L’uomo into the wild


Non che io ami l’uomo di meno, ma amo la natura di più. (Byron)

Che cos’è il selvaggio, l’estremo?  è un luogo, o piuttosto un modo in cui l’animo, libero da maschere e costrizioni,  si rapporta liberamente con il mondo, e lo affronta?  In fondo, ciò che per qualcuno è folle, per qualcun altro è normale. E  l’idea stessa di “selvaggio” è una percezione dell’ uomo, secondo ciò con cui è abituato a confrontarsi.  Bisogna allora fuggire da ciò che per noi è estremo, o accogliere questa condizione come un modo diretto e pulito di vivere?

Questo è il tema con cui ci costringe a confrontarci il film Into the Wild (2007), l’unico forse, fra quelli prodotti negli ultimi anni, che suggerisca un modo moderno di rapportarsi con la natura e con il mondo. La trama  prende spunto dalle vere vicende di Chris McCandless, così come sono state raccontate da John Kracauer nel libro Nelle Terre Estreme. La storia ha un che di  romantico: nei primi anni novanta un ragazzo benestante, dopo la laurea in scienze sociali, abbandona famiglia e carriera per una vita da vagabondo nell’America ancora selvaggia. La meta ultima di Chris è la fredda e temibile Alaska: qui il giovane voleva arrivare, e qui va incontro al suo destino, comprendendo in ultimo,  l’importanza di amore  e perdono. La pellicola si avvale non solo della regia del premio oscar Sean Penn, ma anche della splendida  fotografia di Eric Gautier (I Diari della Motocicletta, 2004). La colonna sonora, curata da  Eddie Vedder, è da Golden Globe: a qualche appassionato di cinema ricorderà un po’quella di un classico dei film di viaggio e ribellione, Easy Rider(1969).

Quanto detto finora basta a definire la qualità del film, ma non rivela nulla del messaggio che passa attraverso gli occhi di Chris, quasi commossi di fronte ad un branco di alci nel gelo dell’Alaska, all’inizio del racconto.  Il viaggio di McCandless è la ricerca di qualcosa che abbiamo perso: la verità, o meglio la genuinità delle cose. Chris accusa i suoi genitori, e  con essi la società, di non essere più capace di costruire rapporti  veri. D’altronde perché stupirsi se oggi anche la felicità si vende in bottiglia, se il cibo che mangiamo è manipolato al punto da essere nocivo, se un ragazzo come Chris non è libero di scendere il fiume Colorado in Kayak senza passare per una lentissima burocrazia?

Ciò che cerca McCandless è una vita totalmente autentica nel nutrimento, nel lavoro, nei rapporti con le persone: è significativo che il ragazzo trovi tutto questo nel contatto diretto con la natura, in quella che lui stesso definisce “la condizione umana più antica, soli davanti alla pietra cieca e sorda, soli, senza altri aiuti che le proprie mani e la propria testa”.

Certo, un’esperienza simile a quella di Chris è praticamente impossibile per la maggior parte di noi. Ma, a ben vedere, non è necessaria.  Forse  non abbiamo bisogno di correre con i cavalli selvaggi come fa McCandless nel film, ma senza dubbio anche noi necessitiamo di essere liberi e lottare, di acqua pura e aria pulita, più di quanto ci occorrano una gabbia di cemento e di pance flaccide. Ciò di cui abbiamo bisogno è una vita più “naturale”, in tutti i sensi.  L’uomo è nato libero: e che libertà sia, anche nelle città, con più spazi verdi perché i bambini giochino e i più grandi godano delle giornate di sole . L’uomo è fatto per nutrirsi di cibo sano, che tale sia quello che viene servito sulle nostre tavole. L’uomo viene al mondo con sogni da inseguire: che gli sia data la possibilità di lavorare duramente per realizzarli. L’uomo non è nato solo, dunque che ami, perché la felicità, suggerisce McCandless, è vera solo se è condivisa.

Into the Wild è un film da vedere quindi, e su cui riflettere: non per sognare un’impossibile fuga dalla realtà, ma per recuperare ciò che di vero ancora esiste, e per esigere  che ciò che viene proposto come autentico sia tale. Chris aveva capito tutto questo, perciò  ringraziamo lui per aver vissuto con coraggio, e Sean Penn per aver portato il suo messaggio sul grande schermo: chi ama la natura ama l’uomo, perché anche noi siamo parte di questa.

2 Commenti

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  1. Alice Magnani

    Complimenti, articolo molto bello. Sono una appassionata di questa storia e, come tanti, sono stata affascinata dal personaggio di Alex Supertramp, proprio per la scelta di vita controcorrente che decide di affrontare e portare a termine. Sono anche d’accordo, in parte, sui ringraziamenti che elargisci direttamente a Chris per aver vissuto fino in fondo un’esperienza tanto forte. Dico che sono d’accordo “in parte”, perchè ritengo che Alex Supertramp (alter ego che incarna gli ideali del protagonista) è e resta prima di tutto Chris McCandless, ossia un ragazzo che come tanti altri vive il disagio dell’adolescenza, lo sconforto di vivere in una famiglia che non lo rappresenta, con un padre borghese e infedele e una madre passiva e assolutamente non in grado di reagire. Ritengo che per quanto sia affascinante il tipo di scelta che lui abbia intrapreso per sfuggire alla società di cui non vuole fare parte, si deve anche tener conto che questa rasenta (e a mio avviso raggiunge) il fanatismo, con un’accezione non propriamente positiva. Per cui, sebbene gli ideali che incarna siano nobili e ammirevoli, le motivazioni che lo portano ad un suicido nelle incontaminate terre dell’Alaska sono forse un po’ frivole, secondo me. Ritengo inoltre, sempre rimanendo in tema cinematografico, che un Ernesto Guevara ne I Diari Della Motocicletta, sia ancor più appassionante dal punto di vista di crescita del personaggio, il quale durante il viaggio matura l’idea e la voglia di fare qualcosa per cambiare la società in cui vive. Non vorrei essere stata sconveniente, ci tenevo comunque a far presente che Chris McCandless, sempre secondo la mia opinione, non dovrebbe essere visto unicamente come un modello da stimare, ma dovrebbe essere valutato a 360°. Ciò non toglie che sia un esempio di coraggio e perseveranza e metta in luce un tema fondamentale, come l’allontanamento dell’Uomo dalla Natura e di conseguenza la perdita di vista di valori fondamentali quali la genuinità e l’autenticità che dovrebbero caratterizzarci

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