Immagini che manipolano la mente


Le mappe sono le: «fonti educative più immediate, sono mute, materiali, oggettuali, inerti, puramente presenti. Eppure ti parlano».

Pier Paolo Pasolini

Quotidiani, libri, televisione, siti web hanno un minimo comune denominatore: l’uso imponente di schemi, grafici, diagrammi riassuntivi, le cosiddette infografiche – termine in voga per indicare varianti moderne di mappe e carte – per rappresentare in istantanea determinate situazioni, riducendo il tempo e lo sforzo cognitivo nel comprendere informazioni salienti su particolari questioni.

Siamo nell’era delle infografiche, rappresentazioni che non si limitano a catturare l’attenzione, ma offrono materiale, più o meno complesso, già “digerito”, format adatto a qualsiasi argomento. Come ben scrive Maurizio Ferraris su R2 di La Repubblica, le infografiche hanno tre caratteristiche che si sposano appieno con la frenesia e l’immediatezza del contesto storico che stiamo vivendo:

1- Quantificazione: ci permettono di cogliere molte informazioni in un colpo d’occhio;

2- Visualizzazione: la grafica rende intuitivi concetti complessi;

3- Iscrizione: le immagini sono un supporto alla conoscenza totalmente indipendente dalle lingue, di conseguenza fungono da ponte per una società multilinguistica e multiculurale.

Sembrano, quindi, strumenti perfetti in un’epoca in cui siamo obbligati a vivere in modalità multitasking. Affidarvisi ciecamente, però, porta con sé conseguenze importanti: la parzialità con cui un’immagine può essere costruita, per rafforzare e sostenere certe posizioni piuttosto che altre, ha l’effetto di manipolare rappresentazione, sguardi e percezione della realtà.

Come ricorda Laura Canali su Limes, la cartografia (antenato dell’infografica moderna) è sempre stata sfruttata per dare una visione del mondo, e mostrare i rapporti di forza tra gli stati, così come era più funzionale ai suoi committenti. Applicare un colore al posto di un altro, attribuire un peso grafico maggiore a una parte dell’immagine piuttosto che a un’altra sono tutte scelte soggettive che comunicano una particolare volontà di rappresentazione, risaltando alcuni aspetti e sminuendone altri.

Ci ritroviamo di fronte così alla stessa fittizia oggettività di un pezzo giornalistico: cosa dire e come sono scelte soggettive dell’autore, si può solo auspicare un tentativo di verosimiglianza con la realtà.

Oggi ancor più preoccupante è la totale “anticipazione dell’immagine”: prima veniamo a contatto con queste immagini schematiche, le osserviamo, tentiamo di inquadrare il problema che mettono su carta e solo in un secondo momento, forse, ci immergiamo nel testo che spiega e contestualizza la rappresentazione.

La trasformazione grafica delle informazioni è un pratica che fin da piccolissimi ci hanno insegnato tra i banchi di scuola. Uno strumento utile a semplificare e ordinare concetti più complessi. Il problema sta nel fatto che attualmente gli schemi, le infografiche sono preconfezionate, date prima e in sostituzione di un esercizio di comprensione di contenuti scritti. Come dire: non leggiamo più, non abbiamo più bisogno di attuare uno sforzo per capire ciò che sta sotto l’immagine.

Il rischio consiste nell’alimentare una conoscenza semplicistica, parziale e superficiale, impoverendo qualsiasi capacità intellettiva, anche se, in origine, le infografiche sono state pensate come stimolo all’approfondimento.

Ma si sa, il tempo è poco: chi tra noi ne ha da dedicare all’analisi e allo studio?

La soluzione si trova sempre là, tra i banchi di scuola: affiancare ai tradizionali percorsi di insegnamento, che non rispondono più alle necessità presenti, una buona base di educazione alla costruzione e alla lettura dell’immagine. In fin dei conti qualcuno che lo fa c’è già.

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