L’arte della guerra a mani vuote


La maggior parte della storia giapponese è costituita da guerre civili. La facilità con cui i giapponesi ricorrevano alla violenza divenne presto una sorta di loro tratto caratteristico. Fin dai primi secoli dopo Cristo i grandi capi militari divennero magnati provinciali e si posero ai vertici di numerosi clan, sottraendosi al controllo dell’imperatore. La società nipponica era estremamente stratificata e per chiunque era pressoché impossibile entrare a far parte di una classe sociale differente da quella di nascita, in particolare modo in quella militare.

Nel 1588 il capo militare Hideyoshi Toyotomi procedette alla conquista graduale del paese e promulgò un decreto che disarmava tutti gli individui comuni: «il possesso degli strumenti di guerra rende difficile l’esazione delle tasse e dei tributi e tende a fomentare le insurrezioni».
Questa privazione costrinse chi non apparteneva alla classe militare a scoprire e imparare l’uso del proprio corpo come strumento di guerra senza l’aiuto di armi – al più con strumenti di uso quotidiano come falci o scalpelli, spesso sottratti ai lavoratori. Questo perché ogni cittadino doveva far fronte a guerriglie e scorribande urbane e difendere la propria famiglia e i propri possedimenti.

Nacquero così le “arti marziali a mano nuda” e il Karate – da kara=vuota Te=mano – ne è l’esempio.
Nella forma attuale il karate, sia per gli esercizi che per le tecniche, è molto differente, ma la disciplina di fondo, il rispetto delle regole e dell’avversario persistono. Il senso dell’onore nella cultura orientale e in particolare giapponese è ben noto: da sempre i guerrieri avevano dimostrato di preferire la morte alla cattura, il suicidio rituale rappresentava perfino un privilegio agli occhi del combattente nipponico.

La grande forza di questi “nuovi combattenti” derivava dalla fusione tra le energie fisiche e quelle mentali, molto presente anche nel Judo, portando al concetto, ancora in vigore oggi di: «non opporre mai la forza alla forza ma limitati a dirigere e a utilizzare la potenza dell’attacco, rovescia il nemico con la sua forza e vincilo con i suoi sforzi».

La capacità di adattamento alle circostanze e di sfruttare la forza dell’avversario sono stati i capi saldi nello sviluppo delle arti marziali moderne. I nobili e la signoria a capo dei grandi feudi cominciarono ad apprezzare l’avere accanto figure in grado di garantire protezione alla loro persona, alla famiglia e alla proprietà. Iniziò quindi un tramandarsi delle “arti a mano vuota” di padre in figlio, di generazione in generazione.

Oggi le arti marziali affascinano centinaia di migliaia di persone di ogni genere, età e nazionalità.
Portano un po’ di disciplina e autocontrollo nei paesi occidentali e insegnano molto ad adulti e bambini. Oltre che influire positivamente sui comportamenti e aiutare molto i ragazzi nell’accrescere autostima e sicurezza in se stessi, le arti marziali moderne, intese come più “sportive” e meno “tradizionali”, sono discipline che sviluppano la coordinazione preparando tutti gli atleti ad affrontare ogni tipo di attività fisica.

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