Si vendono terreni edificabili: l’edilizia oggi e la città che cambia


Sei di mattina, entrare in macchina. Fuori dalla vettura, tinti da poco di giallo e poi venduti, milioni di palazzi come il tuo: un vero bosco a schiera con file di portoni in metallo per garage. Come ti chiami? Giorgio. Dove sei ? Nel quartiere nuovo. Come al quartiere Cesare, o come Valle Ferrovia, lì a Savignano sul Rubicone. Come Villaggio Primo maggio a Rimini, o come S.Egidio a Cesena. Scaldi la macchina, Giorgio, e pensi:«non è mica così male qui attorno». Vicino ai condomini hanno curato anche un parco con i giochi per i bambini. E poi, il comune lo tiene pulito questo quartiere. Metti in moto e arrivi a destinazione. Che lavoro fai, Giorgio? «Magazziniere, in fabbrica». Di cosa esattamente? «Roba elettronica» dici con un alzata di spalle.

Le città cambiano aspetto, è il loro destino. Come vanno le cose in Italia, e, in particolare, in Emilia Romagna? Lungo le strade provinciali, dove prima c’erano case sparse e campi, segnati da qualche cartellone pubblicitario, i buchi vengono riempiti. Sorgono gruppi di case, condomini, veri e propri quartieri. È evidente una forte produzione edilizia, soprattutto di nuovi complessi residenziali. I finanziamenti pubblici si esauriscono in fretta e le amministrazioni comunali sfruttano come risorsa gli oneri di urbanizzazione. Per poter costruire, le imprese hanno bisogno del permesso di edificabilità. I Comuni tendono a concedere quanti più permessi possibili, in quanto questi costituiscono un’entrata economica non indifferente. Questa la situazione registrata dal Censis, nel suo rapporto annuale, a fine 2010.

Quando esce dal lavoro, Giorgio va a fare la spesa. Si butta in macchina a peso morto, mette in moto, e lascia il parcheggio della fabbrica. Un quarto d’ora di strada statale, e si specchia nella porta a vetri del centro commerciale, e quella, neanche un secondo, e si apre.

Le città, e così anche i paesi più piccoli, si espandono. Crescono anche i centri commerciali, si affollano di negozi e capannoni. Le Befane e i Malatesta a Rimini. L’Iper e il Romagna Center a Savignano sul Rubicone. Sono questi i canali principali del commercio locale. Un vero e proprio cuore pulsante, che batte fuori dal centro della città.

L’Emilia Romagna ha varato una legge apposita per favorire l’aggregazione di piccoli commercianti, e l’Unione Europea, nel 1999, con il libro bianco sul commercio, ha riconosciuto la centralità di piccole e medie imprese rispetto a quello che è il commercio italiano.

Ma il centro storico non è più il centro reale della vita cittadina.

In Italia il cambiamento è iniziato nel 1998 quando, con l’approvazione del Decreto Legislativo “Bersani” (allora ministro dell’industria) viene lasciata molta più libertà di azione alle imprese. Vengono eliminati molti vincoli al commerciante: abolite le tabelle di classificazione per la merce, ridotti a due (alimentare/non alimentare) i settori e cancellati molti limiti d’orario (prima 9-20 era l’obbligo). L’Italia è divenuta “più europea”. Con il rischio di divenire terra di conquista per l’Europa: una sorta di colonia. I discount, gli outlet e gli ipermercati sono arrivati nel nostro Paese a opera di imprese straniere, prevalentemente francesi e tedesche.

La città è oggi fatta di persone che abitano, lavorano, fanno acquisti e passano il loro tempo libero in quella che una volta era chiamata periferia. I nuovi quartieri non vorrebbero essere quartieri dormitorio. Vogliono offrire servizi a misura di cittadino. Accanto agli appartamenti ci sono parchi giochi, zone verdi, supermercati… pensati e costruiti per essere piccole piazze, centri di aggregazione. Funziona?

Il problema è che tutto ciò è assorbito da quelle che sono le grandi piazze.

Il centro commerciale Le Befane, secondo il suo direttore: «È pensato e realizzato per battere una media di tre milioni di scontrini l’anno, che significa una media tra gli otto e nove milioni di visitatori. Per quanto riguarda il fatturato il nostro obiettivo, per il primo anno, è di 100 milioni di euro, mentre a regime può arrivare a 140 milioni di euro».

Essere uno di quei 3 milioni di scontrini. Uno scontrino è il foglietto di carta liscio che sta in una delle due buste di plastica cariche di spesa, Giorgio ne ha una nella mano sinistra e una nella destra mentre sale le scale. Quando entra in casa è tutto buio, ha dimenticato la serranda abbassata. Appoggia le buste sul tavolo, e apre la finestra. All’orizzonte, ma non troppo lontano, scorrono macchine e camion su di un cavalcavia. Il cielo è blu, ma sembra fluorescente, si apre sopra distese di terra lasciate incolte… e più in là, dalla parte della strada, un cartello: si vendono lotti di terreno edificabile.

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