia un calvario, che pare concludersi qualche mese dopo, quando la polizia annuncia il ritrovamento di Walter. Viene convocata la stampa, e Christine va incontro a suo figlio colma di speranza e commozione.

Tuttavia, il sorriso della donna si gela di fronte ad un bambino, che nonostante le affermazioni dei poliziotti e dello stesso ragazzino, chiaramente non è suo figlio: eppure, nessuno pare crederle. Sedicenti esperti danno spiegazioni sui cambiamenti fisici che la lontananza può creare in un bambino e, allo stesso tempo, tracciano il profilo dei disturbi psicologici della giovane madre, a cui il trauma può aver fatto perdere la ragione. Così, quando Christine non si arrende e insiste, portando prove concrete dell’errore della polizia, invece di ottenere le dovute scuse viene rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Qui scopre altre “donne disturbate” la cui unica colpa è stata quella di risultare scomode allo strapotere di un corpo di polizia corrotto e incompetente, ridotte alla follia da terapie brutali e abuso di medicine.

Non è l’inizio di un romanzo, ma una storia realmente accaduta. Non è poi dissimile da tante vicende di abusi giudiziari, imbrogli e vergogne di un potere che per prima cosa protegge se stesso, ed è disposto a calpestare e distruggere ogni diritto della persona. Un potere che non ammette di sbagliare, perché pretende di essere infallibile e intoccabile.

Se vi state chiedendo come mai sia stato fatto il test del dna al presunto Walter, la risposta è che all’epoca non era possibile, perché i fatti di cui parliamo sono accaduti negli ormai lontani anni Venti del Novecento. Eppure suonano  familiari come se le società fossero cambiate solo nell’apparenza, ma non nella sostanza.

Forse anche per questo Clint Eastwood, che ama le storie di donne forti e determinate (ricordiamo ub titolo su tutti: Million Dollar Baby) ha scelto  di portare sul grande schermo la vicenda di Christine Collins e suo figlio. Il film, dal titolo Changeling, è uscito nel 2008 e vede come protagonista una bellissima ed ispirata Angelina Jolie.

Changeling è la storia di come Christine Collins non si sia arresa,nemmeno fra le mura della sua prigionia “per ragioni di salute mentale”, ma abbia persistito nella lotta per riavere Walter con sè. Ed è anche la storia di chi ha voluto aiutarla, non cedendo alla menzogna:  in primo luogo il reverendo Gustav Briegleb , che con i suoi programmi radio mobilitò l’opinione pubblica; poi la maestra e il dentista di Walter che si dichiararono sin da subito disposti a testimoniare in favore della signora Collins; e in ultimo di tutta la gente comune che andò in piazza a protestare in nome della giustizia. La verità alla fine, venne a galla: terribile, ma necessaria. Un’indagine minore portata avanti da un poliziotto volenteroso, porterà alla scoperta di una “fattoria degli orrori” (così la definirebbero oggi i giornali) dove un uomo di nome Gordon Northcott aveva abusato di decine di bambini, prima di ucciderli brutalmente. Tra loro, pare che ci fosse anche il piccolo Walter Collins. Anche questo,al giorno d’oggi, suona terribilmente familiare .

Il potere non indietreggia nemmeno di fronte alle tragedie: vediamo così sindaco e il capo della polizia prodigarsi  per far passare il più possibile la vicenda sotto silenzio. La stessa signora Collins viene liberata dalla casa di cura solo grazie ad una vera e propria irruzione del reverendo Briegleb.

In effetti, nessuno di questi uomini in posizioni di potere e responsabilità aveva tenuto conto della forza d’animo di Christine, né del coraggio di una cittadinanza intera che, stanca di abusi e violenze, si schiera al suo fianco. Processo dopo processo, cadono le teste: non solo quella del serial killer, ma anche di chi, per  tenersi stretta la poltrona, ha permesso che l’orrore accadesse.

Dovrebbe forse farci pensare che questa battaglia sia stata vinta non solo perché una donna è stata coraggiosa, ma anche e soprattutto perchè non è stata lasciata sola. Quando le sicurezze iniziano a scricchiolare, la tentazione è quella di cedere al pessimismo  e alla paura.  Il timore divide gli uomini:  ciascuno si preoccupa solo di se stesso e della propria convenienza.  Vengono a mancare umanità, rispetto, tolleranza e il risultato è un male maggiore, per tutti. In fondo, se il piccolo Walter, fuggendo dalla “fattoria degli orrori”, non fosse tornato indietro per aiutare un altro ragazzino, quest’ultimo non sarebbe mai potuto tornare dalla sua famiglia e raccontare la sua terribile esperienza, portando fra l’altro un messaggio di speranza, non solo per Christine, che per tutta la vita continuerà  a cercare il figlio, sperando nella sua fuga,  ma anche per il nostro tormentato presente.

Forse la nostra Belle Epoque è finita e stiamo andando incontro ad una catastrofe.  Oppure abbiamo semplicemente vissuto un’era, con le sue luci e le sue ombre. Per evitare che siano queste ultime a prendere il sopravvento, occorre lottare. Nulla è scritto e la storia non si ripete per forza: più banalmente, le cose cambiano e sono gli uomini che decidono quale direzione prenderà la storia. Il coraggio e la determinazione dei singoli però, può fare poco: è quando collaboriamo per un fine comune che otteniamo i risultati. L’unione di una cittadinanza ha permesso a Christine Collins di avere giustizia contro i poteri corrotti. La comunione di intenti di un’intera nazione non potrebbe allora abbattere il sistema malato che la opprime?

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