Quale donna? Ragazze allo specchio


Quell’:«Adesso!» gridato il 13 febbraio è stato udito oltreoceano. Si è parlato d’Italia, della condizione femminile italiana tra le mura del Women in the World 2011, conferenza internazionale sulla “questione femminile” tenutasi a New York, col patrocinio di Onu e Casa Bianca: con Emma Bonino portavoce del Bel Paese. Se Federico Rampini, dalle colonne di La Repubblica, ricorda che: «Insieme all´Iran, all´Arabia saudita, alla Cambogia, l´Italia figura tra i “casi” da analizzare e discutere» significa che, citando, non s’è fatto:«Tanto rumore per nulla».

L’offensiva di chi ha capito che il quando è adesso ha spinto all’autodifesa pubblicitari e creativi, accusati da anni di riproporre solo la donna-oggetto, e al contrattacco i giornalisti di quella stampa progressista infilzati dal dito di Antonio Ricci che dice, riassumendo: così fan tutti e la colpa non è nostra. Si è detto e parlato tanto. Si è scritto della donna rappresentata solo come puttana, santa, madre o casalinga. Si è fatto sentire anche il solito Oliviero Toscani che, fedele alla logica del faccio rumore, molto rumore così si parla di me, ha affermato che: «Le prime a fare schifo sono le donne. Tutte».

In un tale vociare disorientante ci siamo fermati. Vogliamo capire: quali sono le conseguenze, quelle vere, tangibili, di anni e anni di esaltazione di pochi e riduttivi modelli femminili? È possibile che l’immagine femminile proposta abbia avuto conseguenze tali da determinare inconsapevolmente la prospettiva con cui le ragazze imparano a guardarsi? È vero che, come ci ricorda Lorella Zanardo nel suo Il corpo delle donne, noi donne ci osserviamo con occhi maschili? È vero che ci trasformiamo così come riteniamo che gli uomini ci vorrebbero? E, cosa peggiore, non ne siamo consapevoli?

Si pecca spesso di supposizioni dimenticandosi che per avere risposte è sufficiente chiedere. Abbiamo chiesto. Abbiamo chiesto a ragazze nel pieno dell’adolescenza, periodo in cui la forma mentis inizia, giorno a giorno, a prendere pieghe ben precise. Anni in cui, come argilla informe, si è plasmati dagli stimoli più intensi e pressanti. Le abbiamo incontrate nei momenti di pausa dallo studio.

Parlare di donna e corpo di donna significa tracciare un solco profondo tra due mondi paralleli, mai tangenziali. Marta, 14 anni, dice che una donna è: «Insicura. Ha paura, ha bisogno di qualcuno», se non addirittura troppo: «Ingenua e a volte un po’ stupida» a detta di Giorgia, sempre 14enne. Quando poi si introduce la questione del corpo il modello di Giulia, 15 anni, è: «Megan Fox: altezza giusta, seno abbondante, sedere perfetto, gambe lunghe e magre. Ma è irraggiungibile, purtroppo». Lucia, 17 anni, ci confessa che: «Mi piacerebbe essere come Audrey Hepburn o Marylin Monroe: bellezze senza tempo. In particolare, la forza di Audrey sta nella sua semplicità, nell’essere bellissima pur non essendo appariscente, sempre sorridente e misurata. Questo la fa essere ancora più donna». Ma l’altro modello per Anna e Francesca, 16 e 17 anni, è: «Katy Perry che ha il coraggio di non essere magra-anoressica». E se non parlassimo di caratteristiche fisiche? Solo un paio d’anni in più fanno la differenza, perché nelle parole di Alice, 17 anni: «La donna è ironica e determinata», ma per Claudia, 16 anni, anche: «sensibile, sincera e diretta».

Sono altri i temi che si impongono se non si dice donna, ma “corpo di donna”. I volti si fanno seri, cupi, opachi, gli occhi velati di un’ombra grigia. Eugenia, 17 anni ci dice: «Corpo di donna? Gli uomini  ne approfittano, si approfittano di noi. Troppa violenza, troppi abusi, troppe ingiustizie».

Il filo rosso trasversale all’età c’è e ce lo fa presente Rosanna, 16 anni: «Noi donne siamo sempre e comunque migliori degli uomini. Nonostante tutto». L’unico punto fermo è questo: l’uomo si colloca su un gradino più in basso.

Non pretendiamo di dare risposte. È evidente che in un’indagine di questo tipo ci sono limiti a partire dal campione quantitativo preso in esame, circoscritto, e da altre variabili quali livello d’istruzione, condizione socioeconomia della famiglia e luogo di appartenenza, per dirne alcune. Oltre alle ragazze citate, poiché ci hanno dato le risposte più esemplificative, altre si sovrapponevano, intervenivano, completando un quadro che non può essere che lo spunto per riflettere e convincersi che è giunto il momento, perché qualcosa si è mosso, qualcosa si sta muovendo e dobbiamo farne parte. Per noi, ma soprattutto per loro.

*Il pezzo è il risultato di un’indagine fatta con Anna Chiara Obertis e Ilaria Virgili

2 Commenti

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  1. Gianni Lombardi

    Grazie per la citazione. Bisogna però dire che la Pubblicità viene spesso usata come capro espiatorio di responsabilità più ampie:

    http://bocciofilabrancaleone.wordpress.com/2011/05/17/la-pubblicita-il-capro-espiatorio-delle-responsabilita-dei-media/

    L’ADCI, grazie anche all’impegno personale del suo nuovo Presidente Massimo Guastini, è molto impegnato nella diffusione di una corretta deontologia pubblicitaria.

    Gianni Lombardi
    Segretario ADCI Art Directors Club Italiano

  2. Massimo Guastini

    Nessuna autodifesa. Penso e lavoro in un certo modo da molto prima del tredici febbraio e come me la pensano molti colleghi. Solo che l’essere diventato presidente dell’Art Directors Club Italiano, mi permette di dare maggiore visibilità al mio punto di vista. Combattere la pubblicità sessista faceva parte del mio programma, postato nel mio blog il 17 gennaio 2011. Il fatto che i migliori creativi d’Italia mi abbiano eletto mi pare un buon segnale, in questo senso.
    Ieri abbiamo pubblicato anche su Il Sole 24 Ore il nostro manifesto deontologico.
    Il dialogo tra i migliori creativi pubblicitari e le aziende più serie sarà una delle chiavi del successo. Ma non bisogna dimenticare di intervenire sui palinsesti televisivi.
    Ciao
    m.

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