Pizza connection


Il pentito Antonino Calderone raccontò a Falcone di aver visto piangere Totò Riina perché non aveva i soldi necessari per far venire la madre a fargli visita, mentre era detenuto in attesa del processo del 69 che lo avrebbe visto prosciolto insieme ad altri esponenti di spicco di Cosa nostra. ‘’Poi sono diventati tutti miliardari. All’improvviso, in un paio d’anni.’’

All’inizio degli anni ottanta, quando Falcone si mise sulle tracce di quell’immensa ricchezza, la statunitense DEA stimava che un terzo degli stupefacenti presenti sul mercato nord americano stava provenendo dalla Sicilia. Nel giro di dieci anni circa, Cosa nostra era divenuta in grado di raffinare ed esportare nel solo mercato Usa un volume di eroina quantificabile in 4 tonnellate l’anno.

Non che la mafia siciliana prima degli anni 70 fosse estranea alle attività criminali legate al busness degli stupefacenti. Ma ciò in cui Falcone e i procuratori americani s’imbatterono seguendo a ritroso il percorso dei miliardi che dalle pizzerie di Brooklyn percorrevano l’Atlantico verso la Sicilia facendo scalo in qualche banca di Zurigo, era una vera e propria multinazionale della droga. L’operazione prese il nome di ‘’Pizza connection’’ proprio dalle pizzerie italo-americane che svolgevano un ruolo centrale nel coprire l’importazione degli stupefacenti dalla Sicilia e l’esportazione dei proventi dello spaccio. Ne seguirono 3 processi: New York, Milano e Lugano. Finirono condannati più o meno tutti gli attori di questo gigantesco busness criminale. Dal contrabbandiere turco Musululu Yasar Avni che faceva pervenire la morfina nelle acque extra territoriali a circa cento chilometri dalla Sicilia, ai boss di Cosa nostra Greco e Badalamenti che gestivano le operazioni sull’isola, passando per i loro ‘’cugini’’ affiliati a Cosa nostra oltre oceano i quali si occupavano della rete distributiva , per finire coi colletti bianchi di Zurigo e con un imprenditore bresciano, responsabili del riciclaggio dei profitti. Le condanne avevano colpito solo una delle tante ‘’imprese della droga’’ facenti capo all’organizzazione criminale. Le reti organizzate su questo modello erano numerose quante le cosche che risiedevano a Palermo e dintorni. Ma ora gli inquirenti avevano gettato luce su un modus operandi criminoso che era divenuto il core busness delle mafia siciliana.

Nel 1969 Nixon, poco dopo il suo insediamento alla Casa bianca, annunciò un programma di ‘’guerra alle droghe’’. L’impulso dato dall’amministrazione repubblicana ebbe come risultato una serie di successi contro il narcotraffico internazionale. Da Marsiglia al Sud America furono messe in ginocchio le reti che avevano in pugno il grande affare della droga negli Stati Uniti. Tuttavia l’effetto collaterale fu quello di spalancare le porte del mercato agli spregiudicati boss di Cosa nostra. Essi potevano contare su un controllo del territorio in Sicilia che li rendeva liberi di trasformare vecchie masserie in vere e proprie raffinerie di eroina, con tanto di chimici a libro paga. La distribuzione negli Usa era facilitata dalle famiglie della mafia italo-americana. Questo sodalizio si basava oltre che sul busness, sui rapporti di consanguineità che legavano gli affiliati alle mafie operanti ai due capi dell’oceano. Cosa nostra riuscì nel giro di un paio d’anni a integrare produzione e distribuzione degli stupefacenti. La cosa fruttò ai boss una ricchezza complicata persino da stimare. Una simile mole di denaro sporco rese necessario un meccanismo di riciclaggio che legò, attraverso il filo rosso di quei soldi che sapevano di morte, banchieri, imprenditori, astri nascenti della finanza e politici  ai boss. Essi ormai non erano più gli ancestrali professionisti della violenza e del contrabbando, variabile di cui si era con fastidio costretti a tener conto quando si ragionava di politica o affari in Sicilia. Tutto quel denaro li rese dei satrapi, abbastanza ricchi da comprare il futuro di un’Italia che per quasi vent’anni non riuscì a dire no. Furono dunque quei soldi a far saltare l’argine che separava Cinisi o Corleone da New York o Detroit. Quei soldi disciolsero la mafia in un intero paese, fecero saltare l’argine tra un picciotto e un banchiere, tra un politico e un esattore mafioso. Prima Cosa nostra era basata sulla violenza, poi su quell’immensa mole di denaro che apriva tutte le porte, bastava lasciarne una fetta al portinaio di turno. Ma furono proprio quelle somme non quantificabili di denaro a squarciare la terra fino a far vedere ad un’ intera nazione l’inferno, a Capaci.

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